domenica 6 gennaio 2013

Vi passerà l'appetito?


Oggi ho deciso di lasciar perdere i quotidiani italiani, ai quali ho forse dedicato troppo tempo (con ovvi effetti collaterali sull’umore), e di riprendere a vagabondare tra i siti di quelli in lingua inglese. E subito, come altre volte in passato, ho notato nei grandi newspaper di tradizione anglosassone l’assenza di quella che viene da molti chiamata la “colonna infame”. Alludo allo spazio, solitamente in verticale sul lato destro dell’edizione on line dei quotidiani italiani, riservato al pettegolezzo e alle vicende delle cosiddette celebrità.
Fate una verifica anche voi. E non considerate soltanto i santuari della stampa inglese, quali The Times, The Financial Times e The Guardian, e di quella americana, ossia The New York Times, The Washington Post, The Los Angeles Times e The Wall Street Journal. Fate un giretto anche dalle parti di Toronto con The Globe and Mail (http://www.theglobeandmail.com/), di Hong Kong con The South China Morning Post (http://www.scmp.com/), di Sydney con The Sydney Morning Herald (http://www.smh.com.au/) e di Auckland con The New Zealand Herald (http://www.nzherald.co.nz/). Tutti questi quotidiani, i santuari e gli altri meno celebrati, ritengono di non dover rifilare ai loro lettori pseudo notizie relative a pseudo personaggi. E, guardando alla questione da un altro punto di vista, non cercano facile successo rivolgendosi alle parti basse dell’individuo. Questo, purtroppo, non accade nei nostri quotidiani, anche quelli dei quali saremmo portati a essere orgogliosi.
Io qualche idea me la sono fatta sul perché il Corriere e La Stampa, giusto per fare due nomi, non seguano l’esempio dei colleghi di New York o di Hong Kong, ma, per ora, preferisco che, se ne avete voglia, ci pensiate sopra per conto vostro.
Veniamo al tema principale di questo post, ossia un articolo che ho trovato su The Guardian e dedicato a un argomento che mi sta particolarmente a cuore, ossia il cibo. In realtà, il cibo è soltanto uno dei temi di questo pezzo abbastanza denso, interessante e anche un po’ inquietante. Il complesso legame tra scienza, agricoltura e alimentazione è e sarà sicuramente uno dei grandi problemi dell’umanità. Ed è un tema che, come sovente accade, suscita grandi scontri ideologici, quel genere di confronto che esclude qualsiasi intesa e che, in definitiva, rende difficile capire e scegliere la strada migliore per tutti.
Ci sono troppi egoismi e troppi pregiudizi, oltre che interessi economici e politici, che impediscono di affrontare la questione della modificazione genetica dei prodotti agricoli e dei vantaggi e svantaggi che essa potrebbe portare nella nostra vita (nostra nel senso di uomini, tutti gli uomini, non solo quelli dei paesi ricchi).
Uno di questi scontri ideologici si è verificato nel 2012 in Italia e ha riguardato la produzione del mais che, per le condizioni climatiche particolarmente secche e calde dello scorso anno, alla raccolta presentava quasi ovunque, ma in particolare nell’area della Pianura Padana (che è quella a più alta produttività mondiale), un carico di aflatossine (http://www.treccani.it/enciclopedia/micotossina/ e http://it.wikipedia.org/wiki/Aflatossina) superiore al livello consentito nel nostro paese, ma inferiore a quello previsto dalla normativa della UE. Non voglio annoiarvi con la cronaca puntigliosa di quel che ne è seguito. Basti dire che si è innescato uno scontro tra associazioni di categoria e autorità pubbliche e, più grave, tra le associazioni di categoria (evidentemente più interessate a farsi la guerra che non a tutelare realmente gli interessi degli agricoltori e dei consumatori) che ha portato alla sostanziale paralisi del mercato del mais per molti mesi e a seri problemi economici e finanziari di tutta la filiera che, probabilmente, si faranno sentire anche per i prossimi anni. Anche su questo non vi darò la mia opinione, ma lascerò che voi formiate autonomamente la vostra, magari andando a cercare ulteriori notizie, così da capire i meccanismi interessati e i rischi di varia natura che questi temi comportano.
Torniamo all’articolo di The Guardian, lo potete leggere qui: http://www.guardian.co.uk/science/2013/jan/05/the-future-of-food.
Buona stampa.

Nessun commento:

Posta un commento