martedì 23 dicembre 2014

Ah se ci mancherai, Joe


Ho l’impressione che la guerra sul prezzo del petrolio, cui ho già accennato, non sia ancora finita e, quando sarà finita, sul campo ci saranno alcune vittime sia tra le nazioni produttrici sia tra le aziende petrolifere.
La situazione odierna sul mercato del greggio, infatti, non ha quasi nulla a che vedere con i momenti in cui, in passato, il prezzo aveva subito oscillazioni importanti e turbolenze prolungate.
La portata e le implicazioni del cambiamento lo spiega molto bene questo articolo dal Financial Times di oggi: http://www.ft.com/intl/cms/s/0/63c7786c-89bc-11e4-8daa-00144feabdc0.html?siteedition=intl#axzz3MdHYow5D.
Buona stampa. E’ evidente l’intenzione dei Paesi appartenenti all’Opec di mettere a dura prova le capacità di sopravvivenza di alcuni produttori esterni all’organizzazione o non allineati sulle posizioni dell’Arabia Saudita. Mi auguro che questo confronto aspro non produca ulteriore instabilità del quadro politico internazionale, già provato dall’atteggiamento ondivago degli Stati Uniti, dalla prepotenza della Russia, dal proliferare dei movimenti terroristici che si dicono ispirati all’Islam, dalle derive autoritarie di Paesi finora retti nel rispetto dei principi delle democrazie occidentali e, ultimo, ma non meno importante, dalla sostanziale inesistenza dell’Europa. Staremo a vedere.
Venendo alle questioni domestiche, mi pare che l’inchiesta che va sotto il nome di Mafia Capitale offra l’ennesimo ritratto impietoso della classe dirigente italiana. E le vicende, per così dire, collaterali offrono dettagli desolanti della pochezza di uomini ai vertici dello Stato.
Cronaca. Come sempre, attendiamo che la Magistratura faccia il suo lavoro per dare giudizi sul piano della legalità. Possiamo, però, fin da adesso osservare che si fatica a comprendere perché l’uomo considerato più vicino al tizio decrepito non trovi di meglio da fare che fissare appuntamenti con il Prefetto di Roma. E si fatica anche a comprendere perché al Prefetto di Roma garbi che Gianni Letta gli gestisca l’agenda. Non mi pare che, così facendo, contribuiscano a migliorare la qualità dell’aria che si respira ai piani alti, ma anche a quelli bassi, del potere. Ripeto: non sarà illegale, ma certamente è inopportuno. E, ovviamente, Letta e Pecoraro non sono neppure sfiorati dal sospetto di essersi comportati in maniera poco adeguata ai loro ruoli. Come sempre, in Italia, nessuno sbaglia mai.
Passiamo ad altro, ma ci allontaniamo soltanto temporaneamente da Roma. Ieri, il Corriere della Sera, nelle pagine culturali, ospitava un articolo assai interessante di Marco Missiroli dedicato al libro in cui Martin Amis descrive i suoi incontri con alcuni leggendari scrittori del secolo scorso: http://archiviostorico.corriere.it/2014/dicembre/22/Pugni_devozione_Martin_Amis_incontra_co_0_20141222_b76a57fe-89a4-11e4-beac-aaaf4fbe2524.shtml.
Buona stampa. Il ritratto che conclude il pezzo di Missiroli, quello di Truman Capote, è esilarante, tanto da meritarsi di essere riportato nella parte finale (eliminando i caratteri sbagliati): All’improvviso arriva questa donna con una camicetta attillata, se la tira su e mi porge una matita per sopracciglia. E poi mi dice: “Voglio che mi autografi l’ombelico”. Così scrivo il mio nome T-R-U-M-A-N C-A-P-O-T-E. Il marito era ubriaco fradicio, guardandomi con odio profondo le prende la matita e me la dà, poi si sbottona i pantaloni e tira fuori l’affare. Ci guardavano tutti. “Visto che autografi qualsiasi cosa, che ne dici di autografare questo?”. C’è una pausa e poi io dico “Beh, non so se riesco ad autografarlo, ma forse riesco a metterci le iniziali”.
Niente è per caso. Cito questa splendida battuta di Capote per provare a trasferirla nella nostra realtà. Sta per concludersi il 2014: Matteo Renzi ha sfrattato Enrico Letta da Palazzo Chigi il 22 febbraio, quindi ha guidato il Governo per oltre dieci mesi. Può senz’altro mettere la firma sull’infinita serie di proclami che, grazie alla compiacenza di una stampa mediocre, ha diffuso a piene mani. Sui risultati concreti, non ci stanno le iniziali.
Per tutti (e ne cito solo uno per non nuocere ancora una volta ai nostri quattro fegati stremati), vi propongo un articolo di Luigi Ferrarella dal Corriere di ieri: http://archiviostorico.corriere.it/2014/dicembre/22/norme_confuse_pasticci_troppi_errori_co_0_20141222_a6b1e210-89a4-11e4-beac-aaaf4fbe2524.shtml.
Buona stampa. E questo è solo l’esempio della Giustizia. Il resto va esattamente da così a peggio. Niente di che stupirsi.
Parliamo di cose serie: è morto Joe Cocker. Vi suggerisco soltanto il ricordo breve dell’edizione italiana della rivista Rolling Stone: http://www.rollingstone.it/musica/news-musica/e-morto-joe-cocker/2014-12-22/.
Buona stampa. Il resto potete andare a cercarlo voi dove volete, c’è tanto su questa straordinaria voce che ha impresso con semplicità un segno indelebile nella musica dagli anni Sessanta del secolo scorso.
Un paio di ascolti. Il primo è Unchain My Heart (http://it.wikipedia.org/wiki/Unchain_My_Heart_%28singolo%29).


