giovedì 31 gennaio 2013

Libri e porte girevoli


Ieri, sul Corriere della Sera, Gian Antonio Stella, il mastino bonario, riprendeva un tema già affrontato in passato: la spoliazione della Biblioteca dei Gerolamini, una delle più importanti del nostro paese, nella quale erano custoditi testi antichi di eccezionale importanza.
E’ una storia in cui fanno capolino (in realtà ben più che capolino!) alcuni personaggi della politica e Stella la racconta da par suo. Ieri l’articolo non era disponibile, oggi per fortuna è stato messo on line, quindi lo posso segnalare: http://archiviostorico.corriere.it/2013/gennaio/30/Biblioteca_Depredata_Amicizie_Dell_Utri_co_0_20130130_75c2c392-6ad7-11e2-ae1d-4750cf30488c.shtml.
Buona stampa. Cosa posso dire su questa vicenda? Posso dire che, se si è chiamati a guidare un ministero, se, quindi, ci si trova a rivestire una carica pubblica di grande rilievo (soprattutto nel caso dei Beni Culturali), sarebbe opportuno dimenticare i debiti di riconoscenza maturati in precedenza perché il bene collettivo prevale su tutto. Mi sembra che anche in questo caso si possa ricordare l’articolo 54 della Costituzione, quello in cui si indica come devono comportarsi coloro ai quali sono affidate funzioni pubbliche. Bravi! Ricordate bene. Proprio quello che parla di disciplina e onore.
E torniamo al caso Ingroia, perché se ne occupa anche Stefano Folli sul Sole 24 Ore di oggi e lo fa in maniera direi accurata e puntuale, mettendo in evidenza le tante contraddizioni del magistrato palermitano e del movimento che ha fondato.
Buona stampa. E’ davvero indispensabile mettere fuori uso un po’ delle porte girevoli che consentono passaggi a dir poco azzardati e opportunistici da un ruolo nella Pubblica Amministrazione a uno politico. Specie per chi, come alcuni magistrati, ha sfruttato la propria posizione per conquistare popolarità, con evidente intento di servirsene per un successo elettorale. 

mercoledì 30 gennaio 2013

Far parlare i morti, ancora una volta


Il 10 Dicembre 2011 ho scritto un post intitolato “Far parlare i morti” (http://ilmiosecchiellodacqua.blogspot.it/2011/12/far-parlare-i-morti.html).
Oggi mi tocca andare a ripescare titolo e valutazioni perché, come Geronzi allora (e successivamente e lo rifarà, ne possiamo star certi), anche Antonio Ingroia si serve delle parole di chi non c’è più per polemizzare con Ilda Boccassini.
A me non interessa nulla quel che Boccassini pensa di Ingroia. E m’interessa anche meno quel che Ingroia pensa di Boccassini. M’importa, invece, e molto, che un candidato alla guida del paese, per quanto improbabile, voglia servirsi delle opinioni di una persona morta da tempo, tra l'altro senza riportarle, limitandosi all'allusione, per tentare di sminuire il valore di un interlocutore e provare a guadagnare qualche consenso elettorale.
Non è soltanto una questione di stile, anche se sa il Cielo quanto bisogno di stile ha questo paese, ma è soprattutto una questione di onestà intellettuale e di rispetto verso chi non c’è più e verso chi c’è ancora.
Non vale la pena di aggiungere altro, salvo suggerirvi di ascoltare (se e quando sarà disponibile) l’intervista di Daria Bignardi a Beppe Severgnini trasmessa questa sera da La7 nella trasmissione “Le invasioni barbariche”.
C’è tutto, prima che si passi ai consigli per gli acquisti. Questo è il link al sito della trasmissione: http://www.la7.it/invasionibarbariche/?pmk=header.
Buona stampa. Soprattutto perché si ricordano regole fondamentali che da noi sembrano cadute irrimediabilmente in disuso.
Per temperare il mio e, più ancora, il vostro sconforto, due brani musicali di un pianista belga di origine italiana che combina con grande allegria influenze diverse. Si chiama Eric Legnini (http://fr.wikipedia.org/wiki/%C3%89ric_Legnini) e sa divertire.
Cominciamo da un brano in trio, un grande classico, In a Sentimental Mood.


Passiamo poi a un brano del CD appena pubblicato, Sing Twice, in cui Legnini si avvale della collaborazione di molti musicisti di varia provenienza, tra i quali la cantante Emi Meyer (http://en.wikipedia.org/wiki/Emi_Meyer). Il brano che eseguono insieme si intitola Winter Heron.


Fanno sempre ridere

Il vignettista del Corriere della Sera, Giannelli, a quanto pare, non sembra intenzionato a lasciare tranquilli i capi del Pd. Anche oggi trova modo di scherzare sull'estraneità alla gestione delle banche del maggiore partito del centrosinistra: un'estraneità asserita, ma ben lungi dell'essere dimostrata, anzi.
La vignetta la potete vedere qui: http://www.corriere.it/foto_del_giorno/giannelli/13_gennaio_30/giannelli_174e2558-6aa6-11e2-9446-e5967f79d7ac.shtml.
Buona stampa.

martedì 29 gennaio 2013

Come muovono le mani loro...


