lunedì 31 agosto 2015

Legame con il territorio?

Ieri il Corriere della Sera ha pubblicato un’interessante intervista a Francesco Iorio, Consigliere Delegato e Direttore Generale della Banca Popolare di Vicenza, uno dei maggiori istituti di credito italiani e uno di quelli usciti peggio dalle valutazioni effettuate alcuni mesi fa dalla Banca Centrale Europea sulla solidità patrimoniale e sulla gestione dei principali gruppi bancari della eurozona. Ecco il collegamento all’intervista di Stefano Righi: http://www.corriere.it/economia/15_agosto_30/popolare-vicenza-borsa-prezzo-fara-mercato-e006b63a-4f2e-11e5-ad01-b0aa98932a57.shtml#.
Buona stampa. Anche se Righi affonda il coltello meno di quanto vorrei, ma, voi tre lo sapete, forse ho aspettative eccessive riguardo alla capacità dei giornalisti italiani di mettere alle strette gli intervistati. Ne esce, comunque, un quadro piuttosto serio della situazione che Iorio ha trovato quando ha assunto l’incarico all’inizio di giugno. Si conferma, in particolare, l’esistenza di rapporti non proprio cristallini tra la banca e i soci, ai quali sono stati concessi finanziamenti di cospicue dimensioni per l’acquisto o la sottoscrizione di azioni della banca stessa.
Mi pare sconcertante che si sia dovuti arrivare ai cosiddetti stress test e alle altre valutazioni della BCE per mettere in luce simili comportamenti, che viene spontaneo considerare non casuali e ipotizzare che abbiano origini lontane nel tempo. Difficile non chiedersi come mai la Banca d’Italia non si sia resa conto della situazione o, se ne era consapevole, non sia intervenuta prima.
Pur trattandosi indubbiamente di una delle migliori istituzioni pubbliche, pure la Banca d’Italia si mostra talvolta “distratta”, forse perché anch’essa, nonostante sia indipendente dal potere politico, non può sottrarsi interamente alle pressioni che da esso vengono esercitate, così che anche banche in situazione di dissesto possono proseguire la normale attività, subendo misure blande, insufficienti a ripristinare le condizioni patrimoniali e gestionali adeguate, fino a che la situazione si deteriora al punto da rendere necessari interventi più drastici e si causano danni che, intervenendo prima, si potevano forse evitare.
Quanto il potere politico s’interessi alle banche, soprattutto quelle di dimensioni medie e piccole, possibilmente non quotate in borsa, è dimostrato dalle resistenze che da più parti sono state fatte al provvedimento (decreto-legge n. 3/2015, convertito con legge n. 33/2015) che ha imposto alle dieci maggiori banche popolari di trasformarsi in società per azioni, abbandonando una forma giuridica ormai obsoleta, che ha consentito molto spesso una gestione autoreferenziale e poco trasparente. Vi propongo un articolo riguardo al contrasto tra governo e opposizioni (anche interne al PD) sul provvedimento (se avrete voglia di cercare, potrete trovarne molti altri): http://www.huffingtonpost.it/2015/01/21/riforma-banche-popolari-si-muovono-le-lobby_n_6516404.html.
Cronaca.
Va sottolineato come, tra le banche interessate dal provvedimento, una delle più impegnate nell’osteggiare, direttamente e indirettamente, la riforma, era proprio la banca vicentina, all’interno della quale, più che altrove, si guardava con preoccupazione alla nuova forma giuridica imposta dalla legge e, in particolare, all’abolizione del voto capitario e di altre condizioni che potevano favorire il controllo dell’assemblea da parte degli organi direttivi della banca. Anche dalle parti della Banca Popolare di Milano c’era molto malumore, determinato, in questo caso, dal ruolo delle associazioni sindacali, che attraverso gruppi organizzati di dipendenti-azionisti, hanno per molti anni avuto un potere rilevante nell’istituto, spesso esercitato per impedire cambiamenti considerati dannosi per il personale, indipendentemente dai potenziali effetti positivi sulla banca.
Tra gli argomenti maggiormente usati per opporsi alla legge di riforma, ormai pienamente efficace, i politici prediligevano quello del presunto “legame con il territorio” degli istituti coinvolti dal provvedimento del Governo Renzi.
Questo presunto carattere delle banche popolari, a detta dei politici, garantiva una loro maggiore capacità di concedere finanziamenti alle imprese locali rispetto alle banche di maggiori dimensioni. (L’argomento è usato anche per sostenere la validità del modello rappresentato dal credito cooperativo, nel quale, tuttavia, negli ultimi anni sono emersi numerosi casi di pessima gestione e di dissesto che hanno radicalmente modificato il quadro del settore, anche grazie a drastici interventi della Banca d’Italia).
Dall’intervista a Francesco Iorio, a mio parere, emerge la più radicale smentita della posizione di quei politici: concedere quasi un miliardo di finanziamenti a soci e potenziali soci (una somma, se ricordo bene, pari a 1/27 dell’interno ammontare dei prestiti erogati dall’istituto) non sembra esattamente una prova di “saldo legame con il territorio”, ma piuttosto la determinazione dei vertici della banca di mantenere un’assai ampia influenza sull’assemblea. Forse, se impiegato per sostenere le attività produttive, quel miliardo di euro avrebbe avuto un impatto di gran lunga migliore sull’economia del territorio. E mi sembra particolarmente grave soprattutto se consideriamo che quel miliardo rappresenta oltre la metà dei finanziamenti (1,8 miliardi) concessi alla Popolare di Vicenza dalla BCE nel quadro della liquidità messa a disposizione con il meccanismo denominato T-Ltro, che vincolava l’erogazione delle somme al loro impiego esclusivo per finanziare attività imprenditoriali…
Oggi Van Morrison, una della personalità di maggior valore della musica della fine del secolo scorso e di questo, compie settanta anni, ottima occasione per arruolarlo nella lotta ai criminali nemici della musica e della cultura. Ascoltiamo due brani, mi sembra giusto festeggiarlo così.
Il primo è The Bright Side of The Road.