Il secondo è Night Calls.


Torneremo a parlare, anzi ad ascoltare, di lui.

domenica 14 dicembre 2014

Ottusità devastante


Il 31 dicembre del 2013 un barile di petrolio WTI (West Texas Intermediate, con il Brent del Mare del Nord riferimento sui mercati internazionali) costava 98,42 dollari. Venerdì 12 dicembre di quest’anno, l’altro ieri, la quotazione è stata di 57,81 dollari. In percentuale, il prezzo di questa qualità di petrolio in circa dodici mesi è calato del 41,26%.
Temo che ben pochi italiani se ne siano accorti direttamente acquistando derivati del petrolio o prodotti il cui prezzo è legato a quello del petrolio (come il gas per uso domestico e l’elettricità). I prezzi alla pompa del gasolio e della benzina, infatti, mostrano la consueta vischiosità e, mentre salgono immediatamente quando il barile diventa anche leggermente più costoso, sembrano non riuscire mai ad adeguarsi rapidamente quando avviene il contrario.
In parte tale vischiosità è conseguenza della quantità e delle modalità di calcolo dei prelievi di natura fiscale che lo Stato ha accumulato nel tempo. Non so quanti di voi tre lo ricordino, ma ancora oggi, quando facciamo il pieno alle nostre auto, contribuiamo con qualche centesimo di euro alla ricostruzione della zona del Belice terremotata nel 1968 (sic).
Pesa, altresì, nel mancato rapido aggiornamento dei prezzi anche il comportamento delle aziende petrolifere, le quali traggono beneficio dalla condizione di oligopolio in cui operano, sfruttando, soprattutto nei periodi in cui i consumi s’impennano (ad esempio in corrispondenza di vacanze e di festività), una legislazione che consente loro di muoversi con tutta calma nell’adeguare i prezzi alle medie europee.
E questo la dice lunga a proposito delle liberalizzazioni e dello stimolo alla concorrenza che avrebbero posto in essere in governi che si sono succeduti negli ultimi vent’anni… Lasciamo stare. Sul tema c’è da farsi venire il mal di fegato.
Passiamo, invece, a valutare il contributo che il calo del prezzo del petrolio potrebbe dare alla ripresa della nostra economia gravemente sofferente.
Lo facciamo grazie a un articolo di Guido Tabellini apparso ieri su Il Sole 24 Ore: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2014-12-13/le-due-facce-crollo-greggio-110816.shtml?uuid=ABarDKQC&fromSearch.
Buona stampa. Alcune considerazioni meritano di essere riprese per sottolinearle. In particolare copio e incollo un passaggio importante: Il calo di 50 dollari, rispetto ai 110 dollari su cui si era stabilizzato negli ultimi anni, rappresenta un risparmio, sui 4,2 miliardi di tonnellate di petrolio consumati all’anno, di 1700 miliardi di dollari, circa l’1,5% del Pil mondiale. Soldi questi che finiranno soprattutto nelle tasche degli automobilisti, nel mondo quasi un miliardo, e che saranno più bravi nel spenderli, per attivare l’economia globale, rispetto ai gestori dei ricchi fondi sovrani dei Paesi produttori.
Non c’è dubbio che, per consumatori provati dalla lunga crisi, ritrovarsi qualche soldo in tasca grazie al minor prezzo dei carburanti dovrebbe costituire uno stimolo all’acquisto di altri beni e, quindi, favorire una generale ripresa della domanda nel proprio Paese. Questo è tanto più vero quanto più il prezzo dei carburanti si adegua rapidamente e proporzionalmente alla diminuzione di quello del petrolio. Come ho osservato sopra, non è il caso dell’Italia. Quindi non potremo contare su questo stimolo nella stessa misura degli altri paesi.
Lo stesso ragionamento vale per i prezzi di quei beni e servizi che sono più o meno direttamente correlati con quello del petrolio, in particolare gas ed elettricità. Tabellini spiega che anche in questo caso, soprattutto per quel che riguarda l’elettricità, non potremo contare sui vantaggi che avranno altrove i consumatori perché la bolletta è da noi caricata di oneri impropri di varia natura.
