lunedì 1 agosto 2016

Il tempo, qualche volta, è fiducia, non solo denaro

Nelle umane cose il tempo riveste quasi sempre un ruolo cruciale. Sia “in quanto” che “quando” sono determinanti del successo o dell’insuccesso, del raggiungimento degli obiettivi sperati o dell’impossibilità assoluta di ottenerli.
Tempo è quello che l’Italia e il suo sistema bancario, in particolare Banca Montepaschi, hanno ottenuto nelle ore conclusive di venerdì scorso.
Ricapitoliamo.
Monte dei Paschi ha ottenuto dal SSM, ovvero l’autorità di vigilanza della Bce (Single Supervisory Mechanism), il via libera al piano che prevede, in rigida e necessaria successione, questi passaggi: 
  1. concessione a Banca MPS di un prestito ponte per almeno 5 miliardi di euro da parte di JP Morgan;
  2. utilizzo di questa somma per la costituzione di una società che acquisterà pro soluto la maggioranza (di migliore qualità) dei NPL di Mps, sui quali si otterrà la garanzia pubblica attraverso lo strumento denominato GACS, e si emetteranno obbligazioni garantite dai NPL che serviranno a restituire il prestito ponte;
  3. le obbligazioni saranno acquistate dal fondo Atlante 2, finanziato in parte dal fondo Atlante, dalla Cdp e dalle casse di previdenza dei professionisti;
  4. Banca MPS, liberata da una parte consistente dei propri NPL, quindi presumibilmente più sana e più appetibile per il mercato, emetterebbe nuove azioni per circa 5 miliardi, così da procurarsi capitale sufficiente a coprire le perdite associate alla cessione dei crediti di cui al punto 2 (si dovrebbero vendere al 32/34% del loro valore nominale, mentre nel bilancio di MPS sono contabilizzati al 40%) e a rimetterla in condizione di operare attivamente sul mercato finanziando imprese e famiglie e raccogliendo risparmio;
  5. la parte peggiore dei NPL, quelli che non possiedono qualità adeguate a garantire il prestito obbligazionario di cui al punto 2, vengono trasferiti sotto forma ancora da definire agli attuali azionisti della banca, i quali potranno così beneficiare di un eventuale recupero, anche parziale, di quei medesimi crediti.
Tutto bene, dunque? I commenti che ho letto ieri e oggi, per la verità, non mi sembrano indurre a rispondere positivamente a questa domanda.
Un punto assai positivo è che il SSM ha accettato il piano presentato da Banca MPS e ha fatto un’importante concessione, ossia ha permesso di non alterare la valutazione dei NPL che non entreranno nell’operazione sopra descritta, ossia di non applicare la valutazione del 32/34% anche a questi. Se fosse mancata tale concessione, l’aumento di capitale di MPS avrebbe dovuto essere incrementato sensibilmente e, con ogni probabilità, non sarebbe andato in porto.
Il SSM, dunque, ha dato tempo a Banca MPS. Ha, si può provare a immaginare, deciso di non bloccare l’operazione ideata dal management e dai consulenti. Se questa non andasse in porto, la concessione sui NPL, probabilmente, verrebbe a cadere e… Questo, però, ora interessa poco. La sostanza è che Banca MPS e le banche che l’assistono hanno il tempo necessario per cercare di attuare il piano formulato.
Non è, però, affatto detto che ciò accada senz’altro. Fino ad oggi, i NPL di banche italiane offerti al mercato sono stati quotati di gran lunga meno del 32/34%, per l’esattezza il 17% nel caso delle banche fallite a fine 2015 e attorno al 20% in altri casi, sarà, perciò, da verificare la capacità delle GACS di modificare così marcatamente la valutazione di quei crediti in sofferenza.
Sul tema, per capire il funzionamento delle GACS, vi propongo un articolo da Il Sole 24 Ore di ieri, a firma di Isabella Bufacchi: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2016-07-31/cosi-garanzia-trasforma-l-npl-un-quasi-btp-103809.shtml?uuid=ADy3m9z&fromSearch. Mentre dal Corriere di oggi vi propongo un articolo di Federico Fubini nel quale sono individuati i punti critici del piano di Banca MPS, i passaggi che potrebbero metterne in forse la realizzazione: http://www.corriere.it/economia/16_agosto_01/questione-montepaschi-0a7832b4-5757-11e6-b924-e8992a1bb7b1.shtml.
Buona stampa. Per entrambi.