La pentola di Siena sembra contenere ingredienti persino peggiori di quelli che avevo immaginato. Ho scritto parecchi mesi orsono che l’acquisizione di Antonveneta fu un errore e che la dirigenza della Banca Monte dei Paschi era stata messa su un altare dal Presidente del Banco di Santander, eternamente grato per quanto guadagnato dall’operazione; tuttavia, se sostenessi di aver solo sospettato comportamenti come quelli che descrivono le cronache dei quotidiani italiani, mentirei.
Leggiamo qualcosa. Faccio una selezione radicale, per una visione dettagliata dovrete fare da soli. Cominciamo dal Sole 24 Ore e, in particolare, da un’intervista ad Andrea Morante, già dirigente della banca d’affari Credit Suisse Firts Boston, che si è occupato a suo tempo della quotazione in borsa di MPS: (http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-01-29/storia-occasioni-mancate-064642.shtml?uuid=Ab7sN7OH&fromSearch).
Buona stampa. Con alcune interessanti notazioni sul ruolo della politica. Guarda caso, si parla di Gallipoli… E già, proprio lo Stalinuccio di Gallipoli è stato così tranchant nel negare relazioni spurie tra il Pd e la banca senese. Chiacchiere, ovviamente: ridicole e patetiche, però sicuramente pronunciate con la consueta spocchiosa sicurezza e accompagnate da uno dei consueti movimenti delle mani con cui D’Alema allontana da sé gli argomenti che lui giudica privi d’importanza, gesti che, a volte, più ancora delle parole e del tono, ne rivelano la smisurata arroganza.
Per capire quanto la politica sia tutt’altro che estranea alla gestione delle banche, in particolare di quelle nel cui capitale hanno peso le Fondazioni bancarie, vi suggerisco, invece, questa piccola indagine effettuata dal sito LaVoce.info: http://www.lavoce.info/i-politici-ai-vertici-delle-fondazioni-bancarie/.
Buona stampa. Che ci dice quanto sarà difficile estirpare questa mala pianta. E ciò è tanto più vero se si ricorda il potere che, anche attraverso la Cassa Depositi e Prestiti (di cui controllano il 30%), esercitano in tanti settori essenziali dell’economia italiana (elettricità, telecomunicazioni, gas, ecc. ecc.).
Non sarà facile perché proprio la trasversalità e l’intensità dei legami con la politica fanno delle Fondazioni una delle lobby più potenti del paese. Quanto sia influente questa lobby, lo potreste chiedere al bleso della Valtellina, che ai tempi del 2° Governo Berlusconi tentò inutilmente di ridurre il campo di azione delle medesime Fondazioni, le quali (a pensar male, si sa...) non sono state probabilmente estranee alla temporanea defenestrazione di Tremonti, sostituito al Ministero dell’Economia da Siniscalco.
Storia vecchia, ma da non dimenticare, come dimostra l'estrema prudenza con cui il bleso ha trattato la questione una volta tornato in sella.
Già che parliamo di Tremonti e di gente che usa molto le mani nel parlare, mi viene da pensare a Brunetta, che con le sue manine costruisce architetture d'aria degne compagne di quelle, spesso anche meno solide, che costruisce con le parole.
Per non restare troppo lontano dalle pagine dei giornali, Brunetta ha deciso di difendere a spada tratta le frasi pronunciate domenica dal tizio decrepito.
Renato Brunetta è sempre quello che sostiene di aver rinunciato al Nobel per l’economia avendo preferito occuparsi di politica. Dubito che la maggioranza degli italiani lo consideri un gesto di altruismo e gli porti gratitudine, ma ammetto di poter sbagliare, anche se non lo credo affatto.
Su questo punto, però, tornerò più avanti. Veniamo, per ora, alla sua difesa del tizio decrepito, che prendiamo da un pezzo pubblicato ieri da Repubblica: http://www.repubblica.it/politica/2013/01/28/news/monti_berlusconi-51434728/?ref=search.
Buona stampa. Anche perché ci trovate altre chiacchiere in libertà di altri politici di varia appartenenza, chiacchiere nella maggior parte dei casi intrise del medesimo opportunismo di quelle del tizio decrepito. Tornando a quelle di Brunetta, bisogna dargli atto di superare quasi tutti gli altri lacchè nel tentativo di emergere nella difesa dell’indifendibile. Come perdere una simile occasione per guadagnare punti in classifica e sperare, in caso di vittoria del Pdl, di poter finalmente andare a sedere sulla poltrona occupata tanto a lungo dal suo acerrimo rivale 3Mounts. In fondo non ha mica torto, è pur sempre un mancato Nobel per l’economia. Sedicente mancato. Pover’uomo, a questo punto non lo potrà mai più ottenere. In Europa non sono così disposti a scherzare sulle dittature del secolo scorso, ma, se anche fossero disposti a perdonare le parole in difesa del tizio decrepito, in realtà a tenere Brunetta lontano dallo Sveriges Riksbanks pris i ekonomisk vetenskap till Alfred Nobels Minne sarà Brunetta stesso.
Come potrebbero mai, gli incaricati dall'Accademia Reale Svedese delle Scienze, conferirlo a uno che non sembrerebbe neppure in grado di far quadrare i propri conti personali? Leggete questa intervista che risale ai giorni in cui Brunetta aveva pensato bene di lamentarsi perché aveva problemi a pagare la rata finale dell’IMU (ammetto di averla serbata con tenerezza per un'occasione come questa): http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/politica/2012/11-dicembre-2012/brunetta-imu-non-ho-soldi-pagare-seconda-rata-2113116174601.shtml. Giusto per capirci, un signore che ha un reddito di quasi 280.000,00 euro l’anno si trova in difficoltà a pagare il saldo IMU di 7.000,00 euro (quando ci fu da pagare l’acconto Brunetta non si lamentò, quindi è presumibile che non abbia avuto problemi), un importo solo parzialmente imprevisto, giacché l’IMU è sì più onerosa e colpisce anche la prima casa, ma l’ICI non era poi così leggera… Il suo budget non regge a una spesa imprevista di circa l'1% del suo reddito? Credo ci sia di meglio per il Ministero dell’Economia. E il Nobel, per favore, lasciamolo a chi se lo merita e, soprattutto, a chi, se aspira a ottenerlo, lascia ad altri stabilire se sia degno di ottenerlo.

domenica 27 gennaio 2013

Non si sale se la meta è in basso...