Il secondo è una canzone d'amore. Van Morrison ne ha interpretate molte, tutte molto suggestive. Ho scelto Have I Told You Lately. Ve l'ho già proposta tempo fa, ma resta bellissima. Questa è una versione diversa.




domenica 30 agosto 2015

Litigano su tutto, anche sulla musica

Per una volta, inizio dando spazio a un fatto di cronaca locale: ieri il Corriere del Veneto ha dato conto di una diatriba via Facebook tra il sindaco di Padova Bitonci e un consigliere regionale del Pd, Piero Ruzzante, padovano.

venerdì 28 agosto 2015

Death of a symbol

Following is the english version of yesterday's post. My dear friend Roberto Plaja corrected the many mistakes there were in my original text. Thanks Roberto.


Marcy Borders was 28 years old when, around ten in the morning on September 11, 2001, she was descending from the 81st floor of the North Tower, the tallest of the Twin Towers, the first to be struck by the fanatic criminal disciples of Bin Laden. Marcy was a clerk at a detached office of Bank of America, which shared the floor space with three more tenants.

Each floor had leasable space of 40,000 square feet. In addition to Bank of America, the 81st floor was occupied by New Continental Enterprises, Blue Star Line North America and Network Plus Corporation. We don’t know the exact space leased to each company, but on average they had 10,000 square feet each, enough for the U.S. subsidiary of a British shipping company (Blue Star Line) or a networking certification company (Network Plus), or even for a small unit of one of the largest banks in the world.

We can imagine how frequent the heartbeat of Marcy was while she flew down the endless stairs, along with other people like her, strongly committed to escaping the fate of those caught in the trap of South Tower, which had just collapsed. The temperature had to be fierce because of the fire: the American Airlines jet, a Boeing 767 which was flying from Boston to Los Angeles, had struck the building cutting through seven floors, the ones from 93rd to 99th (the tenant was the insurance consulting company Marsh McLennan which lost 295 employees and 63 contractors).

