venerdì 16 gennaio 2015

Ognuno per la sua strada

Non sono tanto presuntuoso da farmi sfiorare dalla tentazione di commentare direttamente e diffusamente la decisione assunta ieri dalla Banca Nazionale Svizzera.
E’ alla mia portata, e quasi superfluo, osservare che la scelta di lasciar fluttuare liberamente il cambio tra Franco Svizzero ed Euro (prima mantenuto artificialmente al valore di 1,2 Franchi per Euro) ha suscitato clamore e prodotto effetti immediati che hanno sorpreso qualche osservatore e mandato a picco alcuni operatori che, evidentemente, avevano posizioni divenute insostenibili con la moneta svizzera arrivata a rivalutarsi in pochi minuti quasi del 40% rispetto alla valuta unitaria.
Ho deciso di segnalarvi solo alcuni articoli, lasciando che, se lo vorrete, ne cerchiate altri voi, che vi formiate la vostra opinione e che, se necessario, decidiate come modificare i vostri investimenti.
Cominciamo con un pezzo di Bloomberg, nel quale prevale l’attenzione per gli aspetti quantitativi: http://www.bloomberg.com/news/2015-01-16/euro-s-march-lower-getting-boost-from-swiss-bankers-currencies.html.
Buona stampa. Generalizzato.
Aggiungo un pezzo da The Economist che, per me, ha un sentore di déjà-vu, visto che ricordo l’epoca non così lontana nella quale molti italiani si erano indebitati in marchi tedeschi per trarre vantaggi dai bassi tassi, dimenticando che esiste anche una cosa che si chiama rischio di cambio (non vi racconto tutta la storia, ma fidatevi di me: alla fine il conto della loro avventatezza non pochi di questi signori, con l'aiuto dei soliti politici interessati, lo hanno scaricato sulle spalle della collettività). Ecco il link all’articolo: http://www.economist.com/news/europe/21639760-poles-were-slow-get-out-swiss-franc-mortgages-now-they-are-paying-price-currency-risk.
Buona stampa.
Ora mi sbilancio e faccio qualche considerazione.
La prima, di sapore prettamente nazionale, è che, come osserva anche Alessandro Merli, chi vagheggia l’uscita dell’Italia dall’Euro e il ritorno a una valuta nazionale, farebbe bene a riflettere molto attentamente sulla propria idea (lo so, idea è parola grossa, grossissima, ma sapete che mi sono imposto di evitare certi termini, che pure ci starebbero bene).
Guardando un po’ oltre i confini nazionali, osservo che la decisione della Banca Nazionale Svizzera mette in drammatica evidenza come la crisi economica e finanziaria che si usa far iniziare nel 2008 (in realtà è almeno di un anno più vecchia) stia tuttora producendo conseguenze. Osservo, inoltre, che, tra i suoi effetti, mi sembra si debba indicare una progressiva perdita di coordinamento tra le istituzioni finanziarie internazionali, derivante anche dalla crisi politica dei paesi e delle organizzazioni sovranazionali, non più in grado di porsi obiettivi collettivi e anche minimamente solidaristici. Ricordate? Solo tre anni fa, ad esempio, si faceva un gran parlare del Financial Stability Board, di cui adesso non si ricorda nessuno...
Ancora, sempre senza guardare solo all’orto di casa, mi pare vada posto l’accento su un punto messo in evidenza da Marco Onado. Riprendo le sue parole: “[…] la dimensione complessiva dei movimenti a breve è cresciuta enormemente e il mercato dei cambi, secondo gli ultimi dati della Banca dei regolamenti internazionali, attiva ogni giorno scambi per 5mila miliardi di dollari, pari a circa un terzo del Pil mondiale, ovviamente annuale (erano 3,3 nel 2007, cioè prima della crisi)”.
E’ del tutto evidente che nessuna banca centrale e nessun paese la cui valuta sia scambiata “abbastanza” liberamente, forse neppure la Fed e gli Stati Uniti, possiedono e possono generare le risorse per contrastare per più di qualche ora o qualche giorno un’eventuale aggressione concertata alla propria moneta. E questo riporta all’assenza di una visione internazionale comune e di una sia pur minima intesa sulla regolamentazione dei mercati finanziari e, in particolare, di tutti gli strumenti che le grandi banche hanno continuato a ideare per sottrarsi ai controlli e operare con almeno altrettanta disinvoltura di quanta le caratterizzava prima del 2008.
Mi fermo qui, direi che mi sono sbilanciato a sufficienza, ma ci sarà occasione per tornare sull’argomento.
Un po’ di musica per chiudere. Un eccellente pianista al quale, ingiustamente, finora ho dato solo spazio nel suo ruolo di supporto. Parlo di Red Garland (http://en.wikipedia.org/wiki/Red_Garland), di cui basta dire che è stato parte del leggendario quintetto formato da Miles Davis negli anni Cinquanta, i cui componenti trovate nella pagina di Wikipedia che ho indicato. Oggi lo ascoltiamo come leader di un trio.
Vi propongo due brani dallo stesso album, inciso nel 1961: The Nearness of You (http://en.wikipedia.org/wiki/The_Nearness_of_You_%28Red_Garland_album%29). Il primo pezzo è quello che da il titolo al disco, e che voi tre ben conoscete.



Il secondo è All Alone.


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