Come possono essere i neuroni di un tizio decrepito? Decrepiti anche loro, evidentemente. E, probabilmente, anche un po’ diradati, come accade ai capelli. Quest’ultimi, però si possono rimpiazzare e tingere tutte le mattine con il lucido da scarpe. Anche le rughe si possono stirare e nascondere sotto il trucco. I risultati spesso sono men mediocri, come nel caso in questione, ma si può provare, a qualcuno si riesce a darla a intendere. I neuroni, purtroppo, quelli non si rimpiazzano e non si rimettono a nuovo. Quando se ne sono andati e i pochi rimasti non si relazionano più in modo corretto, allora si dicono cose che non stanno né in cielo né in terra (ho promesso di non scrivere le parolacce, anche se le penso).
Oggi il tizio decrepito più famoso che abbiamo in Italia ha fatto capire che non è decrepito soltanto l’involucro esterno. Vi rimando a La Stampa per la notizia: http://www.lastampa.it/2013/01/27/italia/politica/monti-al-memoriale-della-shoah-rischio-dell-antisemitismo-e-presente-jefY5r6dQqp1vzd7JxIXeO/pagina.html.
Buona stampa. In tutto l’articolo di Paolo Colonnello si percepisce lo sdegno che meritano affermazioni che, per l’appunto, sono assurdità intollerabili, dimostrazione di quanto in basso si è disposti ad arrivare pur di far parlare di sé in questa campagna elettorale che, come temevo, sta rivelando il degrado inarrestabile della nostra classe dirigente. Se cercate contenuti, programmi, proposte, troverete insulti, minacce, farneticazioni. Nessuno che si ricordi come, dopo le elezioni, chiunque risulterà vincitore dovrà governare il paese e cercare di rendere le condizioni di vita dei cittadini migliori delle attuali.
Con questa classe politica non ci possiamo aspettare nulla di buono. Sono ormai avulsi dalla realtà, vivono in un loro mondo che non ha nulla a che vedere con il nostro. E sono solo capaci di strillare. E strepiteranno e s’insulteranno anche il giorno successivo alle elezioni: non c’entra la competizione per ottenere il voto, non sanno fare altro.
E se non esiste una classe politica capace di governare (e non esiste), la sostituiscono, ben contenti di farlo, i burocrati e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Anziché servire i cittadini, l’amministrazione dello Stato, priva di controllo politico, si autoalimenta e sparge ovunque la ragnatela della propria inefficienza, non soltanto in modo casuale. Questo è il vero nodo da sciogliere, ma nessun politico ha le qualità per farlo. Neppure Monti, che, per salire in politica, sembra servirsi di una delle celebri scale rappresentate da Maurit Cornelis Escher nella sua opera Relativity (http://www.nga.gov/fcgi-bin/timage_f?object=54256&image=13392&c=ggescher). Probabilmente non è colpa sua, forse è mal consigliato e deve adeguarsi agli avversari, ma così sta dilapidando il suo indiscutibile patrimonio di autorevolezza. 

venerdì 25 gennaio 2013

Fa ridere, per l'appunto

Mi diverte sempre scoprirmi d'accordo con personaggi più importanti di me. Anche Giannelli, il vignettista del Corriere della Sera, sembra convinto che le parole di Bersani facciano ridere. Buon divertimento: http://www.corriere.it/foto_del_giorno/giannelli/13_gennaio_25/giannelli_c22d05f0-66b6-11e2-95de-416ea2b54ab7.shtml.
Buona stampa.

giovedì 24 gennaio 2013

Meglio tardi che mai?


Non posso, anche se forse lo vorrei, evitare di parlare della vicenda del Monte dei Paschi di Siena. Troverete da soli innumerevoli articoli che illustrano come la banca senese, durante la gestione di Mussari e Vigni, avrebbe posto in essere ripetute operazioni finanziarie altamente rischiose, la cui esistenza si sarebbe cercato di tenere nascosta sia agli organi sociali sia alle autorità di vigilanza e i cui effetti negativi si sarebbe tentato di occultare con altri investimenti ad alto rischio, anch’essi apparentemente non resi noti.
Quanto siano costati a Banca MPS questi investimenti non è ancora del tutto certo; si sa, invece, che per fa fronte alle proprie esigenze patrimoniali, l’istituto ha richiesto 3,9 miliardi di finanziamento allo Stato attraverso emissione di cosiddetti “Monti bonds”, strumenti assai costosi, versione riveduta di quelli inventati dal bleso della Valtellina, Tremonti. Senza questo sostegno statale, la sopravvivenza della più antica banca del mondo sarebbe a rischio.
Fine sulla questione tecnica, per approfondire la quale, come ho detto, potete trovare decine e decine di articoli sulla stampa non solo italiana.
Parliamo di aspetti che definirei collaterali, i quali però, francamente, a me sembrano persino più intriganti. E qui vi segnalo un articolo di oggi, tratto dalla costola toscana del Corriere della Sera:
Buona stampa. Anche perché mi piace l’ironia che percorre tutto il pezzo di David Allegranti. Non che sia difficile fare dell’ironia su questa vicenda, ma lui mi sembra farla bene.
Partiamo da Bersani. Mi vien da dire che la realtà supera la fantasia. Nemmeno agli autori di Crozza sarebbe venuta in mente una battuta come: “Il Pd fa il Pd, e le banche fanno le banche.”  Una battuta che s’inserisce meritatamente nella scia delle affermazioni sulle parentele di Ruby, per via della credibilità, e su quella delle domande del tipo “E allora siamo padroni di una banca?”, per quel che riguarda l’estraneità della politica alla gestione delle banche e in particolare di quelle maggiori (e sono quasi tutte) che, di fatto, sono in parte pubbliche poiché le Fondazioni ne possiedono quote molto importanti.
Mi sa che Bersani, informato che Prodi è stato il miglior leader del centrosinistra, sta cercando di imitarlo e di arrivare al 26 di Febbraio con la stessa solida maggioranza con cui il suo Maestro è arrivato alla guida del Governo nel 2006. Non credo che il tizio decrepito ringrazierà. Si fregherà le mani, questo è certo, ma non ringrazierà. Anche perché, se ho sentito bene una notizia data dal GR3 delle 13:45 di oggi, il tizio decrepito non intenderebbe dir nulla sulla vicenda del Monte Paschi perché nutrirebbe un particolare affetto per la banca senese. Immagino che, se vera la notizia e se la ricordo bene, si tratterebbe di un sentimento condiviso dalle ospiti delle cene eleganti, le quali sembra venissero pagate con i fondi personali del tizio decrepito presso una filiale dell’area milanese di MPS, gestiti dal suo uomo di fiducia (http://www.corriere.it/politica/11_marzo_19/altri-bonifici-auto-regalo-dal-premier-15-guastella-ferrarella_19d92d7c-51fd-11e0-a034-1db210fa1eaf.shtml).
In realtà lascia parlare i suoi lacchè e Bersani, tranquillo perché lavorano per lo stesso risultato.
Lasciamo perdere e parliamo di Mussari e del sistema bancario.
Avvocato di nemmeno quarant’anni (se ricordo bene era il 2001), pur non avendo particolare esperienza di banche e di finanza, fu insediato alla guida della Fondazione Monte dei Paschi, che controllava oltre il 50% della banca. Successivamente, forse perché insoddisfatto del modesto raggio d’azione consentitogli da quel ruolo, trovò modo di arrivare alla presidenza della banca, che già aveva nel proprio carniere catture sanguinarie (per il cacciatore, non per la preda) come la Banca del Salento (1999, prima dell'arrivo di Mussari), e dopo aver atteso il momento ideale, decise l’acquisto di Antonveneta dal Santander del quale vi ho già parlato e del quale trovate comunque molti resoconti nei quotidiani di questi giorni.
Sembra abbastanza evidente che Mussari non sarebbe stato all’altezza del compito, ma di questo si occuperanno la Magistratura e la storia, anzi la Storia. Io, però, qualcosa mi sento già di dire.
Il Mussari che si è dimesso due giorni fa dalla presidenza dell’Associazione Bancaria Italiana è esattamente lo stesso che aveva assunto l’incarico nel 2010 e che era stato confermato nel giugno dello scorso anno. Non sembrerebbe aver fatto gran che di nocivo tra il 2010 e l’altro ieri. Le sue presunte colpe (i comportamenti per i quali sarebbe oggetto di indagine e che lo avrebbero spinto alle dimissioni per evitare di danneggiare le istituzioni che rappresentava) risalirebbero in gran parte ad anni precedenti. Questo per pormi e porvi alcune domande. Mussari è diventato inadeguato a presiedere l’ABI il 22 Gennaio 2013 o lo era già nel 2010 e nel 2012? I suoi scrupoli morali, a quanto pare emersi improvvisamente due giorni fa, erano in vacanza nel 2010 e nel 2012? Ultima, e secondo me assai più grave, visto che mi sono già dato risposta alle due precedenti: è venuto a mancare qualche cosa in questo paese se una persona, che sembrerebbe avere sulla coscienza qualche bel macigno, ha ritenuto di continuare imperterrito la sua scalata al potere?
Anche a questa domanda io mi sono già dato una risposta. Voi trovate la vostra.