It is assumed that there were 10,000 gallons of fuel in the tanks of the plane at the time of impact, a huge amount of inflammable fluid which spread itself through the building’s structures, quickly weakening them so much that they were to collapse in less than two hours. We do not know whether Marcy and the others, fleeing the building directed by the firefighters already there to arrange the escape, had witnessed the collapse of the South Tower. No doubt their running desperately down the stairs was the only way to escape sure death. There was no other options for some of those caught in the highest floors of the South Tower: seeing themselves prisoners of the flames from the lower floors, they jumped from the building. May be Marcy and her fellows witnessed those hopeless jumps, a desperate decision taken to avoid a probably much more painful and long death.

I believe that Marcy, while hustling to her safety, never imagined what
more the fate had in store for her in that tragic day. She never imagined that she, a young and attractive african american woman, properly dressed for her job in a big and respected financial institution, transformed into a walking dust statue, was going to be one of the symbols of that enormous tragedy. She never imagined that she was going to be seen by millions of people all over the world in a picture by photographer Stan Honda taken in the lobby of the building in which the firefighters were guiding the survivors of the North Tower to safety just a few moments before it was to fall like its twin. The worldwide fame of Marcy may have marked the beginning of her slow decline towards death, a path that, day after day, year after year, eventually led her to become another victim of the attack brought to her country by the terrorists of Al Qaeda.

It’s not hard for me to imagine that, even if she had wished to, she could never have forgotten the tragedy she survived thanks to that desperate escape from the tower, while every single part of her body was covered by dust. In any case she had a reminder every morning, as she opened her eyes and looked at the panorama she had seen for years from her small apartment in the city of Bayonne, New Jersey. A panorama now missing two central pieces, crumbled like her life.



Foto di Alexander, Hope, Photographer (NARA record: 8452212) - U.S. National Archives and Records Administration - From Wikipedia


Today we listen to a composing by Frederick Delius (http://www.britannica.com/biography/Frederick-Delius), Two Aquarelles. Daniel Barenboim directs the English Chamber Orchestra.