L’altro evento di venerdì sera, la comunicazione dei risultati delle prove sotto sforzo (anche stress test ha una soddisfacente traduzione italiana) effettuate dall’EBA (Autorità Bancaria Europea) sui maggiori istituti dei paesi dell’Ue, può essere considerato senz'altro un segnale positivo per il sistema bancario italiano. A parte Banca MPS (e questo era atteso), tutti gli altri istituti di dimensioni tali da rientrare nella valutazione hanno superato la prova con risultati soddisfacenti (eccellenti nel caso di IntesaSanPaolo).
Anche qui, però, il fatto positivo si esaurisce nel momento stesso in cui viene comunicato il risultato. Lo spiega molto bene questo editoriale di Lucrezia Reichlin sul Corriere della Sera di ieri: http://www.corriere.it/cultura/16_luglio_31/banche-europee-4b47935c-568f-11e6-8307-f119c314f7af.shtml.
Buona stampa. Gli esami, per le banche e per l'economia di una nazione, non finiscono mai e, come osserva giustamente Reichlin, non è proprio il caso di sprecare il tempo ottenuto. Altre riforme a livello politico e altri interventi nelle modalità di gestione delle banche sono più che indispensabili e inderogabili.
Da quanto precede, onestamente, sono indotto a considerare assai poco assennate le considerazioni di alcuni personaggi chiave della questione.
Cito solo il più importante: Matteo Renzi. Il presidente del consiglio, in un’intervista apparsa ieri su La Repubblica (http://www.repubblica.it/politica/2016/07/31/news/intervista_renzi-145115541/?ref=search), oltre a dare per conclusa un’operazione di MPS ancora di là da venire e soggetta ai rischi di cui parla Fubini, ha sostenuto che i cittadini non pagano nulla per l’operazione medesima. Affermazione che, a ben vedere, appare un po’ azzardata.
Se consideriamo Atlante e Atlante 2, i fondi allestiti per intervenire in soccorso delle banche in difficoltà, non si possono considerare esattamente entità private. Vediamo perché.
Parte delle somme versate per dotare Atlante dei capitali necessari alla propria attività arrivano sì da banche e assicurazioni che sono entità private (ma ci sarebbe da discutere sulla spontaneità della partecipazione), però molti arrivano da Cassa Depositi e Prestiti, che è considerata privata solo formalmente, però è a tutti gli effetti un soggetto controllato dal Ministero dell’Economia (che ne possiede l’80% del capitale e salirà ancora) e dalle fondazioni bancarie, la cui natura privata costituirebbe altro elemento su cui discutere a lungo. 
In Atlante 2 dovrebbero apportare risorse importanti le casse di previdenza di molti professionisti (ingegneri, commercialisti, ecc.), istituzioni che sono soggette a controllo del Tesoro e considerate pubbliche ai fini di tutta una serie di normative. Difficile accettare che la loro natura cambi a seconda delle necessità o delle affermazioni del presidente del consiglio. E aggiungo, pur senza essere personalmente coinvolto, di considerare piuttosto sconcertante che il governo eserciti pressioni affinché gli enti previdenziali di alcune categorie di persone sottoscrivano quote di un fondo. I destinatari delle prestazioni previdenziali in questione, se le cose non andassero bene, a chi dovrebbero chiedere conto?
Ancora, un’ultima osservazione: che le manovre attuate per sostenere le banche italiane in crisi non si possano definire operazioni di mercato lo dimostra, indirettamente, il fatto che gli aumenti di capitale di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca non hanno trovato sottoscrittori sul mercato e che i consorzi di garanzia degli aumenti stessi, al momento del bisogno, hanno mostrato la consistenza della neve al sole di marzo.
Su questo e su altri dettagli relativi ai fondi Atlante, ecco un paio di interessanti articoli di Marcello Esposito dal sito LaVoce.info: http://www.lavoce.info/archives/42324/perche-un-solo-atlante-non-basta/ e http://www.lavoce.info/archives/42327/atlante-2-i-costi-occulti-di-unoperazione-di-sistema/.
Buona stampa.
Che dire per concludere? Chi ha tempo, non aspetti tempo! Banale, ma…

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