martedì 22 gennaio 2013

Stasera soltanto pozze di fango


L’editoriale del Corriere della Sera di oggi è affidato alla penna di Antonio Polito.
L’argomento è l’esclusione di Nicola Cosentino dalle liste del PDL in Campania. Polito si era già occupato della questione con un pezzo che soltanto nelle ultime ore è stato reso disponibile nella edizione on line (credetemi: lo tengo d’occhio da quando è uscito in cartaceo).
Buona stampa. Per il primo pezzo. Stampa così e così. Per quello di oggi.
L’articolo di sabato mi era apparso subito convincente e, infatti, speravo di proporvene la lettura già il giorno in cui era stato pubblicato. Il secondo, al contrario, mi sembra criticabile, sia pure non completamente.
A riguardo di quest’ultimo, dirò che non vedo un successo degli Italiani nell’esclusione di Cosentino dalle liste del PDL. Io vedo soltanto un’affermazione delle logiche assurde che governano le competizioni elettorali in Italia, ma anche altrove. Noi, come accade sovente, riusciamo a raggiungere livelli preclusi a tutti gli altri, ma non siamo soli a doverci confrontare con il dilagare di un agonismo che trascende ogni ragionevolezza. Detto altrimenti: non c’è dubbio che un partito aspiri a vincere le elezioni come un ciclista aspira a vincere il Tour de France, ma… Credo sia chiaro cosa intendo. L’attualità mi aiuta.
Tornando al pezzo odierno di Polito, osservo con piacere che anche lui sottolinea (non diversamente da quanto ho fatto io ieri) come sia la famigerata legge elettorale ancora in vigore a favorire il mercanteggiamento attorno alle candidature. E mi conforta trovarmi d’accordo con lui sul fatto che anche gli altri partiti non sono esenti da critiche in materia. Rimango, tuttavia, del tutto sconcertato nel vedere che giudica una nostra vittoria la sconfitta di Cosentino.
Cosentino (con la sua cerchia di amici) sarà anche stato sconfitto (e lo vedremo), ma noi non abbiamo vinto. Non abbiamo vinto perché, per esempio, in tutte le liste si trovano nomi che fanno accapponare la pelle. Per esempio: ci siamo liberati di Cosentino, ma abbiamo ancora Verdini, tanto per dire… Più in piccolo, ma comunque spiacevolmente urticante: Madame Ikea Anna Finocchiaro avrà senz’altro un seggio a Palazzo Madama.
E queste, mi sforzo ancora di essere elegante, sono soltanto quisquilie!
Il problema è che, a quasi un mese dalle elezioni, anche i giornali più autorevoli si occupano delle liste rubate, del fratello o del figlio di quel tale che si candida per un partito diverso da quello del famoso parente, di chi sta un posto sopra e di chi sta un posto sotto e via di seguito. In altre parole, uno sciocchezzaio patetico, che nulla ha che fare con i problemi del paese. Non credo di esagerare se sostengo che politica e stampa sono ormai completamente fuori dalla realtà e che la classe dirigente italiana è del tutto inadeguata e connivente.
Vorrei concludere con una nota positiva. Non ci riesco proprio. E non mi va di sprecare buona musica questa sera. Mi conviene tenere fieno in cascina.