Tutto questo per dire che abbiamo di fronte a noi un’opportunità che non dovremmo sprecare. Il prezzo del petrolio non resterà così basso in eterno. Io non sono certamente in grado di prevedere quanto durerà questo andamento (magari lo fossi, potrei farmi pagare un po’ la mia scienza). Immagino, tuttavia, che trattandosi di una situazione creatasi soprattutto per precisi intenti politici da parte di Arabia Saudita e USA, durerà ancora il tempo necessario per causare le conseguenze volute su Iran e Russia, principali obiettivi di questa manovra sul prezzo del greggio.
Dunque c’è una finestra abbastanza ampia a nostra disposizione per amplificare gli effetti dello stimolo all’economia che viene da questa condizione di vantaggio. Abbiamo la possibilità di recuperare somme significative in grado di favorire la ripresa della nostra economia fiaccata da troppi mesi di recessione. Servono misure incisive, azioni volte a far sì che i risparmi sul fronte della “bolletta energetica” fungano realmente da stimolo all’inversione di tendenza, attraverso la ripresa della domanda da parte delle famiglie e delle imprese, soprattutto quelle agricole e industriali. Incluse azioni volte a ridurre il prelievo fiscale sui derivati del petrolio e a premere sulle compagnie petrolifere affinché abbassino i prezzi quanto devono.
Come sarebbe consolante vedere che i politici italiani ne sono consapevoli e che stanno mettendo a punto gli interventi necessari per dar modo al Paese di trarre tutti i benefici possibili dall’andamento dei mercati petroliferi e di quelli che ne imitano le dinamiche.
Vi sembra che i politici siano impegnati in questo o che si dedichino ad altro?
Cronaca.
E lascio la risposta anche all’editoriale di oggi del direttore de La Stampa, Mario Calabresi: http://www.lastampa.it/2014/12/14/cultura/opinioni/editoriali/se-il-paese-non-si-libera-del-passato-5XPx0aIgjqpvNKeIjRZX2M/pagina.html.
Buona stampa. Calabresi dice tutto quel che andava detto e che va ripetuto finché, speriamo, verrà compreso.
E a Pippo Civati, uno di quelli che non sanno perdere e che pretendono di imporre la propria opinione alla maggioranza del partito (democraticamente eletta), suggerirei la lettura del pezzo di Lina Palmerini su Il Sole 24 Ore di ieri: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2014-12-13/le-risposte-che-mancano-sinistra-110313.shtml?uuid=ABpr1JQC&fromSearch.
Buona stampa. Lina Palmerini contribuisce molto validamente alla rubrica Politica 2.0, che ha sostituito quella di Stefano Folli, passato a La Repubblica.
Che poi Civati e soci, anche leggendo quell’articolo, capiscano, beh… mi permetto di dubitare. Se non l’hanno fatto finora, evidentemente, non lo faranno mai. Loro hanno in mente altro. Se poi questo “altro” non ha nulla a che fare con il futuro degli italiani, poco importa. Loro si preoccupano soltanto del proprio futuro. Ebbene, a me del futuro di Civati non importa nulla, anzi no, m’importa che sparisca dalla vita politica italiana in compagnia dei tanti come lui. Gente che pretende di imporre la sua visione anche se è condivisa da meno dello 0,0… % della popolazione. Gente che continua a guardare la realtà con gli occhiali che andavano bene, forse, trent’anni fa. Gente che, se mai si sognasse di sporcarsi le mani, cercherebbe di aprire un pc portatile con la chiave del 26.
Sì, il destino politico di Civati m’interessa davvero: voglio che la sua carriera politica finisca. Finisca il più rapidamente possibile. E, con la sua, quella di D’Alema, Bersani, Camusso, Landini e via dicendo. Questi, se mai andassero al governo, affonderebbero l’Italia nel volgere di poche settimane. Non credo, però, che andranno mai al governo perché ben pochi condividono le loro idee e i loro progetti e loro non hanno ancora capito che per vincere bisogna convincere e non pontificare con la puzza sotto al naso, con la presunzione di essere i soli onesti e intelligenti.
Di solito, la Ditta e i suoi soci riescono bene a perdere o a far vincere l’avversario. Come giustamente osserva Palmerini.
Potremo mai perdonare chi sta cercando di favorire il tizio decrepito (per l’ennesima volta), Salvini, lo psiconano+barba-Mediaset?
La mia risposta, lo immaginate già, è un enorme e definitivo no.
Buona notte e buona fortuna.