giovedì 27 agosto 2015

Morte di un simbolo

Marcy Borders aveva 28 anni quando, attorno alle dieci del mattino dell’11 Settembre 2001 scendeva dall’ottantunesimo piano della Torre Nord, la più alta delle torri gemelle, la prima ad essere attaccata dai fanatici criminali seguaci di Bin Laden, impadronitisi del volo American Airlines 11. Marcy lavorava in un ufficio staccato della Bank of America, che divideva con altre società la superficie del piano.
Ogni piano dell’edificio si estendeva per 40.000 piedi quadrati (3.700 mq.). Oltre alla Bank of America, il piano ospitava gli uffici di New Continental Enterprises, Blue Star Line North America e Network Plus Corporation. Non è dato sapere come fosse diviso esattamente tra loro lo spazio, ma, calcolando la media, ogni società poteva disporre di 10.000 piedi quadrati, uno spazio relativamente contenuto, adeguato alla filiale americana di una compagnia di navigazione inglese (Blue Star Line) o a una società di certificazione informatica (Network Plus). E, appunto, alla sede di un ufficio destinato a qualche particolare funzione o attività di quella che, allora come oggi, era una delle maggiori banche del mondo.
Possiamo immaginare come battesse il cuore di Marcy mentre, con altre persone determinate a sottrarsi alla sorte subita da quelle rimaste intrappolate nella Torre Sud appena crollata, si affannava a scendere quelle interminabili scale in cui, presumibilmente, la temperatura era resa torrida dall’incendio.
L’aereo dell’American Airlines, un Boeing 767 decollato da Boston, era penetrato nell’edificio di sbieco, attraversando quasi completamente i sette piani dal 93° al 99° (occupati dalla società di consulenza assicurativa Marsh McLennan, di cui erano morti 358 tra dipendenti e collaboratori). Al momento dell’impatto si ritiene che i serbatoi del velivolo contenessero 38.000 litri di carburante, una quantità di liquido infiammato che immediatamente si era diffuso attraverso le strutture dell’edificio, intaccandole rapidamente fino a portarle al collasso.
Non sappiamo se Marcy e gli altri che fuggivano, aiutati dai vigili del fuoco già arrivati a dirigere l’evacuazione, avessero assistito al crollo dell’altro edificio. Indubbiamente la loro discesa disperata di quelle scale era vista come la sola via di scampo alla morte certa. Unica alternativa alla scelta di qualcuno di quelli che, isolati nei piani più alti della Torre Sud, irrimediabilmente prigionieri delle fiamme ai piani sottostanti, si erano gettati nel vuoto. E forse di quei voli senza speranza, decisi, è plausibile pensarlo, per sottrarsi a una morte più dolorosa, Marcy e gli altri erano stati testimoni.
Di certo Marcy, mentre si affannava per raggiungere la salvezza, non pensava a quanto ancora il destino aveva in serbo per lei in quel tragico giorno. Non immaginava che proprio lei, una giovane e attraente donna afroamericana, vestita con la sobria eleganza adatta al suo lavoro in una grande e rispettata istituzione finanziaria del suo Paese, trasformata in una sorta di statua di cenere in grado di camminare, sarebbe diventata uno dei simboli di quella immane tragedia e sarebbe stata vista da centinaia di milioni di esseri umani così come l’avrebbe immortalata il fotografo Stan Honda nella lobby del palazzo in cui i vigili del fuoco avrebbero condotto i sopravvissuti della Torre Nord, impedendo che rimanessero all’interno dell’edificio prossimo a sbriciolarsi come la Torre Sud.
Anche la dolorosa fama planetaria di Marcy ha probabilmente segnato l’inizio del suo lento avvicinarsi alla morte, un cammino che, giorno dopo giorno, anno dopo anno, l’ha portata a diventare un’altra vittima dell’attacco sferrato al suo Paese dai terroristi di Al Qaeda.
Non fatico a immaginare che, se anche lo avesse voluto, non avrebbe saputo dimenticare la tragedia cui era sfuggita con quella disperata corsa dall’alto, mentre ogni parte di lei veniva coperta dalla polvere proiettata ovunque dal collasso della Torre Sud. 
E non avrebbe comunque potuto. Le sarebbe bastato aprire gli occhi ogni giorno e guardare il panorama che aveva visto per anni da Bayonne, New Jersey, la sua piccola città. Un panorama dal quale erano spariti, sbriciolati come la sua vita, due pezzi fondamentali.


Foto di Alexander, Hope, Photographer (NARA record: 8452212) - U.S. National Archives and Records Administration - Da Wikipedia

Oggi ascoltiamo due composizioni di Frederick Delius (http://www.britannica.com/biography/Frederick-Delius), Two Aquarelles. Daniel Barenboim dirige la English Chamber Orchestra.


