martedì 6 novembre 2012

Economia giapponese e splendido jazz


Continuiamo a tenerci lontani dalla politica italiana. Prima o poi toccherà tornarci sopra, ma per adesso proviamo a guardare altrove e a riflettere su questioni non maleodoranti come quelle locali.
Sul Sole 24 Ore di oggi, Luigi Zingales propone un’interessante riflessione sulla situazione economica giapponese, partendo da una battuta paradossale che circola tra gli economisti. Ecco il link dell’articolo: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-11-06/tokyo-sembra-atene-063652.shtml?uuid=AbR71Q0G.
Buona stampa.
Le considerazioni di Zingales sono piuttosto convincenti e le ragioni del pessimismo riguardo alle prospettive giapponesi, a mio avviso, vengono anche dal settore manifatturiero oltre che dal debito e dal deficit statale. Sono di questi giorni le notizie relative alla profonda crisi in cui versano aziende come Sharp, Olympus, Sony e Panasonic, ossia aziende che per anni hanno costituito la punta di diamante della potenza industriale del Sol Levante.
In qualche caso, quello di Sharp in particolare, si mette addirittura in dubbio la possibilità che l’azienda possa sopravvivere alla situazione di dissesto in cui si trova. I principali quotidiani finanziari si occupano da tempo delle difficoltà di molte industrie giapponesi. Vi indico un paio di articoli su Sharp dal Sole 24 Ore: http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2012-09-27/sharp-alza-forbice-10mila-102423.shtml?uuid=AbYKoQkG&fromSearch e http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-11-02/lhitech-tokyo-apple-samsung-073007.shtml?uuid=AbtgOIzG&fromSearch.
Gli altri potete tranquillamente cercarli voi, se volete.
Torniamo al pezzo di Zingales e teniamo bene a mente il monito conclusivo, perché la questione ci riguarda (anche se l’Italia non viene mai citata). Ci riguarda molto e molto ha a che fare con i nostri impegni in materia di finanza pubblica. Non lo dico a me stesso e ai miei tre lettori, mi piacerebbe che sentissero quelli che aspirano a governare il Paese…
E veniamo alla musica. Dopo quella dedicata al capolavoro dei Procol Harum, oggi vi offro un’altra selezione di esecuzioni differenti del medesimo pezzo.
Il brano che ho scelto per oggi è, forse, persino più importante di A Whiter Shade of Pale (ammesso che simili confronti abbiano senso, e non credo ne abbiano) e, comunque, è un altro immenso capolavoro: In a sentimental mood, scritto da Duke Ellington nel 1935 e interpretato da tanti maestri.
Cominciamo da una versione del compositore, però più recente, scelta perché Ellington non si esibisce con la propria orchestra, come di consueto, ma in veste di strumentista insieme a John Coltrane, uno dei massimi sassofonisti della storia del jazz. Ho detto anche troppo, lascio spazio a questi grandissimi musicisti. Il disco da cui è tratta l’esecuzione risale al 1962.


Passiamo a un altro eccezionale talento, il chitarrista francese Django Reinhart, considerato da molti il vero “inventore” della chitarra nel jazz. La sua versione risale al 1937.


Diamo nuovamente spazio al Duca, perché ascoltiamo la versione cantata da Ella Fitzgerald e tratta da un album doppio inciso insieme a Ellington e alla sua orchestra nel 1957.


La quarta versione è quella di un grande trombettista tormentato, Chet Baker, tratta dall’album Chet on Poetry del 1989, realizzato in Italia con musicisti italiani.


Finiamo con un altro immenso maestro, un uomo cui il destino ha riservato una vita difficile e troppo breve, ma che ha saputo raggiungere vette di bellezza straordianaria: Michel Petrucciani. Qui in un’esecuzione dal vivo con Gary Peacock al basso e Roy Haynes alla batteria. La registrazione è stata effettuata a Karlsruhe 1988. E' la versione più lunga che vi propongo, ma ascoltatela fino in fondo, non ve ne pentirete.


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