domenica 15 febbraio 2015

Di cosa stiamo parlando


E’ ovvio e doveroso provare solidarietà per il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che ha attirato su di sé le minacce dei fanatici criminali dell’Isis solo perché ha additato il pericolo costituito dai successi dei seguaci del sedicente califfato in Libia. E, tuttavia, non riesco a non pensare che, forse, Gentiloni ha parlato troppo e troppo presto.
Ci mancherebbe che il diffondersi del fanatismo islamico a poche centinaia di chilometri dalle nostre coste non fosse motivo di preoccupazione e, da parte di politici adeguati, non comportasse la predisposizione di tutte le misure necessarie per evitare il peggio. Il mio dubbio è che né Gentiloni né nessun altro, a Roma come a Bruxelles come a Berlino e, men che meno, a Parigi, sappia da che parte cominciare e che, se mai lo sapesse, sarebbe in grado di proporre soluzioni realistiche.
Evocare un intervento sotto l’egida dell’Onu è, coi tempi che corrono, programmazione a lungo termine e, come diceva Keynes, nel lungo termine saremo tutti morti. Ammesso e non concesso che, nel Consiglio di Sicurezza, Cina e Russia decidessero di non porre il veto… E che fosse possibile convincere qualche nazione a fornire le truppe necessarie a fronte di qualche mercede.
E anche a voler essere ottimista e ipotizzare che l’Onu decidesse per una missione dei Caschi blu nel volgere di pochi giorni, che genere di missione sarebbe?
Temo che non si sappia di cosa stiamo parlando.
Abbiamo voglia di inviare droni e bombardieri e i soldati di chissà quale Stato per fermare il diffondersi delle milizie che, giorno dopo giorno, conquistano terreno dall’Algeria all’Iraq, dall’Egitto al Kenya.
Immagino che Sergio Romano suggerirà di chiedere a Putin d’inviare i reduci russi di Donetsk per riconquistare Sirte o di chiedere a Khamenei di prestarci qualche migliaio di Pasdaran per evitare che i vessilli neri dell’Isis sventolino anche a Misurata o a Erdogan di distogliere soldati dai territori curdi per spedirli in Tripolitania. Dubito che l’idea abbia qualche probabilità di successo. E mi pare persino più difficile che Gentiloni o Salvini propongano al Presidente della Repubblica Mattarella di rimangiarsi l’abolizione della leva obbligatoria per arruolare decine di migliaia di giovani italiani da spedire con decine di migliaia di colleghi francesi e tedeschi, belgi e danesi, spagnoli e ungheresi a combattere sulle sabbie del Nord Africa e del Medio Oriente, con le ovvie conseguenze che ciò avrebbe sul reclutamento da parte dell'Isis e delle altre formazioni dell'integralismo islamico. 
Perché è di questo che si deve parlare. Oppure è meglio tacere.
Buona notte e buona fortuna.

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