lunedì 21 gennaio 2013

Pozze di fango e mare azzurro


Non è che io sia stato tanto impegnato da non poter né leggere né scrivere per una settimana: ero solo annichilito dall’assurda recita cui hanno dato vita i partiti nella formazione delle liste dei candidati. Una recita ancora in corso, perché il termine di presentazione scade tra poche ore.
Definire quello cui abbiamo assistito e cui stiamo ancora assistendo un mercato delle vacche sarebbe offensivo per i mercati delle vacche.
E non c’è nessuno cui sia consentito dire di essere rimasto estraneo all’indecoroso commercio.
Non i movimenti che vorrebbero proporsi come portatori del nuovo, abbeverati lungamente alla sacra sorgente dell’antipolitica.
Non il PD, che ha fatto ricorso alle primarie, salvo poi rimangiarsi in diversi casi l’esito delle medesime e garantire al Segretario Bersani la possibilità di assegnare un po’ di posti sicuri a persone di sua scelta, tra le quali, guarda caso, alcuni storici esponenti del partito, personaggi ormai insopportabili per la durata incredibilmente (e immeritatamente) lunga della loro carriera politica. Che poi, come sostengono loro, gli esponenti del PD siano tutti immacolati, non se la beve nessuno.
Neppure Mario Monti, che vanta, a ragione, una personale netta diversità rispetto ai politici di professione, ma che si è scelto compagni di strada che sono per l’appunto politici di professione, tra l’altro alcuni di quelli che, è la mia opinione ovviamente, si sono rivelati inetti quando non addirittura dannosi.
Non faccio nomi, né per i movimenti sedicenti portatori di novità, né per il PD, né per il raggruppamento che ha in Monti il proprio leader. Mi pare, invece, indispensabile sottolineare come tutto quanto accade attorno alle liste è una delle conseguenze peggiori della legge definita porcellum.
Qualcuno, a questo punto, si chiederà forse perché io non abbia parlato di uno dei principali partiti… E già, non ho parlato del PDL. E la ragione è che (naturalmente si tratta sempre di una mia opinione) il partito presieduto dal tizio decrepito è quello che sta dando il peggio nella formazione delle liste elettorali. Già lascia abbastanza sconcertati che, tra le figure chiave nel decidere i candidati, oltre al tizio decrepito, ci sia Verdini (http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/cronaca/2012/17-dicembre-2012/verdini-accusa-diventa-bancarotta-fraudolenta-2113205055479.shtml e http://www.lastampa.it/2013/01/20/italia/politica/perche-io-no-e-verdini-si-scajola-si-autosospende-ma-e-pronto-alla-guerra-bFdmkbNnJhRmh5MkyXUqtN/pagina.html).
Cronaca, nessun voto per tutti gli articoli.
Quale sarà la ragione di tanto attaccamento al posto di deputato o senatore? Quali saranno gli immensi benefici che costoro si propongo di dare all’Italia e agli Italiani (dopo non averne dato nessuno per una o più legislature)? Ammesso, e nient'affatto concesso, che tale sia il loro scopo, non possono proprio pensare di dare un contributo al futuro del paese senza occupare uno scranno generosamente retribuito dalle casse pubbliche?
Basta. Ho già detto abbastanza.
Parliamo di Cesária Évora, un’eccezionale cantante originaria di Capo Verde, l'arcipelago, un tempo colonia portoghese, nel quale è nata una corrente musicale (morna) incredibilmente ricca e fantasiosa, dotata di una spiccata identità.
Potete trovare qualche notizia in più riguardo a Cesária su Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Cesaria_Evora).
Il primo brano che vi suggerisco è Carnaval De Sao Vicente, nel quale la malinconia tipica della musica capoverdiana lascia spazio a una trascinante allegria.


Passiamo a Mar Azul, un brano che rappresenta un esempio perfetto della morna. Anche questa è un'esecuzione dal vivo.


Chiudiamo con Paraiso De Atlantico, dedicato com'è evidente, al suo piccolo paese.


lunedì 14 gennaio 2013

Di certi possiamo benissimo fare a meno


La ragione per cui me ne sono rimasto silenzioso per un paio di giorni è che, nelle vicende italiane, trovo sempre più motivi per arrabbiarmi e anche per radicalizzare il mio pessimismo.
Cominciamo dall’economia e da un po’ lontano. Sul Sole 24 Ore di giovedì, Roberto Perotti analizzava, senza offrire grandi speranze, i meccanismi che ostacolano la riduzione della spesa pubblica italiana: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-01-10/perche-fanno-tagli-spesa-063551.shtml?uuid=Ab7xdqIH&fromSearch.
Buona stampa.
E’ un articolo che, tra l’altro, aiuta a capire due cose: chiunque vinca le elezioni avrà un compito imponente per incidere sulla spesa pubblica e, aspetto più importante, le promesse di riduzione delle tasse, così come vengono articolate, costituiscono una minaccia molto seria per la tenuta dei conti pubblici nei prossimi anni. Io non credo che esista in nessuno schieramento politico la volontà di cambiare radicalmente il modo di operare dello Stato e degli Enti locali, condizione senza la quale la spesa resterà sostanzialmente immodificabile. E ritengo che ancor più ostili a una riforma in questo campo siano i sindacati. Quanto poi alla burocrazia pubblica…
E qui veniamo a un articolo di oggi: l’editoriale del Corriere della Sera, firmato da Ernesto Galli della Loggia, il quale indica nell’ipotetico rinnovamento della classe politica (apparentemente ricercato da tutti i partiti “storici”) un motivo di preoccupazione, giacché verrebbero a mancare individui che hanno l’esperienza e la conoscenza necessarie per far funzionare adeguatamente il Parlamento e il Governo. Questo il link: http://www.corriere.it/editoriali/13_gennaio_14/equivoci-antipolitica_c3595e66-5e13-11e2-8040-f298aabecc61.shtml.
Stampa così e così. L’impianto dell’articolo mi sembra condivisibile, ma non mi convince l’approccio un po’ drastico, che induce quasi a pensare che Galli della Loggia preferisca continuare a vedere all’opera certi personaggi di cui, francamente, avremmo dovuto liberarci da molto tempo.
Parliamo, ad esempio, dei Presidenti di Camera e Senato: nella logica di Galli della Loggia credo siano da considerare persone esperte dei meccanismi parlamentari e statali e, quindi, risorse da mantenere in servizio anche per la prossima legislatura.
Per me, Fini e Schifani dimostrano, al contrario, quanto la classe politica affermatasi negli ultimi quindi anni sia priva delle qualità necessarie per svolgere adeguatamente i propri compiti. Il mancato funzionamento del Parlamento, che tutti lamentano, avrà pure dei responsabili. Sono il primo a riconoscere quanto peso, a riguardo, abbiano avuto le tattiche dilatorie dei partiti, pronti a far arenare qualsiasi provvedimento sgradito. Mi pare, tuttavia, che i Presidenti di Camera e Senato, di fronte a questo stato di cose, si siano limitati a qualche timida e frettolosa protesta e non abbiano fatto alcunché per cambiare la situazione. Le dimissioni sarebbero state un gesto assai più significativo dei pavidi richiami per l’eccessivo ricorso ai decreti da parte dei Governi.
E non parliamo della sfilza d’impegni non mantenuti sui costi del Parlamento. Detto fuori dai denti, Fini e Schifani non dovrebbero essere ricandidati. E mi spiace molto che il Professor Monti non abbia saputo farsi valere nel suo schieramento.
Lasciando questi due casi particolari, se andiamo a guardare come si vanno formando le liste e a leggere i nomi di alcuni candidati, allora è anche più difficile dare ragione a Galli della Loggia.
Perché non pensiate che faccio affermazioni aprioristiche, ecco un paio di articoli sul tema (che si aggiungono a quello segnalato venerdì). E li prendo da quotidiani assai distanti: il primo è un pezzo di Sallusti, da Il Giornale di ieri (http://www.ilgiornale.it/news/interni/bersani-ora-ha-paura-scappa-berlusconi-e-confronto-tvdalla-874325.html), il secondo è di Ottavio Lucarelli da Repubblica, sempre di ieri (http://napoli.repubblica.it/cronaca/2013/01/13/news/cosentino_cesaro_milanese_il_pdl_candida_gli_inquisiti-50415571/).
Immagino che anche Galli della Loggia sia dell’avviso che si potrebbero scegliere persone migliori con criteri meno discutibili.

