sabato 19 novembre 2011

E dopo?


Con la fiducia delle Camere il Governo Monti ha acquisito la pienezza dei poteri. Possiamo rallegrarci, ma restano ancora molti motivi d’inquietudine.
L’analisi di Michele Salvati sul Corriere della Sera è molto lucida (http://www.corriere.it/editoriali/11_novembre_19/salvati_scomode_verita_0bf18ece-1279-11e1-b297-12e8887ffed4.shtml) e mette in evidenza i principali problemi interni e internazionali con cui dovrà misurarsi il Presidente del Consiglio.
Buona stampa.
Vedo, però, un ampio territorio, rimasto quasi inesplorato da Salvati, da dove, spero di sbagliare, arriveranno i maggiori pericoli per il futuro meno immediato. Cosa succederà quando, mi auguro nella primavera del 2013, si concluderà la fase avviatasi nei giorni scorsi?
Senza giri di parole: il mio timore è che, in assenza di correttivi anche radicali, la classe politica (di entrambi gli schieramenti) sarà la stessa che ci ha portato al baratro e che permarranno alcune delle condizioni di cui si è nutrito il malcostume che ha giocato un ruolo niente affatto trascurabile nel degrado finanziario del nostro paese.
Mentre scrivo, il principale gruppo industriale controllato dal Tesoro, Finmeccanica, si trova al centro di un’azione giudiziaria che riporta in evidenza gravi interferenze politiche e scelte manageriali inquinate da relazioni improprie con l’ambiente degli affaristi e dei faccendieri che da anni prospera all’ombra della politica nazionale e locale. Una vicenda non diversa, anche se più ridotta per dimensioni e per caratura delle imprese coinvolte, viene a galla grazie alle indagini originate dalle condizioni fallimentari del gruppo nato attorno all’Ospedale San Raffaele di Milano.
Sono due casi, ma altri se ne potrebbero citare. L’Italia ha da anni un malanno grave, ma il malaffare non sembra soffrire affatto, anzi: una parte cospicua del debito pubblico, anche di recente, è stata originata dalla corruzione. E gli stagni limacciosi ai confini tra affari e politica sono ancora tutti lì in attesa di una bonifica che, necessariamente, non verrà mai fatta se non si rigenera la classe dirigente, in particolare quella politica.
Due misure, tra le tante che andrebbero prese, a me paiono particolarmente efficaci per realizzare questa bonifica: ridurre allo stretto indispensabile il numero delle imprese e dei beni detenuti da enti pubblici (a livello centrale e locale) e introdurre forme di tracciabilità dei pagamenti più rigorose di quelle in vigore attualmente.
Sul secondo punto, ottimo il recente pezzo di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera (http://www.corriere.it/inchieste/reportime/economia/11_novembre_12/fine-del-sommerso_099fe7d6-0d3f-11e1-a42a-1562b6741916.shtml).
Buona stampa.
Le privatizzazioni sono indubbiamente assai più complicate da realizzare, richiedono tempi lunghi e strumenti finanziari complessi; per questo trovo insoddisfacente “il dubbio” odierno di Piero Ostellino, sempre sul Corriere (il link non c’è, mi dispiace). Visto che, pochi giorni fa, aveva invitato i giornalisti a non prendere per i fondelli i lettori, avrebbe dovuto seguire il suo stesso suggerimento e non affermare che la cessione di beni quali spiagge e altri immobili costituisce un realistico strumento per ridurre il debito pubblico italiano in tempi e in dimensioni tali da rendere meno assillante la necessità di rifinanziarlo per 200 miliardi da qui alla fine di Aprile del 2012.
Mala stampa.
Avrebbe fatto meglio a leggersi un articolo di qualche settimana fa di Sergio Rizzo (http://www.corriere.it/politica/11_ottobre_01/patrimonio-statale-venduto-parole-rizzo_49c61190-ebf8-11e0-827e-79dc6d433e6d.shtml).
Buona stampa.

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