venerdì 25 settembre 2015

Quanta Italia c'è in un'auto Volkswagen?

Lo scandalo della Volkswagen, secondo la maggior parte dei commentatori, mette in crisi il sistema industriale della Germania perché ne indebolisce le fondamenta e le relazioni politiche e sociali che lo hanno governato dal 1945 e, a livello internazionale, pone in discussione la leadership tedesca in Europa. Il tutto accompagnato, quasi certamente, da un calo delle vendite dei produttori di auto tedeschi e, conseguentemente, un rallentamento dell’economia del Paese che si tradurrà a sua volta in un indebolimento della già fragile crescita europea, fortemente dipendente dai successi commerciali della maggiore potenza continentale.

Che il responsabile dell’azienda che ha causato tutto questo se ne vada in pensione con una somma francamente esorbitante è solo la classica ciliegina sulla torta o, se preferite, fa di noi cittadini europei i proverbiali "becchi e bastonati".
Vediamo un po’ di articoli, con la precisazione che deliberatamente non seguo l’ordine cronologico. Cominciamo da Adriana Cerretelli che su Il Sole 24 Ore di oggi illustra puntigliosamente (come di consueto) le conseguenze a livello europeo: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-09-25/se-europa-conta-danni-caduta-tedesca-071529.shtml?uuid=ACFejS4.
Buona stampa.
Dal Financial Times (con la solita riserva sull’accessibilità in assenza di abbonamento) vi propongo un articolo che illustra come lo scandalo Volkswagen abbia spinto i tecnici a riconsiderare la qualità dei test antinquinamento: https://next.ft.com/content/d812543c-6303-11e5-9846-de406ccb37f2.
Buona stampa. Coloro che hanno creato il sistema dei controlli, invece, mi sembrano piuttosto criticabili, anche alla luce delle osservazioni di Cerretelli sulle pressioni tedesche in materia di normativa europea antinquinamento. Sembra di poter dire che la stalla verrà chiusa ben dopo che i buoi sono scappati…
Anche un economista tedesco, Wolfgang Münchau, ha fatto delle riflessioni abbastanza amare sull’impatto che questa vicenda avrà sul modello economico della sua nazione. L’articolo è tratto dal Corriere della Sera di oggi: http://www.corriere.it/opinioni/15_settembre_25/crollato-cartello-industria-stato-c98eed1a-6350-11e5-9954-7c169e7f3b05.shtml#.
Buona stampa. Non mi consola e non mi rallegra per niente il fatto che Münchau scriva queste parole: “In Germania, si dice spesso che in Italia il legame tra politica ed economia sia molto stretto e che tutto sia gestito sottobanco” e poi sottolinei che, alla prova dei fatti, nel suo Paese le cose non vanno certamente meglio. Mi piacerebbe che il rapporto tra politica ed economia fosse più trasparente ovunque.
Chiudiamo con un articolo di ieri, tratto da Il Sole 24 Ore e scritto da Luigi Zingales, mio brillante concittadino. Ecco il collegamento: http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-09-24/l-occasione-cambiare-davvero-103712.shtml?uuid=AC1EWn3&fromSearch.
Buona stampa. Sottolineo volentieri il passaggio in cui Zingales pone in rilievo l’uso improprio che è stato fatto sovente delle parole di Milton Friedman, economista di cui si è affermata, almeno in Italia, un’immagine che non corrisponde alla realtà del suo pensiero. Ecco il brano su di lui: “In molti ricordano la famosa frase di Milton Friedman che l’unica responsabilità sociale di un’impresa è di fare profitti. In pochi rammentano che la frase non finiva lì. Con lungimiranza Friedman aggiungeva «fintanto che (un'impresa) rimane all'interno delle regole del gioco, vale a dire, si impegna in una concorrenza aperta e libera senza inganno o frode»”.
E anche queste parole di Zingales meritano di essere evidenziate: “Quello che è più sorprendente è che l’amministratore delegato abbia sperato di sopravvivere al suo posto. È vero che – a differenza di molte imprese che di fronte ad accuse di frode e corruzione cercano di coprire invece che di scoprire i loro errori – Volkswagen si è comportata correttamente. Ha nominato una commissione indipendente ed ha fatto pubblica ammenda. Ma l'amministratore delegato o sapeva e quindi doveva andarsene perché colpevole. O non sapeva e quindi doveva andarsene per manifesta incapacità gestionale”. Credo che, una volta di più, si confermi la necessità di una profonda riflessione sui modelli di gestione delle aziende (grandi o piccole poco importa) e sulla capacità di selezionare persone capaci di guidarle adeguatamente, rispettando il pensiero di Friedman.
Un'ultima osservazione che riguarda il nostro Paese. Gli effetti economici cui ho accennato all'inizio potrebbero rallentare di molto la nostra già debole crescita e mettere a repentaglio i programmi (stavo per scrivere: le promesse) di Renzi. Come osservavo qualche giorno fa, l'ottimismo eccessivo potrebbe creare grosse difficoltà al Presidente del Consiglio (e la cosa mi lascia sostanzialmente indifferente) e gravi problemi agli italiani (e la cosa mi preoccupa molto).
Oggi ritorniamo al jazz, con un brano di Duke Ellington il cui titolo è It’s Bad To Be Forgotten.


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