venerdì 11 gennaio 2013

Buon sangue non mente


Ieri sera mi sono fatto del male e ho guardato la trasmissione del giornalista più pagato del mondo in rapporto alla qualità del suo lavoro, nella quale era ospite il tizio decrepito. Uno spettacolo squallido. Un’altra scurrile prova di come questo paese sia avviato verso un declino senza speranze, alimentato da ogni componente della cosiddetta (e sedicente) classe dirigente, alla quale interessa nulla del futuro degli italiani, ma solo il proprio presente e la propria presente convenienza.
Un commento abbastanza adeguato è quello di Aldo Grasso sul Corriere di oggi, che, tuttavia, dedica all’evento, nell'edizione stampata, uno spazio del tutto ingiustificato http://www.corriere.it/politica/13_gennaio_11/20130111NAZ48_NAZ01_44_19946074-5bb6-11e2-b348-07f13d8a1ca0.shtml.
Buona stampa. Per Aldo Grasso. Mala stampa. Per il maggiore quotidiano italiano che mi sembra avvitarsi in un circolo vizioso alla ricerca di una facile audience.
Buona stampa. Il modo in cui i partiti gestiranno le scelte dei candidati la dirà molto lunga sulle reali intenzioni dei loro leader. E anzi già abbiamo molto indizi preziosi, come ci spiega Folli.
Non ho altro da aggiungere. Anzi no, per non correre il rischio di essere frainteso, vi segnalo questa notizia: http://www.lastampa.it/2013/01/11/italia/politica/l-ex-stelle-favia-corre-con-ingroia-mpp51cD1CYnMV88wH7qrcI/pagina.html.
Cronaca, nessun voto. Quanto alla figlia di Craxi… cosa volete che dica? Provo a cavarmela con una battuta: mi pare che la genetica sia una condanna sufficiente.

mercoledì 9 gennaio 2013

Vergognarsi? Quei due certamente no


Cronaca, nessun giudizio, salvo apprezzare molto, anzi moltissimo le parole del Presidente Napolitano e del Ministro Severino. Mortificazione e avvilimento sono certamente i sentimenti che prova chi, come loro (per quanto hanno detto e fatto) e i comuni cittadini italiani, non ha responsabilità riguardo al trattamento incivile cui sono sottoposti i carcerati nel nostro paese.
Altri, che sono sicuramente ben lungi dal sentirsi mortificati e avviliti, dovrebbero vergognarsi, ma ciò è manifestamente impossibile. Parlo dei membri del Parlamento italiano che, tra le tante, anche di questa questione hanno preferito non occuparsi, presi evidentemente da altro. E più ancora dei deputati e dei senatori, la più profonda e irrimediabile vergogna dovrebbero provarla coloro che della Camera e del Senato sono le massime autorità. Già, dimenticavo, le massime autorità della Camera e del Senato sono Fini e Schifani. Da loro non c’è da aspettarsi niente, figuriamoci la vergogna per l’inefficienza degli organi che hanno guidato per quasi quattro anni. Fini e Schifani sono quelli che avevano promesso solennemente di ridurre in modo drastico i costi del Parlamento entro il 31 gennaio. Del 2012, non del 2013… Avete visto qualcosa?
Lasciamo perdere, anche se su Fini forse torneremo, magari passando da Montecarlo.
Restando sulla condanna della Corte di Strasburgo, mi pare che, come accade quasi sempre, meriti di essere letto cosa ne scrive Stefano Folli sul 24 Ore di oggi: (http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-01-09/questione-carceri-irrompe-campagna-074315.shtml?uuid=Ab6ZlXIH).
Buona stampa.
Nella stessa pagina dell’edizione stampata del 24 Ore, Roberto D’Alimonte analizza i possibili risultati del voto al Senato: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-01-09/duello-regioni-chiave-tutti-141930.shtml?uuid=AbliQfIH&fromSearch.
Buona stampa. D’Alimonte è preciso e chiaro in una materia che, per natura, è fumosa e incerta. Forse perché i numeri li studia e non li da…
Delle prossime elezioni, purtroppo per voi e per me, si parlerà ancora. Spero di riuscire a farlo con un’idea che vi piacerà.
Passiamo alla musica e mi sembra doveroso, dopo aver molto privilegiato il jazz e il rock, dare spazio alla musica classica. Ascoltiamo il Concerto per oboe di Vincenzo Bellini che, se non sbaglio, ha avuto maggior successo nelle esecuzioni con la tromba al posto dello strumento previsto originariamente. In questo caso il solista è il trombettista francese Maurice Andrè, del quale tra poche settimane cadrà il primo anniversario della morte (http://it.wikipedia.org/wiki/Maurice_Andr%C3%A9).



domenica 6 gennaio 2013

Vi passerà l'appetito?