martedì 25 agosto 2015

La liquidità c'è, manca altro

Dal 2007, anno in cui affonda le sue radici la crisi economico-finanziaria che ancora il mondo sta vivendo, le borse mondiali hanno “annerito” parecchi giorni, senza preoccuparsi che si trattasse di martedì o giovedì, trascurando, ovviamente, i sabati e le domeniche. O, quantomeno, questo dicono i titoli dei quotidiani che, un po’ ovunque, hanno definito anche il 24 Agosto 2015, in base ai bruschi cali generalizzati degli indici, “lunedì nero”.
Sarebbe meglio se la stampa, in Italia in particolare, ma anche altrove, evitasse di (ab)usare queste definizioni. Non c’è nulla di peggio che circondare di clamore eventi che meriterebbero di essere considerati con attenzione e con prudenza, moderando i toni e presentando valutazioni pacate e serie. Ma tant’è…
Storicamente, il primo giorno a diventare nero fu un giovedì d’Ottobre del 1929, per la precisione il 24, quello del crollo di Wall Street. In realtà, le cose andarono male anche nei giorni successivi, tanto che il 29 Ottobre viene ricordato come “martedì nero”. 
C’è già stato un "lunedì nero" nel 2015, il 6 Luglio, quando ancora non si vedeva la soluzione alla crisi greca. A onor del vero non la si vede bene neppure adesso, ma tutti fanno finta che non sia così.
Nel 1987 ci fu quello che, a ben vedere, si deve ancora considerare l’autentico “lunedì nero”: il 19 Ottobre (https://en.wikipedia.org/wiki/Black_Monday_%281987%29), quando gli indici subirono flessioni ben più decise di quelli di ieri.
Tutto questo per dire cosa? Per dire quasi nulla: non sono tanto sventato da andare appena un po’ oltre questo piccolo sfoggio di conoscenza delle crisi dei mercati finanziari. Se mi azzardassi a fare ipotesi su quel che succederà metterei, scusate la scarsa eleganza, il culo nelle pedate, prospettiva che preferisco senz’altro evitare.
Sull’andamento dei mercati di ieri, sulle cause e sulle possibili misure di intervento, come di consueto, mi limiterò a suggerirvi qualche lettura. Volendo, potrei esagerare con i suggerimenti, ma preferisco concentrarmi su un quotidiano e su due soli articoli per consentirvi di confrontare punti di vista assai diversi. Il Sole 24 Ore di oggi ospita un editoriale del direttore, Roberto Napoletano, (http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-08-25/un-qe-pechino-065732.shtml?uuid=AC52FOm) e uno di Donato Masciandaro, economista e docente universitario, (http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-08-25/quella-cura-svedese-la-bolla-071048.shtml?uuid=ACAbMOm).
Evito di dare il mio consueto giudizio, dirò solo che sono piuttosto sconcertato dalla distanza tra le due posizioni, che ci starebbe bene se non fosse coinvolto il direttore, la cui opinione schiera il giornale e finisce per smentire quella di Masciandaro. Non esprimo valutazioni, ma farò qualche osservazione che, credo, farà capire quale dei due mi convinca di più.
Se c’è un punto sul quale concordano la maggior parte degli osservatori che ho letto anche nelle scorse settimane (la questione non è di ieri) è che i problemi economici e finanziari della Cina sono affrontati in maniera abbastanza inadeguata dalle autorità del Paese. Quello che politici e funzionari cinesi non sembrano capire è che le forze dei mercati (di cui hanno largamente beneficiato sul versante del commercio estero e anche degli investimenti di partner stranieri) non obbediscono alle direttive del partito e non si possono controllare con i carri armati. E che, in un Paese che aspira, comprensibilmente, a un ruolo di primo piano come potenza industriale e finanziaria, le decisioni di natura economica, riguardino la valuta o la borsa poco importa, devono essere coerenti e trasparenti.
In altre parole, è indispensabile che governanti e burocrati di Pechino capiscano che la scelta, operata da Deng Xiaoping quasi trent’anni fa, di innestare la libertà economica nel regime politico comunista non può più essere gestita come è stato fatto sino ad oggi, e questo sia per ragioni interne che internazionali.
Ultima osservazione: i mercati finanziari non hanno bisogno di altre iniezioni di liquidità. Potrebbe apparire vero il contrario, come sostiene Roberto Napoletano, ma non è così. In realtà, la liquidità si sarebbe dovuta ridurre già da tempo, ma non è stato possibile farlo perché, soprattutto in Europa, ma non solo, sono mancate le risposte politiche ai problemi economici e le banche centrali hanno dovuto sopperire, anche troppo, al deficit di incisività e di autorevolezza della politica.
Per fortuna, almeno per oggi, le borse europee si sono riprese quasi completamente. Un "martedì bianco"?
Per la musica, oggi torniamo al jazz. Ascoltiamo il trio di Brad Mehldau nel brano di Nick Drake: Time Has Told Me.




sabato 22 agosto 2015

Cento ne spara e una ne pensa. O forse neppure una.

