sabato 25 agosto 2018

Governare e comunicare non sono sinonimi


Il governo guidato da Giuseppe Conte è in carica da poco meno di tre mesi. Già da prima che prendesse vita, quelli che ne sarebbero diventati i personaggi chiave, ovvero Di Maio e Salvini, avevano iniziato una sorta di confronto su chi usava di più e con maggiore successo (e anche con maggiore spregiudicatezza) i nuovi mezzi di comunicazione. Tale esasperata abitudine a pubblicare testi e immagini su Facebook e Twitter non si è attenuata successivamente all’assunzione di importanti incarichi ministeriali, anzi, si è forse fatta persino più convulsa, soprattutto dopo la tragedia di Genova.
A ben vedere, anche Conte e altri esponenti del governo, non solo Di Maio e Salvini, hanno privilegiato questo modo di interagire con gli italiani rispetto a quello, più tradizionale, della produzione di norme volte a realizzare gli obiettivi indicati nel programma, oggi ribattezzato “contratto”.
La fretta non è mai buona consigliera e, di fretta, nella gara a chi “condivide” di più, ce n’è sicuramente molta, troppa, tanto che non sono mancati testi che offrivano informazioni errate o che indicavano, al di fuori di un adeguato quadro giuridico e anche strategico, l’intenzione i prendere decisioni su temi di grande rilievo.


Uno dei casi più recenti, e a mio avviso più gravi, di questa inclinazione a fornire informazioni sbagliate e a formulare minacce sulla base di queste, lo trovo nelle parole con cui ieri Di Maio ha ventilato la possibilità che l’Italia non versi più alla UE 20 miliardi di contributi. I numeri, purtroppo, non gli danno ragione, è sufficiente consultare questo semplice documento disponibile sul sito del Parlamento Europeo: http://www.europarl.europa.eu/external/html/budgetataglance/default_it.html#italy. Che il Vicepresidente del Consiglio e Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico non sappia le dimensioni dei contributi italiani al bilancio comunitario e il contributo comunitario al bilancio dello stato italiano mi sembra piuttosto grave… E più ancora che minacci, come ritorsione per una decisione collegiale giudicata insoddisfacente, di non rispettare un obbligo legale. Di Maio non sta giocando a pallone nel campetto dell’oratorio.
Il tema del rapporto tra governo e cittadini è stato affrontato ieri dall’editoriale di Maurizio Ferrera sul Corriere della Sera: https://www.corriere.it/opinioni/18_agosto_24/legame-governo-cittadini-780dd626-a70a-11e8-9969-1b4199c31e82.shtml#.
Buona stampa. Un articolo che, in maniera più profonda e più ampia delle mie considerazioni, illustra le criticità delle scelte compiute da questo governo, non solo in tema di interazione con i cittadini. Quest’ultima, a mio avviso, ha, tra i molti difetti, anche quello di esasperare le tensioni e i contrasti tra chi (e purtroppo è un’ampia parte degli italiani) vive le vicende politiche come se fosse allo stadio e gridasse il suo tifo senza guardare l’azione… 
Prima di lasciare la politica italiana, vi propongo un articolo del Professor Donato Masciandaro (http://faculty.unibocconi.it/donatomasciandaro/) pubblicato da Il Sole 24 Ore di oggi: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-08-24/strategie-ordinate-gestire-caso-italia-221043.shtml?uuid=AEAJc3eF.
Buona stampa. Masciandaro, con chiarezza esemplare, spiega alcuni degli elementi cruciali nella gestione di uno degli aspetti più critici dell’economia italiana: il debito. Sarebbe bene che lo leggessero anche molti membri del governo, che sul tema azzardano tesi piuttosto fragili, e gran parte degli italiani, della cui scarsa competenza in materia traggono vantaggio quelli che indicano nella Cina e nella Russia i nostri potenziali alleati per affrontare e risolvere i problemi connessi alle dimensioni del debito pubblico italiano. Affermazioni a dir poco stravaganti. Ipotizzare di far garantire il nostro debito alla Russia, ad esempio, comporterebbe l’abbassamento della valutazione dei nostri titoli di Stato.
Il debito della Russia, infatti, è classificato “junk”, mentre il nostro è, non si sa ancora per quanto, “investment grade”.
Cambiamo argomento e valichiamo l’Atlantico per dare un’occhiata alla situazione di Donald Trump, attorno al quale si sta facendo lentamente il vuoto. Alcuni dei suoi principali collaboratori nell’esperienza imprenditoriale (e nelle vicende “pruriginose”) hanno deciso di separare i loro destini da quello del Presidente e di collaborare con la giustizia. Un paio di articoli per aggiornarvi in materia. Il primo, abbastanza breve, dal Corriere della Sera di oggi e firmato da Massimo Gaggi: https://www.corriere.it/esteri/18_agosto_25/trump-cede-anche-weisselberg-l-uomo-soldi-58e80508-a7de-11e8-8398-449c93d620be.shtml#. Il secondo è tratto da The Economist e non è firmato: come tradizione del settimanale inglese, per certi argomenti, a parlare è l’intera redazione. Ecco il collegamento: https://www.economist.com/leaders/2018/08/23/is-donald-trump-above-the-law?cid1=cust/ednew/n/bl/n/2018/08/23n/owned/n/n/nwl/n/n/EU/146317/n.
Buona stampa. Per entrambi i pezzi.
Chiudo segnalando un articolo apparso oggi sul sito di The Guardian. L’autrice è Isabella Tree che, oltre all’attività di giornalista e di saggista, si occupa anche della conduzione di una grande fattoria nel Regno Unito. Il brano propone un punto di vista sicuramente particolare su uno dei temi maggiormente controversi della nostra epoca così complicata, nella quale si finisce per entrare in conflitto su ogni argomento, anche i più banali. Quello affrontato da Isabella Tree non è un argomento trascurabile, tutt’altro, e lei lo tratta con garbo, in maniera non complessa, ma documentata, e ci fa quasi vedere e toccare l’efficacia delle scelte gestionali adottate da lei e dal marito, che è un ambientalista. Ecco il collegamento: https://www.theguardian.com/commentisfree/2018/aug/25/veganism-intensively-farmed-meat-dairy-soya-maize.
Buona stampa. Per la forma e per la sostanza. E’ sempre e comunque essenziale guardare alle cose da tutti i punti di vista. Facciamo torto alla nostra intelligenza quando rifiutiamo per principio di valutare le opinioni di chi la pensa diversamente da noi. 




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