giovedì 11 dicembre 2014

L'eredità


Lunedì scorso, 8 dicembre, Il Mattino di Padova ha pubblicato un editoriale di Mario Bertolissi, uno dei più autorevoli Costituzionalisti italiani, professore presso l’Università padovana. Purtroppo, il quotidiano non ha reso disponibile il pezzo sul proprio sito, ma il mio scanner funziona ancora.


Buona stampa. Voi tre che vi ostinate a frequentare il mio blog sapete che ho già contestato tempo fa la fondatezza dei cosiddetti diritti acquisiti. Sono ben felice di trovarmi oggi in ottima compagnia e di scoprire nell’articolo di Bertolissi opinioni che avevo espresso anch’io.
Ho, inoltre, molto apprezzato le parole di Thomas Jefferson, uno dei Padri Fondatori e terzo presidente degli Stati Uniti d’America, principale estensore della Dichiarazione di Indipendenza nonché immagine sulla banconota da 2 dollari. Mi sono piaciute tanto da indurmi a riportarle. “Noi possiamo considerare ogni generazione come una distinta nazione con un diritto espresso dalla volontà della maggioranza di vincolare se stessi ma nessun diritto di vincolare la successiva generazione più che gli abitanti di un altro Stato”.
Se volete leggere la versione originale, eccola: “We may consider each generation as a distinct nation, with a right, by the will of its majority, to bind themselves, but none to bind the succeeding generation, more than the inhabitants of another country”.
In italiano o in inglese, temo che queste parole di una semplicità esemplare non verranno comprese da coloro (e sono tanti) che, nel nostro Paese, pretendono di conservare privilegi il cui onere viene scaricato sulle generazioni future.
Il nostro debito pubblico, come osserva Bertolissi e come mi pare di aver detto anche troppe volte, è in gran parte la conseguenza della disinvoltura con cui chi ha amministrato il Paese ha deciso di usare il pubblico denaro per “comperare” l’elettorato. Ciò, in certo senso, rende responsabili tutti noi dello stato in cui versa l’Italia. Ha fatto comodo a tutti che, indebitandosi sempre di più, lo Stato spargesse soldi qua e là.
(Una rapida digressione: l'Amato citato da Bertolissimi è Giuliano Amato, attuale membro della Corte Costituzionale (nominato da Napolitano) e titolare di più trattamenti pensionistici del tutto sproporzionati rispetto ai contributi versati). 
Certo, la distribuzione di pubblico denaro ha fatto comodo maggiormente ai politici e ai pubblici dipendenti, i quali si sono attribuiti retribuzioni e pensioni spropositate e ingiustificate, che non intendono veder ridimensionate, preoccupandosi ancora del proprio presente e non del futuro dei loro figli e dei loro nipoti e, soprattutto, di quello dei figli e dei nipoti dei cittadini.
E, come se non bastasse l’onere di dover far fronte a un debito pubblico spaventoso, alle generazioni future lasciamo un Paese che legifera e si amministra in maniera demenziale.
Buona stampa. Non credo esista un’altra nazione al mondo nella quale il diritto alla riservatezza venga invocato più a sproposito di quanto avviene in Italia. 
Il secondo caso è quello della città di Messina descritto da Gian Antonio Stella sul Corriere di oggi. L’articolo non è disponibile on line, ma ho fatto lavorare ancora lo scanner.