Da quel che riportano i quotidiani, il funerale in pompa magna di Vittorio Casamonica non è stato proprio un evento a sorpresa, anzi. Vediamo l’aggiornamento da La Stampa: http://www.lastampa.it/2015/08/22/italia/cronache/funerale-in-stile-padrino-gabrielli-errori-gravi-Gmk7S1C7CiHRN3jkcOQmJJ/pagina.html.
Cronaca. Dalla quale sembra emergere che la struttura gerarchicamente sottoposta al Prefetto Gabrielli avrebbe commesso errori gravi. In qualsiasi Paese civile del mondo, la persona alla guida di una struttura pubblica che ha mancato ai propri compiti così gravemente da causare il discredito della nazione, si dimette nel volgere di poche ore, se non di pochi minuti. Di certo non resta al suo posto imperturbabile, cercando di scaricare le proprie responsabilità sui sottoposti.
Anche il parrocco della chiesa che ha ospitato i funerali dovrebbe sentire il dovere di togliere il disturbo. Soprattutto dopo aver sostenuto di essere pronto a celebrare nuovamente le esequie: errare è umano, perseverare è diabolico. E questo, per un sacerdote, mi pare peccato tutt’altro che veniale… 
Sempre da La Stampa, vi propongo il commento di Francesco La Licata che spiega perché quanto accaduto giovedì a Roma costituisca motivo di profonda preoccupazione e perché non possiamo fingere che non ci riguardi tutti: http://www.lastampa.it/2015/08/22/cultura/opinioni/editoriali/le-inquietanti-analogie-con-il-passato-ApgConTs6Vpf6ovI31ghtN/pagina.html.
Buona stampa. Dall’articolo riprendo alcune righe: “…Il celebrante se n’è lavato le mani asserendo di aver fatto solo il proprio mestiere. Può la Chiesa negare un funerale? Eppure fu solerte, a suo tempo, quando negò la benedizione e il rito funebre a Piergiorgio Welby”. Per ora, sul diverso modo in cui la Chiesa ha trattato Casamonica e Welby, bastino le parole di La Licata, ma presto o tardi, come ho detto ieri, ne riparleremo.
Passiamo ora alla questione dei migranti, che giorno dopo giorno si fa più grave e più complessa, mostrando tutta l’inadeguatezza delle misure poste in essere dai singoli Paesi e dalle organizzazioni sovranazionali, Unione Europea in testa. 
Rebus sic stantibus, non credo che la situazione possa cambiare. Se le soluzioni sono come quelle che propone il Felpo Matteo Salvini, possiamo stare tranquilli che il problema resterà irrisolto, aggravandosi, per anni e anni. L’ultima, lo ammetto, fantasiosa e, ovviamente, irrealistica, è quella di usare come centri di accoglienza per i migranti le piattaforme petrolifere. La notizia, e i commenti, li prendiamo da un articolo di Lettera 43: http://www.lettera43.it/capire-notizie/migranti-sulle-piattaforme-eni-l-idea-di-salvini-non-funziona_43675183920.htm.
Buona stampa. Se fossi Salvini, che parole userei per qualificare chi propone soluzioni assurde come fa lui? Qui, però, non le usiamo quelle parole…
Sul tema dell’immigrazione, visto che siamo ancora in un fine settimana estivo e, presumibilmente, avrete un po’ di tempo per leggere, vi suggerisco anch’io, come ha già fatto Roberto Plaja, la lettura di uno stupendo articolo di Anders Fjellberg tratto dal quotidiano norvegese Dagbladet (https://en.wikipedia.org/wiki/Dagbladet):
Buona stampa. Anzi di più: un esempio eccellente di quello che dovrebbe essere il giornalismo. Prendetevi un po’ di tempo per leggerlo, non vi pentirete.
Nella nostra battaglia contro i nemici della cultura e della musica, che ogni giorno danno prova della loro inesauribile ottusa violenza e del loro odio sanguinario per l’Uomo e per la Storia, oggi vi propongo un solo ascolto, ma, a mio giudizio, tutt’altro che banale. Si tratta di Preludio e Preghiera di Gino Marinuzzi (https://it.wikipedia.org/wiki/Gino_Marinuzzi_%281882-1945%29), una delle maggiori personalità della musica italiana del secolo scorso, come ha spiegato Paolo Isotta in un recente articolo sul Corriere della Sera: http://archiviostorico.corriere.it/2015/agosto/13/Gino_Marinuzzi_co_0_20150813_9aa48694-417d-11e5-b2c1-92dec9bcc914.shtml.
Buona stampa. L’esecuzione del brano di Marinuzzi è dell’Orchestra Sinfonica della Radiotelevisione Croata diretta da Niksa Bareza e del soprano Adela Golac-Rilovic.


venerdì 21 agosto 2015

Un funerale non si nega a nessuno. O no?

