venerdì 14 settembre 2012

Oggi poche parole e molta musica


Giusto per non dimenticare dove sta uno dei maggiori problemi italiani, oggi vi suggerisco di leggere un articolo di Sergio Rizzo, il Mastino truce, al quale il lavoro non manca mai grazie all’avidità senza limiti e senza decenza della “nostra” classe politica. Qui si parla della Regione Lazio, ma non è che altrove siano poi tanto migliori, anzi…
Buona stampa. Come di consueto. E povero il nostro fegato, come di consueto quando leggiamo Rizzo.
Proviamo a consolarci con la musica, anche se la scelta odierna, forse, a qualcuno dei miei tre lettori potrà sembrare lontana dalle mie proposte precedenti e magari un po' stravagante. A me, però, la musica piace quasi tutta e, comunque, credo sia giusto, avendone l’opportunità, conoscere anche quella un po’ meno frequentata. Esagero: vi propongo tre pezzi, due però sono differenti versioni della medesima composizione.
Iniziamo da Philip Glass, uno dei principali compositori contemporanei americani e uno dei maggiori interpreti della corrente del minimalismo musicale (http://it.wikipedia.org/wiki/Philip_Glass). Il brano è Opening, il pezzo iniziale di un lavoro intitolato Glassworks.


Proseguiamo con Aaron Copland, anch’egli americano, ma nato quasi cinquant’anni prima di Glass (http://en.wikipedia.org/wiki/Aaron_Copland, indico la versione inglese perché assai più ricca e completa di quella italiana). Il pezzo è uno dei suoi più celebri, Fanfare for the common man, che mi piace pensare sia stato composto, sia pure in minuscola parte, anche per me.
Lo ascoltiamo in due esecuzioni. La prima, che preferisco, è quella “tradizionale” con gli strumenti pensati da Copland.


La seconda, per compiacere anche gli appassionati della musica progressive, è di Emerson, Lake & Palmer, registrata, come potrete vedere, nello stadio olimpico di Montreal. Parecchi gradi sotto zero. Che fossero in playback? Comunque, anche questo, ormai, è un "classico".


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