Buona stampa. Non sia mai che una pubblica amministrazione svolga il proprio lavoro come si deve! Il futuro dei ragazzi italiani prevede anche questo: un Paese nel quale si ripeteranno, forse anche con frequenza maggiore, le morti per inondazioni o crolli che una decente gestione del territorio consentirebbe di evitare. Non c’è soltanto Messina, purtroppo.
Buona notte e buona fortuna.

domenica 7 dicembre 2014

Bisogna anche ridere di se stessi


Sergio Staino (http://it.wikipedia.org/wiki/Sergio_Staino) è uno dei nostri vignettisti più popolari. Le sue vignette sono state e sono pubblicate su numerosi quotidiani e periodici. Ha creato alcuni personaggi diventati quasi leggendari, come Bobo e Molotov.
Non ha mai nascosto il suo orientamento politico e, anzi, come altri vignettisti, ha usato il proprio lavoro anche per esprimere le proprie opinioni, oltre che per far sorridere.
Come ogni sabato, il Corriere della Sera ha pubblicato anche ieri la vignetta settimanale di Staino, che non è disponibile sul sito, quindi l’ho acquisita con lo scanner. Eccola.


Mala stampa. Se e quanto faccia ridere o sorridere, ovviamente, ognuno ha la propria idea. Il senso dell’umorismo non è uniformemente distribuito nella popolazione, sia dal punto di vista quantitativo sia, se così posso dire, dal punto di vista qualitativo. Sotto questo profilo, dunque, il mio giudizio è più che irrilevante. Non vi dirò se ho riso o meno, ma vi dirò che ho provato piacere nel vederla e ho ripensato al mio ultimo post: Staino mi ha dato ragione e, voi tre sapete, io provo un particolare piacere quando posso sottolineare di aver visto giusto. Da bravo componente della Ditta, Staino sostiene che, avendo Renzi raccolto molti voti alle europee, ha, conseguentemente, aperto le porte del PD alla “robaccia”. Peccato che Renzi (che, come sapete, non gode della mia stima né della mia simpatia) non abbia avuto alcun ruolo nel selezionare la classe dirigente del PD fino alla fine del 2013, quando cioè è diventato Segretario del partito.
Non si fa il bene degli italiani e, credo, ma la cosa non m’interessa poi tanto, quello del PD a continuare, come fanno gli esponenti della Ditta, Staino incluso, a rifiutarsi di guardare in faccia la realtà e di riconoscere le proprie responsabilità. Con gente del genere, che ha l’elasticità mentale di un paracarro, hai voglia di cambiare verso all’Italia. D’Alema, Bersani, Cuperlo, Fassina e soci metteranno i bastoni fra le ruote di chiunque non la pensi come loro, che, purtroppo per noi, usano categorie politiche vecchie di trent'anni. Si considerano unti da qualche sorta di divinità della sinistra (non saprei dire quale, visto che persino loro non fanno più i nomi neppure di Marx e Engels, non parliamo di Stalin o di Mao) quasi quanto il tizio decrepito si sente l’unto del Signore.
E lasciamo perdere di chi si crede l’unto il puparo dello psiconano+barba-Mediaset… I guru della rete sono i fondatori di Google, Facebook, Paypal, Instagram, Wikipedia, ecc. Che io sappia, Ca((zz)sal)eggio non trova spazio nel gruppo, nemmeno tra i gregari di riserva.
Un brano musicale. Qualcosa di allegro e di diverso dal solito. La musica Klezmer (http://it.wikipedia.org/wiki/Klezmer), oltre a trarre origine da culture musicali diverse, si presta molto bene all’incontro con altri generi, producendo risultati interessanti.
Vi propongo una registrazione dal vivo del 2004 di David Krakauer, uno straordinario clarinettista, e del suo gruppo. Il video è stato registrato a Cracovia e racchiude i brani conclusivi del concerto. Un'esplosione di vitalità e di divertimento.


giovedì 4 dicembre 2014

Questione morale?


