sabato 17 gennaio 2015

A proposito di ricchezza


Il mio amico Roberto Plaja, del quale vi ho già parlato, oggi ha pubblicato un testo davvero ottimo, che merita assolutamente di essere letto. Se volete la versione in inglese, la trovate qui: http://www.theboxisthereforareason.com/2015/01/17/a-time-to-give/.
Se invece preferite il testo italiano, vi propongo la traduzione.

Un momento per dare
Questa settimana mi trovavo a Milano e mi sono concesso qualche minuto per lasciarmi stupire dai modelli esposti nella Boutique Vertu di Via Montenapoleone, dove un singolo telefono cellulare viene venduto a svariate migliaia di unità di qualsiasi valuta. Ciò accadeva dopo che avevo preso parte a un eccellente convegno patrocinato dall’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati (UNHCR) e dedicato alla situazione della filantropia in Italia da parte della fascia più ricca della popolazione. L’evento, che si è svolto nella sede della Kairos Julius Baer SIM e che ha visto la presenza di una trentina di persone, si è aperto con una fantastica presentazione del Professor Stefano Zamagni, un esperto della materia, ed è proseguito con la dettagliata e illuminante indagine sulla situazione attuale in Italia svolta da Giovanna Li Perni, della sede romana dell’UNHCR. Copia del documento si può scaricare qui: http://www.theboxisthereforareason.com/wp-content/uploads/2015/01/UNHCR-Presentation-Jan-2015-FILANTROPIA-HNWIS-ITALIA.pdf.
Queste due situazioni mi hanno spinto a riconsiderare una vecchia domanda: esiste concretamente un livello di ricchezza per ciascun individuo o nucleo familiare che possa essere considerato “eccessivo” o semplicemente “troppo”? Non è una domanda posta nel solco del pensiero marxista, ma piuttosto nel senso di possedere così tanto denaro da non sapere che farne. Non si tratta di una domanda oziosa, soprattutto nel contesto di quello che il Professor Zamagni ha descritto come il fondamento filosofico americano o anglosassone della filantropia: restituire parte della propria fortuna alla comunità e alle persone che hanno contribuito a far raggiungere la ricchezza. Da qualche tempo ormai la mia risposta è un inequivocabile si e penso che, mentre il livello effettivo di ricchezza eccessiva può variare con le circostanze, la sua determinazione è più facile di quanto possiamo pensare.
In passato, quando incontravo possibili clienti per la prima volta, ero solito chiedere quali fossero i loro impegni finanziari. Nella maggior parte dei casi, la risposta era che non ne avevano nessuno.  Una volta spiegato loro cosa intendevo con il termine – non solo debiti verso banche o altri, ma “previsioni ragionevoli” di quel che il denaro avrebbe dovuto procurare loro negli anni a venire: spese di sostentamento, protezione contro eventi inattesi, acquisto di case, creazione di una collezione d’arte, allestimento di una flotta di yacht e così via – la conversazione si esauriva inevitabilmente con sguardi infastiditi e la sensazione di un’intrusione ingiustificata da parte mia. La verità, ho compreso poi, è che queste persone non sapevano, e qualche volta non si preoccupavano di sapere: semplicemente una maggiore disponibilità di denaro era un bene.
Con questo non intendo criticare nessuno, soprattutto alla luce della mia attività professionale, che consiste nell’aiutare persone molto ricche a raggiungere i loro obiettivi. Penso, tuttavia, che si possa fissare un principio generale: se non si sa cosa si desidera dal denaro, se non si è in grado di compilare una lista di impegni finanziari, allora, con ogni probabilità, si possiede troppo denaro e sarebbe bene destinarne una parte alla beneficienza. Certamente non spenderne – neppure una minuscola parte – in un telefono Vertu, che diventa tecnologicamente obsoleto ancor prima che si metta mano alla carta di credito.
Di mio aggiungerei soltanto che, purtroppo, in Italia non si è affermato il principio indicato dal Professor Zamagni e che la ricchezza è interpretata in maniera sbagliata, considerata una sorta di colpa e un disvalore. E non serve che spieghi le conseguenze di questo stato di cose.

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