lunedì 23 maggio 2016

Malattie non curate

Da alcuni mesi, negli editoriali sul Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia ci offre una visione di alcuni mali istituzionali dell’Italia, di quelle situazioni di natura, origine e gravità diverse che rendono sempre più fragile e incerto il nostro Stato di diritto.
Sabato il tema era quello della giustizia, più precisamente quello della relazione tra politica e magistratura. Un tema che è attuale da anni, da ancor prima che iniziasse, con Tangentopoli, lo scontro aperto tra magistrati e classe dirigente (politica e non).
Buona stampa. Quello che viene descritto è un groviglio assai difficile da sciogliere, anche perché oramai le posizioni sono irrigidite. Non vedo una soluzione a portata di mano per risolvere un conflitto che, non credo di sbagliare, costituisce il principale motivo di fragilità istituzionale del nostro paese. Tra Legislativo e Giudiziario, nominalmente poteri indipendenti, si sono sviluppate interazioni profonde e, nello stesso tempo, contrasti non meno intensi, le une e gli altri minano alla radice l’efficienza dello Stato e la certezza del diritto.
Lo scontro ideologico in corso in queste settimane riguardo al referendum sulla riforma della Costituzione è solo l’ultima manifestazione di una contrapposizione gravissima, da cui è indispensabile uscire, ma che, purtroppo, i protagonisti non sembrano affatto intenzionati a comporre.
Come spesso accade, i problemi lasciati a lungo senza soluzione, lungi dal risolversi da soli, si aggravano e si avvicinano al punto in cui, ammesso che si possano risolvere, ciò comporta difficoltà spesso insormontabili per le profonde diffidenze reciproche delle parti in causa e per la radicalizzazione dei punti di vista.
Non ha certo senso mettersi a discutere se la colpa di questo stato di cose sia da attribuire maggiormente alla classe politica o alla magistratura. Quel che è certo è che, mentre la prima ha cercato di pervadere ogni ambito, nel tentativo di influire su ogni vicenda nazionale, l’altra ha gradualmente perso di vista il proprio compito, trasformandosi in una sorta di contropotere, a volte in sintonia con la politica, altre in conflitto con la stessa quando essa provava a spuntarle le unghie.
Fatico a immaginare che il clima cambi in tempi brevi. Ciò è tanto più grave perché questo stato di cose comporta che i cittadini non abbiano più fiducia nel sistema giudiziario e che i tempi per arrivare a un verdetto, sia civile che penale, sono inaccettabili per un paese che si vorrebbe una democrazia avanzata. Il sistema giudiziario non produce ciò che dovrebbe, ossia la Giustizia.
Veniamo a un articolo di Federico Fubini dal Corriere di oggi, dedicato alle numerose crisi che hanno colpito banche grandi e piccole del Veneto: http://www.corriere.it/economia/16_maggio_23/male-oscuro-veneto-quelle-tredici-banche-crisi-4d97e28e-2065-11e6-9888-7852d885e0fc.shtml#.
Stampa così e così. Un giudizio che nasce dalla sensazione di frettolosità che ho provato leggendo il pezzo. Sono persuaso che, con maggiore spazio a disposizione, Fubini avrebbe approfondito l’argomento e non avrebbe consentito a se stesso di tracciare un ritratto abbastanza superficiale di una realtà economica complessa come quella della mia regione. 
Ho trovato sconcertante l’indicazione sbrigativa che Antonveneta sia l’origine della crisi di Monte dei Paschi: la crisi di Siena è sì conseguenza dell’acquisto della banca padovana, ma non perché quest’ultima presentasse condizioni di dissesto così gravi da trasferirsi su quella senese. Semplicemente Monte dei Paschi ha fatto un passo assai più lungo della gamba, pagando una somma ampiamente superiore alle sue capacità e al valore di Antonveneta in un momento in cui già si facevano sentire gli effetti della crisi finanziaria originatasi negli Stati Uniti.
Mi ha, però, deluso anche la scarsa attenzione dedicata all’intreccio di relazioni che, personalmente, considero una delle principali cause dei tanti dissesti di banche venete. Certo, la politica di concedere credito a fronte di acquisto di azioni è uno dei più evidenti effetti di queste relazioni spurie, ma non c’è solo questo. 
Penso alla composizione degli organi di governo di questi istituti, formati spesso sulla base di appartenenza politica e di consuetudine personale, senza prestare attenzione alle effettive capacità di svolgere adeguatamente il ruolo di consigliere di amministrazione di una realtà complessa come una banca, anche di dimensioni modeste. Penso a finanziamenti concessi anche per compiacere questa o quella amministrazione locale o a progetti privi di solidi presupposti, ma utili per ottenere qualche vantaggio in altri ambiti, inclusi quelli a numerose aziende partecipate da enti locali, alcune crollate producendo perdite considerevoli. Penso al sostegno offerto al settore edilizio, favorendo un consumo smodato del territorio e speculazioni i cui effetti sono indicati, sia pure indirettamente, anche da Fubini e alla base di una parte importante dei crediti in sofferenza. Penso, infine (ma mi fermo per non annoiare), alla qualità di una classe imprenditoriale che ha rivelato di essere inadeguata a gestire il consolidamento delle idee spesso geniali alla base delle proprie aziende, incapace di resistere al desiderio di controllarle e di affidarsi alle conoscenze di manager esterni.
Giova ricordare, prima di passare alla musica, quale sia stato il ruolo delle autorità di vigilanza nelle tre maggiori situazioni di dissesto: Monte dei Paschi, Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Se si fosse negata l’autorizzazione all’acquisto di Antonveneta e se le situazioni di malessere di Vicenza e di Montebelluna fossero state affrontate ai primi sintomi della malattia, del sistema bancario del Veneto ci sarebbero poche ragioni per parlare. Questo non significa negare che esistano virus locali e che sia utile un’attenta e seria valutazione delle crisi. Intendo solo sottolineare la mancanza di una diagnosi tempestiva e di una terapia altrettanto rapida da parte di chi, istituzionalmente, di questo deve occuparsi. Ricordo, a conferma di questo, che le condizioni di Popolare di Vicenza e di Veneto Banca sono state affrontate con la necessaria determinazione solo quando la vigilanza è passata alla Banca Centrale Europea.
L’ascolto di oggi è un brano di Ludovico Einaudi, pianista italiano di grande talento la cui musica si sottrae alle definizioni, ma risulta spesso di grande fascino. Come il pezzo che vi propongo: Nuvole Bianche. Ben diverse da quelle color piombo che abbiamo avuto anche oggi da queste parti.


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