giovedì 27 febbraio 2020

Tempi e modi inappropriati

Non sarà troppo lungo questo post che riporta, temporaneamente, un po’ di vita nel blog. Come  potrete facilmente immaginare è l’apparire del coronavirus in Italia a farmi uscire dal silenzio.



Cercherò, com’è ovvio, di non muovermi in terreni che non sono i miei: mi mostrerei meno intelligente di quel poco che sono se esprimessi opinioni sulla gestione tecnica dei casi verificatisi nel nostro paese. A riguardo dirò solo che, comunque, anche gli esperti dovrebbero muoversi con prudenza, evitando dichiarazioni perentorie come, invece, alcuni si azzardano a fare. E’ mia ferma opinione che un’epidemia influenzale come quella in corso in questi giorni in Italia sia fenomeno del quale si può dire assai poco mentre si sta sviluppando. Basti osservare che le statistiche cambiano di ora in ora: misurata ieri sera verso le 22:30 la mortalità nel nostro paese era di poco superiore al 3% e paragonabile a quella della Cina. Misurata oggi alle 14:30 è al 2,6% e inferiore a quella cinese, cresciuta al 3,5%. Solo una persona con seri problemi mentali potrebbe permettersi di trarre delle conclusioni definitive. Non è il mio caso.
Non mi consentirò certo neanche di valutare l’operato delle strutture sanitarie coinvolte. Abbiamo, infatti, un’assai modestia conoscenza di quanto effettivamente accaduto negli ospedali che hanno dovuto fronteggiare il maggior numero di casi. Se anche è lecito chiedersi se vi siano stati errori, rispondere ora sarebbe un azzardo e un arbitrio, anche perché ci troviamo di fronte ad azioni volte a confrontarsi con un fenomeno in parte sconosciuto.
Quello che possiamo senz’altro valutare è come hanno risposto al problema le autorità politiche e i dirigenti amministrativi coinvolti nella gestione del problema, non solo in Italia.
Sul fronte internazionale, fatico a non pensare che la Cina, come in passato, abbia cercato di nascondere finché possibile quanto avveniva nel proprio territorio. Non mancano le indicazioni che, prevedibilmente, la politica locale e centrale ha provato a non fare emergere l’esistenza dell’epidemia prima e la sua gravità poi. Un atteggiamento che ha, con ogni probabilità, ampliato l’impatto della medesima dentro e fuori la Cina.
Ad accentuare la diffusione del coronavirus, anche in conseguenza degli atteggiamenti cinesi, ha probabilmente contribuito l’iniziale sottovalutazione del pericolo da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che aveva avuto la prima notizia ufficiale della presenza di casi di polmonite in Cina il 31 dicembre 2019. Il 4 gennaio ha avviato indagini sul focolaio di malattia a Wuhan, che veniva, però, considerato allora a basso rischio perché non erano stati segnalati casi mortali. Difficile non chiedersi se i dirigenti dell’OMS, nel prendere questa decisione, non abbiano scelto di guardare la questione così come veniva loro presentata dalle autorità cinesi, senza neppure provare ad andare un po’ in profondità. Un dubbio che mi sembra legittimo anche alla luce di quanto successo dopo. Il 12 gennaio la Cina mette a disposizione il genoma di quello che diventerà il COVID-19, ma devono passare ancora diversi giorni prima che l’OMS decida di inviare una missione sul campo a Wuhan, epicentro dell’epidemia, per valutare la situazione. Tale missione ha, infatti, luogo il 21. Altri due giorni devono trascorrere perché il Comitato di Emergenza dell’OMS si riunisca e valuti la situazione: diversi membri sostengono che non si deve considerare elevata la pericolosità del virus. Riporto le parole che potete leggere sul sito dell’OMS: “Several Committee members considered it still too early to declare a Public Health Emergency of International Concern (PHEIC), given its restrictive and binary nature. Among other recommendations, the Committee advised that it be recalled in approximately 10 days”.
In tutta tranquillità, mentre si moltiplicano i casi di malattia anche al di fuori della Cina, gli organi dell’OMS non fanno nulla per alcuni giorni. Il 28 avviene un incontro tra i vertici dell’organizzazione e quelli politici cinesi e, finalmente, due giorni dopo il coronavirus viene indicato come Public Health Emergency of International Concern (PHEIC) (Emergenza di Salute Pubblica di Rilievo Internazionale), misura che dovrebbe attivare comportamenti precauzionali conseguenti da parte delle autorità sanitarie dei paesi aderenti. Ovviamente non sono in grado di valutare se e come, in ogni nazione, questi comportamenti siano stati posti in essere. Mi sento, tuttavia, autorizzato a ritenere che il modo di procedere dell’OMS sia stato insoddisfacente, se non altro in termini di rapidità di azione: si tratta di una struttura burocratica senz’altro condizionata dai rapporti politici tra le varie nazioni aderenti, soprattutto all’interno degli organi direttivi. Voi tre sapete perfettamente cosa intendo dire.
Tornando in Italia, non mi dilungherò troppo. Le valutazioni sulle scelte operative, come già detto, verranno quando i tempi lo consentiranno. Per ora si può esprimere un parere sulle reazioni di molti esponenti politici, sia a livello nazionale che locale.
A prevalere, non sorprendentemente, è la stata la ricerca di attenzione. Non c’è circostanza che i politici italiani rinuncino a utilizzare per ottenere che i mezzi di comunicazione si occupino di loro o per trasmettere un certo messaggio tramite i social network. In altre parole: qualsiasi evento, non importa di che natura e gravità, può essere sfruttato per cercare di porsi al centro della scena e di conquistare consensi.
Il diffondersi del coronavirus in Italia non è diventato, dunque, motivo di riflessione comune per trovare risposte adeguate e condivise come, probabilmente, accade nei paesi in cui la classe politica ha ancora un po’ di senso di responsabilità e sa che ci sono situazioni nelle quali non si può non occuparsi che del bene collettivo.
La classe politica italiana ha dimostrato anche in questa situazione di essere inadeguata, incapace di darsi obiettivi che non siano connessi al prossimo confronto elettorale. Nulla interessa, salvo cercare di conquistare qualche voto in più. Quali conseguenze abbia per il paese tale atteggiamento, con tutta evidenza, non importa a nessuno. Neppure a chi, almeno a parole, sostiene di essere estraneo al confronto tra schieramenti.
A offrire una (assai magra) consolazione c’è solo che, in questa ricerca di popolarità e apprezzamento, i politici rivelano tutta la loro mediocrità e chi ha un minimo di buon senso e di spirito critico non può non vedere quanto questi tizi siano, oltre che del tutto incapaci di svolgere in maniera appropriata i propri compiti, anche ridicoli o addirittura patetici.

1 commento:

  1. Hai perfettamente ragione su tutto,ma io mi auguro che questo "tsunami"possa portare a un cambiamento.Immagino che ci saranno enormi problemi economici a livello globale e di conseguenza un totale rovesciamento delle cose come le conosciamo.Mi illudo se spero che tutto questo possa servirci x migliorare,per diventare grandi,meno gretti?come lo vorrei

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