Oggi ho deciso di lasciar perdere i quotidiani italiani, ai quali ho forse dedicato troppo tempo (con ovvi effetti collaterali sull’umore), e di riprendere a vagabondare tra i siti di quelli in lingua inglese. E subito, come altre volte in passato, ho notato nei grandi newspaper di tradizione anglosassone l’assenza di quella che viene da molti chiamata la “colonna infame”. Alludo allo spazio, solitamente in verticale sul lato destro dell’edizione on line dei quotidiani italiani, riservato al pettegolezzo e alle vicende delle cosiddette celebrità.
Fate una verifica anche voi. E non considerate soltanto i santuari della stampa inglese, quali The Times, The Financial Times e The Guardian, e di quella americana, ossia The New York Times, The Washington Post, The Los Angeles Times e The Wall Street Journal. Fate un giretto anche dalle parti di Toronto con The Globe and Mail (http://www.theglobeandmail.com/), di Hong Kong con The South China Morning Post (http://www.scmp.com/), di Sydney con The Sydney Morning Herald (http://www.smh.com.au/) e di Auckland con The New Zealand Herald (http://www.nzherald.co.nz/). Tutti questi quotidiani, i santuari e gli altri meno celebrati, ritengono di non dover rifilare ai loro lettori pseudo notizie relative a pseudo personaggi. E, guardando alla questione da un altro punto di vista, non cercano facile successo rivolgendosi alle parti basse dell’individuo. Questo, purtroppo, non accade nei nostri quotidiani, anche quelli dei quali saremmo portati a essere orgogliosi.
Io qualche idea me la sono fatta sul perché il Corriere e La Stampa, giusto per fare due nomi, non seguano l’esempio dei colleghi di New York o di Hong Kong, ma, per ora, preferisco che, se ne avete voglia, ci pensiate sopra per conto vostro.
Veniamo al tema principale di questo post, ossia un articolo che ho trovato su The Guardian e dedicato a un argomento che mi sta particolarmente a cuore, ossia il cibo. In realtà, il cibo è soltanto uno dei temi di questo pezzo abbastanza denso, interessante e anche un po’ inquietante. Il complesso legame tra scienza, agricoltura e alimentazione è e sarà sicuramente uno dei grandi problemi dell’umanità. Ed è un tema che, come sovente accade, suscita grandi scontri ideologici, quel genere di confronto che esclude qualsiasi intesa e che, in definitiva, rende difficile capire e scegliere la strada migliore per tutti.
Ci sono troppi egoismi e troppi pregiudizi, oltre che interessi economici e politici, che impediscono di affrontare la questione della modificazione genetica dei prodotti agricoli e dei vantaggi e svantaggi che essa potrebbe portare nella nostra vita (nostra nel senso di uomini, tutti gli uomini, non solo quelli dei paesi ricchi).
Uno di questi scontri ideologici si è verificato nel 2012 in Italia e ha riguardato la produzione del mais che, per le condizioni climatiche particolarmente secche e calde dello scorso anno, alla raccolta presentava quasi ovunque, ma in particolare nell’area della Pianura Padana (che è quella a più alta produttività mondiale), un carico di aflatossine (http://www.treccani.it/enciclopedia/micotossina/ e http://it.wikipedia.org/wiki/Aflatossina) superiore al livello consentito nel nostro paese, ma inferiore a quello previsto dalla normativa della UE. Non voglio annoiarvi con la cronaca puntigliosa di quel che ne è seguito. Basti dire che si è innescato uno scontro tra associazioni di categoria e autorità pubbliche e, più grave, tra le associazioni di categoria (evidentemente più interessate a farsi la guerra che non a tutelare realmente gli interessi degli agricoltori e dei consumatori) che ha portato alla sostanziale paralisi del mercato del mais per molti mesi e a seri problemi economici e finanziari di tutta la filiera che, probabilmente, si faranno sentire anche per i prossimi anni. Anche su questo non vi darò la mia opinione, ma lascerò che voi formiate autonomamente la vostra, magari andando a cercare ulteriori notizie, così da capire i meccanismi interessati e i rischi di varia natura che questi temi comportano.
Torniamo all’articolo di The Guardian, lo potete leggere qui: http://www.guardian.co.uk/science/2013/jan/05/the-future-of-food.
Buona stampa.

sabato 5 gennaio 2013

Casse di risparmio?