Da ieri mi sento sollevato: la tensione dei giorni scorsi tra Chiesa Cattolica e Stato Italiano sembra un ricordo sbiadito, cancellato quasi completamente dall’azione coordinata con cui le due istituzioni hanno consentito che si svolgessero a Roma le esequie hollywoodiane (pateticamente pacchiane e, assai più grave, offensive per i cittadini onesti) di un personaggio considerato tra i principali esponenti della malavita della capitale.

martedì 18 agosto 2015

Da che pulpito

Prendiamo avvio da un articolo di Piero Ostellino, pubblicato oggi da Il Giornale: http://www.ilgiornale.it/news/politica/papa-predica-mondo-che-non-c-1160729.html.
Mala stampa. Ostellino è stato un ottimo corrispondente del Corriere della Sera da Mosca e da Pechino, poi, da editorialista (al Corriere, di cui è stato anche direttore, e, da qualche mese, al quotidiano della famiglia Berlusconi), la sua autorevolezza mi sembra si sia pian piano dissolta, fagocitata dalla volontà di accreditarsi come unico vero esegeta del pensiero liberale in Italia e dalla propensione alla polemica, non di rado gratuita. Così è per l’articolo di oggi, nel quale ripete varie volte che la politica risponde all’etica della responsabilità e, sulla base di questo assunto, nega validità all’approccio che il Papa suggerisce per la questione dei migranti.
Come i politici che vuole difendere, Ostellino non sa offrire nulla di concreto, ma solo la sua personale (e piuttosto fuorviante) interpretazione del pensiero di Max Weber, invocato per sostenere che gli argomenti del Pontefice nulla hanno a che vedere con quel che fanno o che dicono i politici di governo e di opposizione e per ridurre la questione esclusivamente a materia di finanza pubblica, come se non vi fossero altri aspetti cruciali nel quotidiano arrivo di migranti, anche estremamente pratici e urgenti (e dei quali ho parlato anche troppo).
Tra l’altro, Ostellino impartisce questa lezioncina dalle pagine de Il Giornale, che appartiene alla famiglia di un signore il quale, nella sua esperienza come uomo politico, si è dimostrato abbastanza poco pratico di etica della responsabilità e che certo non ha, con i propri atteggiamenti e con provvedimenti dei suoi governi, rallentato il declino del senso di legalità nel Paese. Mi fermo qui su Ostellino, ma restiamo, almeno parzialmente, in tema di critiche alle posizioni ecclesiastiche.
Su Il Sole 24 Ore di sabato, in un articolo abbastanza lungo, Luca Ricolfi aveva valutato negativamente la posizione della Chiesa che si preoccupa dell’accoglienza dei migranti, ma sembra dimenticarsi del fatto che a causare il fenomeno sono i governi delle nazioni, sempre più numerose, da cui fuggono le migliaia di persone che cercano accoglienza in Europa e altrove.
Quella di Ricolfi, a mio parere, è una contestazione assai più fondata di quelle di Ostellino e, soprattutto, si inserisce nell’analisi di un tema di grande interesse, quello della propensione a traslare su altri le nostre responsabilità. Ecco il collegamento al suo articolo: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-08-15/lo-spostamento-responsabilita-093706.shtml?uuid=ACw04Ai.
Buona stampa. Chi di voi tre mi segue da un po’ di tempo può immaginare la soddisfazione che ho provato nel leggere il pezzo di Ricolfi. Ne riprendo un periodo che precede la conclusione: “E' questo, talora, l'esito non previsto delle grandi campagne “pedagogiche”, in cui l'élite al potere prova ad educare la massa, giudicata rozza, incolta e bisognosa di essere illuminata. Così come gli eccessi del politicamente corretto, portati oltre una certa soglia, possono sortire una reazione uguale e contraria (vedi, in questi giorni, il successo dello scorrettissimo Donald Trump negli Stati Uniti)…”
Parole che condivido senza riserve e che dovrebbero essere mandate a memoria non soltanto dai politici (che un po’ ovunque nel mondo sembrano volersi occupare di ogni aspetto della vita dei cittadini, anche oltre i limiti del lecito), ma anche dai giornalisti, non solo italiani.
Sempre sabato, sul suo blog, Roberto Plaja ha considerato il caso di Donald Trump e la possibile decisione di escluderlo dai prossimi confronti televisivi tra i candidati repubblicani alle elezioni presidenziali del 2016. E’ un prezioso piccolo saggio sulla logica che dovrebbe guidare le scelte dei mezzi di comunicazione in casi simili: http://www.theboxisthereforareason.com/2015/08/15/the-problem-with-trump/. Come di consueto, Roberto affronta il problema in modo semplice e diretto: un ottimo lavoro. Già che visitate il suo blog per il pezzo su Trump, date un occhiata anche a questo, pubblicato ieri: http://www.theboxisthereforareason.com/2015/08/16/cracks-on-the-dam/. Roberto torna a occuparsi della sua materia di elezione, la finanza, e lo fa offrendoci utili spunti di riflessione sulla situazione assai complessa che si sta determinando sui mercati.
Passiamo alla musica. Come primo pezzo, ecco un classico del jazz, Body and Soul, nell’esecuzione di Donald Byrd e Kenny Burrell.


