martedì 15 settembre 2015

Forever it takes

Il titolo non è farina del mio sacco. Sono parole di un economista, Alberto Gallo di Royal Bank of Scotland, che ha voluto parafrasare quelle famose impiegate da Mario Draghi nel 2012 per descrivere l’impegno della Bce nella difesa dell’euro: whatever it takes.
Le parole di Gallo sono riportate in un articolo firmato da Walter Riolfi su Il Sole 24 Ore di domenica. Da tempo Riolfi dedica attenzione ai problemi che incontrerebbero le principali banche centrali se fossero chiamate a fronteggiare un eventuale deterioramento del quadro economico non solo del/i paese/i di riferimento. Vi ho già segnalato altri suoi pezzi, ma vi propongo di leggere anche questo e lo importo con lo scanner perché non è disponibile in rete.


Buona stampa. L’attenzione per l'agire delle banche centrali, e in particolare per quello della Federal Reserve americana, è molto alta in questi giorni che precedono la riunione del comitato della Fed chiamato a decidere se aumentare o meno i tassi di interesse, prevista per giovedì. All’interno del FOMC (Federal Open Market Committee) esistono posizioni distanti, tanto che si parla di presenza di “falchi” e di “colombe”, ossia di membri favorevoli all’aumento immediato dei tassi e di altri contrari a tale misura.
Tra i tanti articoli che ne parlano, scelgo quello di Federico Fubini dal Corriere della Sera di ieri: http://www.corriere.it/economia/15_settembre_14/tassi-rialzi-secolo-cinese-dietro-quinte-decisione-0b14f228-5ac0-11e5-8668-49f4f9e155ef.shtml.
Buona stampa. Fubini non è il solo a sottolineare come sulla Fed vengano esercitate pressioni di varia intensità, sia apertamente sia in maniera meno evidente. Il Fondo Monetario internazionale, ad esempio, ha invitato in modo esplicito la banca centrale americana a lasciare invariati i tassi, soprattutto per evitare contraccolpi sulle economie dei paesi emergenti, molti dei quali si trovano già in difficoltà anche gravi (e devono rimborsare prestiti al FMI). La Cina, che possiede una grossa fetta di titoli pubblici americani, potrebbe venderne una parte importante per evitare un ulteriore indebolimento dello yuan rispetto al dollaro e, con una simile decisione, rendere inefficace un rialzo dei tassi da parte della Fed.
Si tratta, dunque, di una partita particolarmente delicata, capace di produrre effetti molto significativi sull’andamento delle economie di buona parte del mondo. Anche su quella europea e su quella italiana. Non mi dilungherò a descrivere questi effetti, quello su cui vorrei attirare la vostra attenzione è sul grado di incertezza che contraddistingue questo periodo per quel che riguarda le variabili economiche e finanziarie e come l’incertezza risulti particolarmente pericolosa per un Paese come l’Italia, nel quale Renzi esalta i risultati prodotti dal suo governo e promette nuove misure che dovrebbero far accelerare la modesta crescita registrata nella prima parte di quest’anno.
Molto di quello che il Presidente del Consiglio promette si basa sulla possibilità di ottenere dalla Commissione Europea il consenso a superare i parametri di finanza pubblica in vigore. Peccato che le promesse siano già state fatte, mentre il consenso europeo non ci sia ancora stato e, a quanto scrive da tempo Dino Pesole su Il Sole 24 Ore, sarà tutt’altro che facile da ottenere, soprattutto nella misura che auspica il Presidente del Consiglio. Ci sono, tra l’altro, ancora partite “vecchie” da chiudere, come quella sulla cosiddetta reverse charge, che comportano il reperimento di importi non trascurabili. Mentre l’azione di controllo sulla spesa pubblica resta sostanzialmente insignificante rispetto alle dimensioni del problema (e anche agli aspetti morali che nascono dal permanere di sacche consistenti di spesa clientelare e parassitaria, oltre che di privilegi per la politica e per i politici) e rispetto a quanto consentirebbe di ridurre stabilmente (e non per ragioni elettorali) la pressione fiscale.
Ognuno ha il proprio modo di interpretare i fatti e di collegarli tra loro così da sostenere le proprie convinzioni. Io credo di essere imparziale, e comunque mi sforzo di esserlo. Non nego che Renzi abbia consapevolezza di gran parte dei problemi del nostro Paese e che sia intenzionato a migliorare le cose. Dubito, tuttavia, che i risultati ottenuti siano quelli che lui descrive o, se preferite, cinguetta. C’è molta più strada da fare di quella indicata dal Presidente del Consiglio. I benefici dei (relativamente pochi) provvedimenti fin qui adottati, in realtà, ancora non si vedono o si vedono poco. Il tasso di crescita del PIL italiano resta basso, anche se di due decimi di punto percentuale superiore alle previsioni. E gran parte di questa crescita non deriva da misure adottate dal Governo Renzi, ma da fatti di origine esterna, come il calo del prezzo del petrolio o la discesa dell’euro. Il sito LaVoce.info offre numerose analisi su questi aspetti, se volete approfondire e verificare come stanno le cose, ecco il link: http://www.lavoce.info/. Oggi è stato pubblicato un pezzo di Francesco Daveri molto interessante, che analizza la componente delle importazioni nella crescita del PIL italiano: http://www.lavoce.info/archives/36985/lo-strano-boom-dellimport-italiano/.
Buona stampa. Che dietro la crescita dello 0,9% nel 2015 si nascondano prospettive meno rosee di quanto appaiono a qualcuno? Come riporta anche Walter Riolfi, il Governatore della Banca d’Italia Visco ha sostenuto che è indispensabile trasformare la crescita italiana da “congiunturale” in “strutturale”. Questo vuol dire che, con buona pace dei cinguettii, c’è ancora parecchio da fare e che, nel caso in cui la congiuntura diventasse meno favorevole, l’economia italiana ne subirebbe le conseguenze assai più di altre nazioni perché, purtroppo, le riforme ancora sono insufficienti e solo parzialmente realizzate.
E che la congiuntura possa cambiare, anche bruscamente e pericolosamente dipende da un quadro internazionale più che difficile (certo più difficile di quanto lo veda e lo dipinga Renzi). Una parte significativa di questo quadro viene ben descritta da Morya Longo su Il Sole 24 Ore di oggi (l’articolo è disponibile nella sola versione in lingua inglese): http://www.ilsole24ore.com/art/english-version/2015-09-15/euro-denominated-debt-us-risks-064326.shtml?uuid=AC1uLyx&fromSearch.
Buona stampa.
A proposito di articoli interessanti, anche in lingua inglese, è di ieri l'ultima selezione di Roberto Plaja: http://www.theboxisthereforareason.com/2015/09/14/beyond-the-box-readings-letture-4/. Ce n'è da riempire una buona parte della serata, ma ne vale la pena.
Passiamo alla musica. Ascoltiamo John Coltrane in una canzone che deve a Sinatra la grande popolarità: Nancy (with the laughing face).


Vi propongo anche un secondo ascolto. Venerdì è stato il compleanno di Arvo Pärt, che voi tre sapete essere uno dei miei compositori preferiti. Il Maestro ha compiuto 80 anni, mi sembra doveroso festeggiarlo con una sua composizione. Scelgo la stessa che ho condiviso su Facebook: Fur Alina. Non per pigrizia, ma perché si differenzia dalle altre che vi ho fatto ascoltare in passato e, soprattutto, perché è molto bella.



Nessun commento:

Posta un commento