martedì 15 dicembre 2015

Perché?

Oggi mi comporterò scorrettamente, me ne scuso, ma non posso evitarlo.
Il Corriere della Sera pubblica un’intervista alla madre del Ministro Boschi, che poi è la moglie del padre del Ministro Boschi, ossia il vicepresidente della Banca dell’Etruria, uno dei quattro istituti di credito insolventi al centro della cronaca di questi giorni.
Se volete leggere l’intervista, la potete cercare per vostro conto. Io mi sono rifiutato di leggerla e non intendo aiutarvi. La considero un vero attentato alla mia pluridecennale fedeltà al quotidiano milanese. Ripeto non l’ho letta, ma anche senza leggerla ho la certezza (e qui è il comportamento pregiudiziale, quindi scorretto, da parte mia) che si tratti di qualcosa di inutile e di offensivo per i lettori del Corriere.
Che cosa potrà mai raccontare di così interessante questa signora? Svelerà retroscena che modificano radicalmente il quadro? Si scoprirà, grazie a lei, che la Banca dell’Etruria non era insolvente e che i suoi consiglieri di amministrazione non si sono prestati poco meno di 200 milioni di euro, dei quali una fetta non trascurabile è diventata una perdita per la banca?* Ci dirà, sorprendentemente, quanto sono bravi e onesti il marito e i figlioli? Perché intervistarla? Perché, Luciano Fontana?
Io temo che questa intervista sia la dimostrazione dello scadimento della nostra stampa, dalla quale ormai non possiamo più aspettarci che svolga il proprio compito di controllore della politica come accade in altri paesi. Io temo che i politici possano alzare il telefono e chiedere che si dia spazio al loro punto di vista, magari per interposta persona (come non pensare, sempre per il lato oscuro - passatemi una pseudo-citazione starwarsiana - del Corriere, alle illuminanti e imprevedibili confidenze di Confalonieri raccolte da Verderami?). Io temo che i direttori dei quotidiani indipendenti, quei pochi che ancora si considerano fedeli alla definizione, non solo rispondano alle chiamate, ma si adeguino alle volontà di chi telefona (e non parliamo di quelli cui non serve telefonare perché già scrivono, e fanno scrivere, per compiacere il loro “padrone”).
Per oggi questo è tutto. Salvo, ovviamente, continuare a combattere i nostri nemici. E per farlo ci affidiamo a un musicista contemporaneo, di cui ho scelto una composizione abbastanza particolare, che si addice alla mia irritazione odierna. Ecco, dunque, il Dies Irae di Karl Jenkins (https://it.wikipedia.org/wiki/Karl_Jenkins).


2 commenti:

  1. Bravo Rob. Secondo me c'e' un altra ragione per la quale la stampa in Italia e' - ed e' sempre stata per me - inferiore a quella anglosassone in genere (ed anche a quella francese): al giornalista italiano non interessa il reporting vero e proprio, ma piace commentare pontificare spiegare (magari...) e poetizzare sugli eventi. La descrizione pura di un fatto non esiste ne' sul Corriere ne' altrove.

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  2. Hai ragione, Roberto. I giornalisti italiani si sentono in dovere di andare oltre e di offrire non già l'arida semplicità dei fatti, ma il fascino presunto delle loro ricostruzioni più o meno romanzate. Ovviamente questo è solo parte di un problema molto grave, ossia la crisi della carta stampata e dell'informazione di qualità, che finisce per favorire i rapporti spuri tra politica e informazione.

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