domenica 2 settembre 2018

La Rivoluzione industriale, questa sconosciuta


Ieri Barack Obama e George W. Bush hanno commemorato John McCain nel corso della cerimonia funebre svoltasi a Washington. Hanno parlato brevemente, con gli stili oratori assai diversi che abbiamo conosciuto negli anni in cui erano presidenti.

Ognuno dei due, oltre a delineare un ritratto efficace di una delle maggiori personalità politiche americane degli ultimi decenni, ha saputo offrirci considerazioni che non hanno valore soltanto per gli Stati Uniti.
Ecco alcune parole di Obama: “So much of our politics, our public life, our public discourse can seem small and mean and petty, trafficking in bombast and insult and phony controversies and manufactured outrage”. (Tanta parte della nostra politica, della nostra vita pubblica, del nostro dibattito pubblico può sembrare modesto e volgare e futile, e spacciare magniloquenza e offesa e polemiche fasulle e sdegno prefabbricato).
Questi, invece, due passaggi di George W Bush: “(McCain) loved freedom with the passion of a man who knew its absence and, perhaps above all, John detested the abuse of power and could not abide bigots and swaggering despots. (…) There was something deep inside him that made him stand up for the little guy… to speak for forgotten people in forgotten places.” (“(McCain) amava la libertà con la passione dell’uomo che ne ha conosciuto la privazione e, forse più di ogni altra cosa, John detestava l’abuso del potere e non poteva tollerare i despoti fanatici e arroganti. (…) Radicato profondamente in lui c’era qualcosa che lo faceva combattere per i deboli… parlare per le persone dimenticate che vivono in luoghi dimenticati”).
Questo è il video, pubblicato su YouTube da The Guardian, con una sintesi delle due orazioni funebri.


Penso che né Obama né George W. Bush possano aspirare a essere considerati tra i migliori presidenti degli Usa. Ovviamente sarà la Storia a esprimere un giudizio compiuto sulle loro esperienze, non certo io. Qualche parola, tuttavia, mi azzardo a scriverla. Obama ha senz’altro portato alla Casa Bianca un forte impegno ideale, ma non ha saputo tradurlo in politiche concrete ed efficaci, soprattutto al di fuori del suo paese. Bush figlio si è rivelato incapace di sottrarsi alle pressioni dei gruppi di potere all’origine del suo successo elettorale (in realtà dubbio), impegnando gli Stati Uniti nella guerra in Iraq, un grave errore di cui stiamo tutti pagando le conseguenze per l’instabilità che ha prodotto in un’area già fragile del pianeta. 
Saranno gli storici a spiegare, ammesso che sia possibile, in che misura la politica estera di George W. Bush e quella di Obama abbiano contribuito a creare la situazione odierna, in cui si riaffacciano contrasti tra nazioni che credevamo dimenticati e che mettono in discussione non solo alleanze e amicizie consolidate, ma anche valori e regole grazie alle quali abbiamo conosciuto, soprattutto in Europa, un lungo periodo di pace e di prosperità.
Oggi l’Europa si mostra un punto debole dell’equilibrio mondiale e questo è tanto più grave perché l’equilibrio mondiale si fa ogni giorno più incerto, soprattutto (ma non solo) in conseguenza del modo di operare di Stati Uniti e Russia. Se ne occupa Franco Venturini nel fondo del Corriere della Sera di oggi: https://www.corriere.it/opinioni/18_settembre_02/europa-elezioni-11deaa74-ae17-11e8-baef-a165e95e592c.shtml.
Buona stampa. E’ un’articolo denso, che affronta vari argomenti. Non voglio abusare del vostro tempo e mi limiterò a fare qualche considerazione su un passaggio. Venturini parla di “paura dell’ormai prossima era dell’intelligenza artificiale” e la indica tra le cause dell’ostilità verso la globalizzazione che, insieme ad altri fenomeni, è all’origine del successo delle formazioni politiche definite populiste e sovraniste.
Non c’è dubbio che, un po’ ovunque, ma soprattutto nei paesi più sviluppati, le condizioni del mondo del lavoro siano cambiate e stiano cambiando sia per il progresso tecnologico sia per la globalizzazione. Non c’è altresì dubbio sul fatto che la sostituzione dell’uomo con le macchine sia una delle ragioni che spingono a considerare provvedimenti come in cosiddetto reddito di cittadinanza, ossia misure che vorrebbero compensare chi si trova senza occupazione. Io giudico questo tipo di provvedimenti, soprattutto per come sono immaginati nel nostro paese e per la la mancanza di cultura economica e industriale cui si accompagnano, estremamente pericolosi. Non c’è dubbio che le macchine “rubino” il lavoro a molti esseri umani. Succede da diversi anni, anzi da qualche secolo, come sa chiunque abbia sentito parlare della Rivoluzione industriale. L’automazione nelle attività produttive, agricole e industriali, e anche in quelle commerciali dura dalla seconda metà del ‘700, sia pure in maniera non omogenea nel tempo e nello spazio, come tutti i fenomeni rilevanti che interessano l’umanità. Abbiamo, dunque, convissuto con l’automazione per oltre duecentocinquanta anni e abbiamo saputo adeguarci a essa, sia pure, lo sottolineo, talvolta con costi sociali tutt’altro che trascurabili. E, tuttavia, credo che i vantaggi prodotti dall’automazione siano superiori alle conseguenze negative. Pensiamo soltanto a come è migliorata la qualità degli ambienti di lavoro e, più, ancora alla diminuzione dei pericoli e della fatica di molte attività produttive. Sotto questo profilo, la strada da percorrere è ancora lunga, tuttavia ne abbiamo fatta già molta. O pensiamo alla crescita della produttività, grazie alla quale i prezzi di molti beni sono calati, favorendone il consumo da parte di un numero sempre maggiore di persone.
Come tutti i fenomeni storici, l’automazione, diversamente da come pensano coloro che propongono il cosiddetto reddito di cittadinanza, non è solo una minaccia, ma è, anzi, soprattutto un’opportunità. Sempre se la si vuole vedere e cogliere, cosa che non paiono disposti a fare i governanti italiani, i quali evidentemente ignorano che in Italia esistono formidabili competenze e si traggono grandi vantaggi in termini di reddito e di occupazione dalla crescita dell’automazione nel mondo. Per averne un’idea, vi suggerisco di leggere questo articolo da Il Sole 24 Ore: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-01-20/robotica-aziende-italiane-caccia-tecnici-introvabili-perche-non-esistono-ancora-180935.shtml?uuid=AEoCpHmD. Oppure questo dal Corriere della Sera: https://www.corriere.it/economia/17_dicembre_21/svolta-gli-investimenti-972012e0-e5c2-11e7-bb03-a8143f47e27e.shtml.
Buona stampa, in entrambi i casi. A me pare che sarebbe meglio, anziché attribuire un reddito a chi non ha un lavoro, investire per dargli le competenze necessarie a trovare occupazione nel sistema industriale del paese (competenze che in larga parte le imprese non trovano sul mercato). Il cosiddetto reddito di cittadinanza rischia di farci trovare più impreparati rispetto alle conseguenze dell’automazione. Sono i lavori più facili, che richiedono minore preparazione e minore abilità quelli che vengono progressivamente affidati alle macchine. O vengono svolti altrove con manodopera a basso prezzo.
Con il cosiddetto reddito di cittadinanza, checché ne dica il fondatore e garante del M5S, che non è e non sarà mai una risorsa per l’Italia, si creano sudditi, non cittadini.

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