Sul Sole 24 Ore di oggi, nella rubrica Parterre dedicata alle vicende delle società quotate in borsa, ho trovato un articoletto interessante, che rimanda a uno, presumibilmente più corposo, del Wall Street Journal, che però non è disponibile per chi, come me, non è abbonato al quotidiano americano.
Stringi stringi, il punto è questo: Bankia, la banca spagnola creata nel 2010 facendo confluire in essa sette casse di risparmio piuttosto malandate, è pronta al tracollo esattamente come gli istituti da cui è nata. Dietro questo dato di fatto, in realtà piuttosto prevedibile (perché, anche nel mondo bancario, le operazioni stile Barone Frankenstein difficilmente producono risultati positivi) c’è la gestione disinvolta di un sistema, quello delle casse di risparmio spagnole, asservito al sistema politico. E, infatti, spiega il Wall Street Journal, le azioni intraprese dai risparmiatori spagnoli (che si ritrovano fra le mani titoli di Bankia che valgono frazioni risibili di quanto li hanno pagati) difficilmente colpiranno i responsabili del disastro, in primo luogo l’ex presidente Rodrigo Rato, un passato da vicepremier con Aznar. Questo perché, ovviamente, a nessuno schieramento politico interessa che si faccia chiarezza sullo scandalo, anzi. A riprova del fatto che in Spagna i partiti si sono seduti tutti alla tavola delle casse di risparmio e si sono abbondantemente ingozzati.
Ho sbagliato, dovevo scrivere a: a riprova del fatto che, ANCHE in Spagna,…
E già, perché non è che dalle nostre parti il sistema delle fondazioni bancarie (che sono l’invenzione politica per far sopravvivere un sistema dopo che le casse di risparmio erano diventate, si fa un po’ per dire, banche come le altre) sia così virtuoso e non abbia le sue belle gatte da pelare.
A parte il caso limite della Fondazione Monte Paschi e della Banca Monte Paschi, entrambe assai malmesse, ci sono condizioni di malessere diffuso, tanto che gran parte delle fondazioni ha dovuto ridurre, e molto, la distribuzione di fondi nei territori di attività (loro scopo primario) e anche allentare la presa sulle banche (apparentemente private) di cui sono azionisti importanti (IntesaSanPaolo e Unicredit tra tutte).
Mi piacerebbe che, come più volte sollecitato da Luigi Zingales, Mario Monti trovasse un po’ di spazio nella sua agenda per eliminare questo subdolo strumento con cui la politica continua a mantenere una presa salda sull’economia, anche e soprattutto attraverso la Cassa Depositi e Prestiti, emanazione delle Fondazioni e del Ministero dell’Economia e una specie di nuova IRI, con la quale si sono attenuati, se non annullati, gli effetti della breve e pavida stagione delle privatizzazioni. Vedremo se Monti avrà il coraggio di agire su questo fronte, di certo non aspettiamoci che lo facciano gli altri. Tra i tanti scopi non detti delle fondazioni c’è, infatti, quello di offrire poltrone da distribuire…
In questo settore, però, non siamo in compagnia dei soli spagnoli: anche la Germania ha le sue belle gatte da pelare. Le banche locali tedesche, infatti, sono anch’esse terra di conquista della politica e non godono di buona salute. Intendiamoci, il fatto che anche i primi della classe abbiano scheletri nell’armadio non mi sembra una consolazione: non credo esista un proverbio meno sensato di quello che sostiene essere il male comune un mezzo gaudio.
Anzi, il fatto che le Landesbanken navighino in cattive acque e che i politici tedeschi non vogliano controlli di enti terzi è all’origine dei ritardi e dei limiti di competenza con cui si sta trasferendo alla BCE il controllo sul sistema bancario dei paesi dell’Eurozona.
Non ho parlato delle vicende politiche in Italia, o ne ho parlato molto poco, chissà perché? Chissà, magari non volevo farvi (e farmi) arrabbiare...
Mi nasconderò con piacere dietro lo schermo meraviglioso della musica.
Gli ultimi pezzi che vi ho fatto ascoltare erano le versioni jazz di due brani di diversa origine.
One Day I’ll Fly Away, infatti, è una canzone scritta nel 1980 e portata al successo da Randy Crawford, una delle migliori interpreti di quel territorio fertile che sta ai confini del blues, funky, jazz e altro (http://en.wikipedia.org/wiki/One_Day_I%27ll_Fly_Away).
Mi sembra giusto farvi sentire la versione originale, perché Randy Crawford è davvero brava e ha una voce importante.


La seconda canzone che vi suggerisco di ascoltare è quella di Clapton interpretata splendidamente dal sassofono di Joshua Redman. Anche riguardo a Tears in Heaven trovate informazioni su Wikipedia (http://en.wikipedia.org/wiki/Tears_in_Heaven). Ve ne propongo due versioni, quella di Eric Clapton


e quella, servita a raccogliere fondi a favore delle vittime dello tsunami del 24 dicembre 2004, interpretata da un folto gruppo di grandi nomi del pop.


Qui potete trovare il testo scritto da Will Jennings: http://www.azlyrics.com/lyrics/ericclapton/tearsinheaven.html.

martedì 1 gennaio 2013

Dubbi e auguri


Non so ancora esprimere un’opinione netta sul progetto politico di Mario Monti. I miei tre lettori sanno che sono suo estimatore, ma sanno anche che ciò non m’impedisce di considerare gli errori compiuti come Presidente del Consiglio e i limiti del Governo da lui presieduto. A oggi, francamente, mi sembrano prevalere i motivi per giudicare negativamente la sua iniziativa politica, un giudizio che risente più della compagnia con cui si è messo in viaggio che degli obiettivi.
D’altra parte, l’accanimento con il quale Monti è oggetto di attacchi da ogni dove, da Bersani al tizio decrepito, da Grillo a Maroni, mi sembra dimostrare che tutti lo temono e temono il percorso che vorrebbe far fare all’Italia nel caso in cui ottenesse un riconoscimento significativo alle prossime elezioni.
Un contributo per capire cosa ci dovremmo aspettare come effetto positivo della/e Lista/e Monti lo trovo in due articoli, uno di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, l’altro di Michele Salvati, pubblicati ieri sul Corriere della Sera: http://www.corriere.it/editoriali/12_dicembre_31/patrimoniale-nelle-urne_c5ad12cc-531c-11e2-9db6-5f0af8902a56.shtml e http://www.corriere.it/opinioni/12_dicembre_31/salvati-ragioni-crisi-bipolarismo_53c331fa-532b-11e2-9db6-5f0af8902a56.shtml.
Buona stampa.
Veniamo alla musica e sfrutto una ricorrenza per farvi ascoltare la voce di una brava cantante americana (non fatevi ingannare dal nome, è nata negli Stati Uniti, per la precisione in Georgia), di cui vi ho già parlato: Madeleine Peyroux. Oggi è il suo compleanno, la festeggiamo dando spazio a due sue interpretazioni.
Cominciamo con Summer Wind, un brano che deve gran parte della sua popolarità al fatto che fu cantato da Frank Sinatra (http://en.wikipedia.org/wiki/Summer_Wind). La versione della Peyroux è tratta dall’album Half the Perfect World del 2006.


Passiamo a una canzone eseguita dal vivo più di recente, si tratta di un brano scritto dalla stessa cantante, la quale ne sottolinea la natura autobiografica, sostenendo che “c’è tutta la sua vita”. Don’t Wait Too Long, registrata nel 2009 a Los Angeles.


Buon compleanno a Madeleine Peyroux e Buon 2013 ai miei tre lettori.