Mentre inizio a scrivere non posso fare a meno di domandarmi, per l’ennesima volta, se faccio bene a farlo. La storia della commistione tra politica, criminalità e malaffare a Roma ha già un paio di giorni e mi sono trattenuto dal parlarne sino a ora. Non riesco a non dire nulla, ma temo che, nell’esprimere la mia opinione, difficilmente rispetterò le mie regole e, soprattutto, eviterò di dire qualcosa di cui potrei magari pentirmi.
Siamo ancora in fase d’indagine, non c’è stato nessun processo, nessuna condanna, nessuna sentenza passata in giudicato, quindi, come detta la Costituzione, sono tutti innocenti sino a che, nell’ultimo livello di giudizio, saranno stati considerati colpevoli. Però… Cosa ne pensa Gramellini? Il suo Buongiorno di ieri lo leggete qui: http://www.lastampa.it/2014/12/03/cultura/opinioni/buongiorno/luomo-nero-95aAqRYVTQbtnkY2dgmTdP/pagina.html.
Buona stampa. E già… fino a l’altro ieri dove stava? Questo signore non era ospite della patrie galere che, però, sono sovraffollate? E da chi, di grazia?
Poi possiamo leggere l’editoriale di Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera di oggi (http://www.corriere.it/editoriali/14_dicembre_04/complicita-sradicare-partiti-a34e55de-7b7d-11e4-b47e-625f49797245.shtml#), che mette l’accento sulla distrazione della politica.
Buona stampa.
Oppure possiamo leggere quello di Guido Gentili su Il Sole 24 Ore (http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2014-12-04/nel-mondo-mezzo-ne-stato-ne-mercato-080130.shtml?uuid=ABga1vLC), nel quale si esorta a sfoltire radicalmente la foresta delle aziende partecipate dagli Enti Locali.
Buona stampa. L’argomento, voi tre lo sapete, mi è caro e ne ho già parlato.
Eppure, stavolta, anche questi buoni editoriali non possono bastare. Sono scritti bene e dicono cose condivisibili, ma non possono bastare.
Tutta la vicenda romana, a mio avviso, riporta a temi che mi sembrano trascurati nei quotidiani (non ho letto tutti i commenti, quindi posso sbagliare, me ne scuso).
Il primo punto è che il sistema politico italiano, anche grazie a meccanismi elettorali sbagliati, ma soprattutto perché è importante conquistare “il potere”, si caratterizza ormai come una continua lotta per vincere le prossime elezioni. Questo comporta che non esistono veri disegni politici (parlo d’idee, di progetti, di soluzioni dei problemi che ci affliggono), ma solo chiacchiere o proclami volti a conquistare la maggioranza pro tempore e, con quella, posizioni di governo, locale o nazionale poco importa. E per vincere, non si guarda per il sottile quando si scelgono i candidati, perché non conta la capacità di proposta, ma solo il potenziale di voti. E questo spiega come, solo in Italia, ci siano decine e decine di politici che transitano da un partito all’altro portandosi appresso il proprio sostegno elettorale, ovviamente per sfruttarlo.
E qui veniamo al secondo punto. La politica, con le retribuzioni smisurate che i politici stessi si sono attribuite, è diventato il terreno ideale in cui s’insediano quelli che aspirano a prosperità e privilegi preclusi alla quasi totalità dei cittadini. E chi sceglie la politica per accrescere il proprio benessere (potrei dire diversamente, ma voglio ancora essere prudente), di certo non si fa troppi scrupoli, non si preoccupa di quel che fanno i burocrati, nella misura in cui trova con loro un modus operandi che soddisfa entrambi, e intrattiene facilmente rapporti con chi guarda al pubblico denaro con la medesima attenzione (penso di essermi spiegato adeguatamente).
La “questione morale”, di cui molto parlò Berlinguer (arrivando buon ultimo dopo GENTILUOMINI che si chiamavano La Malfa, Malagodi, Valiani e altri), è stata dimenticata da tutti, grazie anche all’avvento di una seconda repubblica (le maiuscole usiamole dove hanno valore) nella quale gli interessi privati e personali hanno prevalso su tutto. Concetti come moralità e legalità sbiadiscono inevitabilmente in chiunque abbia poco saldi principi se gli esempi sono pessimi e se i mezzi di comunicazione privilegiano modelli di vita in cui moralità e legalità sono assenti.
