mercoledì 16 settembre 2015

E se peccasse di ottimismo?

Ecco un imprevisto di quelli che Matteo Renzi non considera quando si lascia andare ai suoi giudizi sulle condizioni economiche italiane, e invece farebbe meglio a tenerne conto. Il Sole 24 Ore di oggi illustra i risultati delle verifiche effettuate dalla Corte dei Conti sul bilancio della Regione Piemonte dell’esercizio 2013, mentre era ancora Presidente Roberto Cota, uno dei pupilli di Bossi quando era il capo indiscusso (chissà perché mi veniva da scrivere la parola “padrone”?) della Lega. Ecco il link all’articolo firmato da Gianni Trovati: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-09-16/nei-conti-piemonte-maxi-buco-5-miliardi-063516.shtml?uuid=AC9Ciiy.
Buona stampa. Di questa situazione è un po’ che si parla, anche a proposito di altre regioni, dove, come in Piemonte, si è deciso di utilizzare in maniera del tutto impropria i fondi che il Governo Letta aveva messo a disposizione per ridurre i debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese private. 
Ora, se fosse confermata la peggiore delle ipotesi, si dovranno reperire alcuni miliardi per mettere una pezza ai conti regionali, il cui andamento dimostra quale sia la qualità delle amministrazioni locali, sia nella componente politica sia in quella burocratica, perché se è vero che la responsabilità di quanto emerge dal rapporto della Corte dei Conti va attribuita ai politici, è anche vero che una burocrazia seria e non connivente si sarebbe opposta a decisioni dannose per le finanze regionali e statali.
Nel caso in cui, oltre al problema piemontese, si confermasse la presenza di situazioni analoghe nelle altre regioni, il castello di carte delle promesse renziane difficilmente resterebbe in piedi. Come scrive Trovati, il buco nei conti del Piemonte, infatti, è superiore all’importo annuale incassato dallo Stato per le imposte sulla casa (quelle che il Presidente del Consiglio ha promesso di abolire). Non devo certo spiegare a voi tre cosa questo significhi, soprattutto alla luce dei dati pubblicati proprio oggi dall’OCSE, che sembrano non suffragare l’ottimismo che regna a Palazzo Chigi e dintorni (http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-09-16/pil-italia-ocse-cauta-stime-rialzo-il-2015-marcia-indietro-2016-111419.shtml?uuid=)…
Preferisco, invece, fare qualche riflessione su un altro obiettivo cruciale di Matteo Renzi: la riforma del Senato. La mediocrità della classe politica locale (e anche nazionale, purtroppo) è in parte una colpa di tutti noi, perché, che ci piaccia o no e anche se non abbiamo votato, siamo stati noi a eleggere costoro, sia pure con il contributo di sistemi elettorali che riducono la capacità di selezione da parte dell’elettorato. In parte è colpa nostra, dunque, ma resta il fatto che la classe politica italiana è mediocre e che, se passerà la riforma del Senato voluta da Renzi, questa classe politica sceglierà al proprio interno i senatori. Non mi pare una prospettiva di cui rallegrarsi, al contrario. Non solo per la presumibile cattiva qualità dei prossimi membri del Senato, ma anche perché, proprio in virtù della loro provenienza, dubito che considereranno prioritario il processo di revisione delle autonomie locali, un processo indispensabile per eliminare sprechi intollerabili e disparità di trattamento tra regione e regione non meno insopportabili. Detto più chiaramente: se veramente il Senato riformato avrà le tematiche dell’autonomia locale tra le sue competenze principali, sarà difficile che senatori nominati dagli enti territoriali decidano di mettere ordine nei conti e di creare le condizioni perché, ad esempio, la gestione della Sicilia si avvicini, per quanto possibile, a quella della Provincia di Bolzano o perché tutte le regioni godano delle medesime condizioni, eliminando i privilegi di quelle cosiddette a “statuto speciale”.
Non parliamo, poi, della rigidità inspiegabile con cui il Governo ha portato e porta avanti il proprio progetto, incurante dei rischi che potrebbero derivare da un’eventuale sconfitta parlamentare. Non dovrei essere il solo a preoccuparmene.
Oggi vi propongo un ascolto musicale di cui sono debitore al mio amico Claudio, che lo ha condiviso ieri su Facebook. Si tratta di una versione acustica di Wish You Were Here, uno dei brani più famosi dei Pink Floyd, interpretato dal vivo da David Gilmour, storico chitarrista del gruppo.


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