venerdì 10 agosto 2012

Chi giudica chi?


Qualche mese fa, grazie anche alle considerazioni di Ernesto Galli della Loggia, avevo espresso le mie perplessità sul fatto che il Governo Monti possedesse la cultura necessaria per differenziare profondamente, com’era e com’è necessario, il proprio operato da quello dei governi precedenti. E avevo indicato, quale causa principale di questa mancanza di cultura, l’elevata percentuale di membri provenienti dalla carriera nella pubblica amministrazione.
Oggi, con una misura sconcertante e in linea con altre simili di tanti governi degli anni scorsi, è arrivato l’aumento delle accise sui carburanti, sia pure nominalmente temporaneo. I quotidiani, in versione on line, danno la notizia con varia enfasi. Scelgo il Giornale, anche se mi sarei aspettato una maggiore aggressività dai collaboratori del mitico Sallusti: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/carburanti-domani-scatta-aumento-accise-828920.html.
Cronaca.
Spero sinceramente che il Presidente del Consiglio decida di tornare sui propri passi e induca l’Agenzia delle Dogane (ente competente) a revocare la misura. Ne guadagnerebbero non soltanto le tasche di noi poveri cittadini, già piuttosto provate, ma anche l’immagine di un governo che aveva fatto nascere in molti di noi la speranza di un cambiamento marcato rispetto al passato.
Passiamo a una polemica, nata e cresciuta sul Corriere della Sera, che coinvolge argomenti di notevole rilievo e, sebbene affrontati attraverso uno scambio non proprio garbato, meritano riflessione, in primis da parte dei due “duellanti”.
All’origine il pezzo scritto da Piero Ostellino per la sua rubrica “Il dubbio” dello scorso sabato 4 Agosto: http://archiviostorico.corriere.it/2012/agosto/04/contrappongono_giustizia_politica_co_9_120804111.shtml.
Il Procuratore Aggiunto di Palermo Ingroia, evidentemente punto sul vivo, ha replicato con una lettera pubblicata ieri con una controreplica di Ostellino: http://archiviostorico.corriere.it/2012/agosto/09/Giustizia_Politica_Ragion_Stato_co_9_120809027.shtml.
Una precisazione: in quest’ultima pagina i due testi sono fusi insieme, ma si capisce dove finisce quello di Ingroia e dove inizia quello di Ostellino.
Stampa così e così.
Un tema di questa importanza non può essere affrontato in maniera simile, lasciandosi trascinare al punto da trascendere anche dalla minima correttezza formale indispensabile nel rapporto tra persone che occupano posizioni di rilievo nel paese. Quest’ansia di sovrastare la voce dell’interlocutore non porta da nessuna parte e rischia di impedire ai lettori di comprendere le varie sfaccettature di un argomento assolutamente non banalizzabile.
Non si può negare che Ostellino, nel suo pezzo del 4 Agosto, abbia impiegato un tono così platealmente provocatorio (se non offensivo) da motivare, da parte di Ingroia, una risposta scritta con il medesimo inchiostro. Un pessimo comportamento da parte di entrambi e poco importa stabilire se la colpa prevalente sia del giornalista o del magistrato. Hanno, con la loro ira e il loro egocentrismo, trasformato una questione come quella della trattativa tra Stato e Mafia in una baruffa tra galletti in un pollaio vuoto.
E ha sbagliato anche il Direttore del Corriere, de Bortoli, a non intervenire o a non far intervenire un terzo in modo da sottrarre ai litiganti aspetti giuridici e filosofici che non possono assolutamente essere affrontati nello spazio e, soprattutto, nel modo in cui sono stati affrontati.
Aggiungerei che de Bortoli dovrebbe anche porsi la domanda se sia giusto che un collaboratore del quotidiano da lui diretto, per quanto importante quanto può essere un ex direttore quale Ostellino, si consideri autorizzato ad attribuire patenti di ogni genere a chiunque abbia la (s)ventura di attirare la sua attenzione o di entrare in polemica con lui. Il Corriere della Sera, per interposto Ostellino, non deve dare patenti di esperto di diritto piuttosto che di economia o di qualsiasi altro ambito del sapere umano. Deve informare, nel senso più ampio e più nobile del termine. E farlo, magari, con una punta di modestia in più di quella che si può misurare leggendo ogni giorno il quotidiano e, servendosi degli indirizzi mail da loro stessi forniti, colloquiando di tanto in tanto con i giornalisti.
Che poi una rubrica intitolata “Il dubbio” contenga la celebrazione autoreferenziale di Piero Ostellino, che i dubbi li nutre sugli altri e dedica a se stesso una smisurata certezza, beh, mi pare poco adatto al Corriere della Sera.

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