venerdì 25 ottobre 2013

Uscire di scena


Manca una manciata di minuti alla riunione in cui, secondo le anticipazioni dei quotidiani, il tizio decrepito intende riappropriarsi del partito che presiede (io non mi ero reso conto che glielo avessero sottratto) e con, ogni probabilità, sancire la fine dell’esperienza di governo inauguratasi appena qualche mese fa.
La mia convinzione è che, così procedendo, il tizio decrepito sancirà, nel modo più ignominioso, la conclusione del ventennio in cui è stato al centro della politica italiana. Sia chiaro, non lo do certo per morto e neppure per moribondo, lo avremo tra i piedi ancora per qualche tempo, ma il suo seguito difficilmente raggiungerà i livelli toccati negli anni dei suoi grandi successi elettorali.
Le ragioni che lo inducono a “riprendersi” il partito e a ribattezzarlo con il nome di quello fondato all’inizio della sua “carriera” politica sono, con tutta evidenza, lontanissime dai problemi dei cittadini italiani e tutte incentrate sulle sue vicende giudiziarie e sulla percezione che lui ha della sua persona e del suo ruolo nel paese.
Questo giustifica la convinzione sopra espressa. Se effettivamente la riunione del Pdl porterà alla rottura della maggioranza e al tentativo disperato di arrivare in tempi brevi a nuove elezioni, questo suggellerà un ventennio di promesse non mantenute, di magniloquenti programmi mai usciti dal mondo dei sogni, di volgarità e macchiette che hanno gettato discredito sul paese e sulle sue istituzioni (in molte delle quali, grazie al tizio decrepito e al suo modo di intendere e usare la politica, hanno trovato posto personaggi che definire inadeguati e impresentabili è eufemistico).
La smisurata e patologica considerazione di sé, infine, spinge il tizio decrepito a riaffermare il suo presunto potere sulla schiera di lacchè di cui si è circondato per anni, preoccupato non già di risolvere i problemi italiani, ma di sentirsi dare ragione e di essere venerato dai “fedelissimi” servitori e, più ancora, di “riformare la giustizia” così da ridurre le inchieste che lo riguardavano e i rischi di condanna. E questo è anche oggi il suo unico interesse.
Per chi, come me, ha sempre considerato un’impostura la presenza in politica del tizio decrepito, questa lunga fine di commedia non è, però, motivo di soddisfazione, al contrario. Lui uscirà di scena lentamente, magari ottenendo ancora qualche successo elettorale, senz’altro oltraggiando la grande maggioranza degli italiani con il suo volgare egocentrismo. E questo allontanerà ancora, sempre che sia possibile, l’inizio di una risalita che, se avverrà, sarà dolorosa e difficile.
Nell’ultima settimana, sul Corriere della Sera, sono apparsi editoriali firmati da uomini di cultura e orientamento politico diversi, tutti preoccupati dalla nostra classe dirigente, nella quale non si vedono le capacità e la moralità necessarie per allontanare il paese dalla situazione drammatica in cui si dibatte.
Buona stampa.

mercoledì 2 ottobre 2013

Erano tutti d'accordo, tranne uno


Giornata politica piuttosto convulsa. Mi guardo bene dal proporre interpretazioni, convinto di non essere neppure lontanamente in grado di capire quello che succederà non già nei prossimi giorni, ma neppure nel prossimo quarto d’ora.
Non parlerò del tizio decrepito, convinto che, presto o tardi, sarà la Storia a fare Giustizia (quella vera, per l’appunto con la maiuscola), con buona pace dei Pubblici Ministeri e dei Giudici, di Zanda e della Bindi, della Santalacchè e di tutto il suo silicone.
Parlerò del tale che, per dedicarsi alla politica italiana, sostiene di aver rinunciato al Premio Nobel per l’Economia. Che uomo! Oggi, pochi minuti prima che il tizio decrepito pronunciasse il suo “discorso” al Senato, il povero Brunetta, molto compito, senza neanche sventolare le manine, spiegava che il Partito dei Lacchè aveva deciso “all’unanimità” di votare la sfiducia al Governo presieduto da Letta. A quanto pare non si era accorto che il tizio decrepito aveva votato contro.
Magari sbaglio, ma temo che il Premio Nobel si stia allontanando da lui a grandi passi, ammesso che siano mai andati nella medesima direzione…
Non vale neppure la pena che gli spedisca un laccio rosso. Che dignità può avere un simile servitore del tizio decrepito?

martedì 1 ottobre 2013

Niente di meglio da offrire?


Riprendo integralmente un passo dalla cronaca de La Repubblica che fa il punto sulla situazione politica (http://www.repubblica.it/politica/2013/10/01/news/berlusconi_in_pressing_sulle_colombe_nuovo_vertice_a_palazzo_grazioli-67647948/?ref=HREA-1):
Santanché: "Offro la mia testa". Pur di evitare la scissione interna Daniela Santanché, consigliera privilegiata del Cavaliere, a un certo punto annuncia: "Mi risulta che il segretario Alfano ha chiesto la mia testa come condizione per mantenere l'unità del Pdl-Forza Italia - scrive in una nota - Detto che ciò dimostra la strumentalità della protesta in corso da parte dei nostri ministri dimissionari, non voglio offrire alibi a manovre oscure e pericolose. Pertanto la mia testa la offro spontaneamente al segretario Alfano, su un vassoio d'argento, perchè l'unica cosa che mi interessa per il bene dei nostri elettori e dell'Italia è che su quel vassoio non ci finisca quella del presidente Berlusconi".
Parole che, semmai ne avessimo bisogno, dimostrano che Santalacchè, pardon Santanchè, non ha certo offerto la sua parte più pregiata.