Prendiamo il caso di Poletti, che è certamente uomo probo e serio, ma, al dunque, rivela una sostanziale disattenzione verso il problema. Leggiamo la sua difesa rispetto alla frequentazione con Buzzi: http://www.corriere.it/politica/14_dicembre_04/mafia-poletti-sto-male-quando-vedo-mio-nome-coinvolto-3fcdaa68-7bc9-11e4-b47e-625f49797245.shtml.
Cronaca. Riprendo alcune frasi.
 «L’ho visto qualche volta – ha detto «perché era un dirigente di una cooperativa sociale che si occupava dell’inserimento delle persone disabili nel posto di lavoro. Ma non avrei mai immaginato», ha concluso, «che da un contesto come questo potessero uscire le cose che vediamo in questi giorni».
«Come presidente di Legacoop», ha detto Giuliano Poletti, «partecipo a migliaia di assemblee di bilancio e ho partecipato anche a quella della cooperativa sociale di Buzzi. Mi sento tradito dopo aver corso per tutta l’Italia per 40 anni per aiutare le cooperative sociali. La reputazione è una delle cose più difficili da costruire ed è la più facile da perdere. È intollerabile sentirsela mettere in discussione per dei comportamenti inimmaginabili».
Ecco, io credo che il Presidente di Legacoop dovrebbe partecipare a qualche centinaia di assemblee in meno e dedicare qualche ora in più alla valutazione di quelle che meritano effettivamente la sua presenza. Ciò di cui Poletti non si rende conto neppure adesso è che, in una posizione come quella che aveva prima di diventare Ministro, si dovrebbe scegliere chi frequentare, anche casualmente, e non andare ovunque proprio perché “La reputazione è una delle cose più difficili da costruire ed è la più facile da perdere”.
Terzo punto: il contante. L’ho già scritto, mi ripeto. Il fatto che in Italia, grazie a una legislazione lacunosa e sostanzialmente inefficace, il denaro contante sia ancora libero di circolare con grande facilità (magari anche dopo più o meno brevi viaggi all’estero) costituisce il brodo di coltura della corruzione. E, purtroppo, nella corruzione siamo ancora molto davanti agli altri paesi cosiddetti più avanzati (http://www.transparency.org/cpi2014).
Quarto punto: la Ditta. E’ stato lo Smacchiatore di giaguari a scegliere gran parte delle persone che il PD ha candidato alle elezioni fino al 2013. Forse è arrivato il momento che lui e gli altri membri della Ditta la smettano di spacciarsi per i difensori della morale pubblica e inizino a fare un serio esame di coscienza. Sono sicuro che Berlinguer, a questo punto, si rigiri nella tomba quando vede gente come Bersani o D’Alema proporsi come paladini della “questione morale”.
Che poi Renzi abbia realmente voglia di dare il buon esempio, mi pare difficile crederlo dopo aver letto questo pezzo da Il Fatto Quotidiano: http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12/04/mafia-capitale-renzi-promette-daspo-corrotti-pd-salva-azzollini-papania/1250499/.
Cronaca. Non vedo una linea coerente tra il commissariamento del PD di Roma e la scelta di non lasciare che i giudici svolgano il loro compito in casi come quello di Azzolini e Papania. Erano in ottima e numerosa compagnia i parlamentari del PD, visto che anche FI, Lega e Ncd si sono espressi allo stesso modo. Niente di sorprendente, intendiamoci. La qualità è la stessa, ossia bassa assai.
Niente male Salvini… Che vada d’amore e d’accordo con la Le Pen, per quanto spiacevole, ci può anche stare. Ci sta già meno che chieda (come ha fatto il Front National francese, finanziato da banche russe) soldi a Putin, che, mia modesta opinione personale, costituisce una mina vagante nella politica internazionale. Andare in edicola a comperare i quotidiani e vedere il segretario della Lega mezzo nudo in copertina di uno dei settimanali pettegoli che tanto successo (sic) hanno in Italia, mi ha procurato sgomento e disgusto. Pronti a tutto pur di portare a casa qualche voto...
Come volevasi dimostrare.
Buona notte e buona fortuna.