Il secondo ascolto è sempre un brano di jazz, eseguito da Ellis Marsalis (https://en.wikipedia.org/wiki/Ellis_Marsalis,_Jr.), padre di Wynton e Brandford. Il brano che vi propongo si intitola Never Let Me Go.



domenica 9 agosto 2015

Quel che è peggio: non sarà la BBC

Continua lo scontro politico sulla questione dei migranti e, a quanto pare, neppure il Papa può permettersi di esprimere la propria opinione senza essere oggetto di risposte beffarde da parte del Felpo o di altri, i quali pretenderebbero che il Pontefice la pensasse come loro e non ammettono che la pensi diversamente. Ecco un rapido punto della situazione da Il Sole 24 Ore di ieri:

mercoledì 5 agosto 2015

No, proprio non è la Bbc

Stamattina mi sono alzato con le migliori intenzioni. Mentre, come accade tutti i giorni da quasi tredici anni, Doc e io festeggiavamo l’inizio della giornata con reciproche dimostrazioni di affetto, mi sono ripromesso di non criticare quel che accade in Italia, di non insistere nel giudicare negativamente l’operato di Renzi e degli altri politici, di vedere il bicchiere mezzo pieno, ecc. ecc.

lunedì 3 agosto 2015

Ottimismo? Ce ne desse motivo

Potremmo anche considerarlo un caso di asimmetria, ma probabilmente sarebbe riduttivo. Il problema è persino più grave.
Ci sono argomenti che trovano per qualche tempo molto spazio nella stampa, diventano anche per periodi relativamente lunghi una presenza costante sulle pagine dei giornali e nei notiziari radiotelevisivi, poi, però, scompaiono. Nessuno ne parla più per mesi e mesi. Si sarebbe indotti a pensare, di fronte alla scomparsa delle notizie su un determinato tema, che la questione sia stata risolta, che il problema, se di problema si trattava, abbia trovato una soluzione soddisfacente e definitiva, tale da indurre i giornalisti a non occuparsene più.

sabato 1 agosto 2015

Asimmetrie 3

Restiamo sulle asimmetrie, almeno nella prima parte di questo post. Lo spunto lo offre un breve articolo di Ernesto Galli della Loggia pubblicato sul Corriere di oggi. Il tema è come l’ENAC, Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, intenda  affrontare i problemi del principale aeroporto italiano, ossia quello di Fiumicino. Ecco il collegamento all’articolo: http://www.corriere.it/opinioni/15_agosto_01/vigilanza-dell-enac-sull-inferno-fiumicino-99782c8c-380c-11e5-90a3-057b2afb93b2.shtml.