venerdì 3 aprile 2015

I bambini e la guerra


Qualche giorno fa, la foto (scattata dal fotografo turco Osman Sağırlı) di una bambina siriana che alza le mani di fronte alla macchina fotografica ha trovato spazio nei siti di tutto il mondo. L’avrete senz’altro vista, ma ve la ripropongo da quello della BBC (http://www.bbc.com/news/blogs-trending-32121732). Io ho ripensato alle parole di Domenico Quirico che avevo citato appena una settimana fa (http://ilmiosecchiellodacqua.blogspot.it/2015/03/un-galleria-degli-orrori.html).
Difficile non restare sgomenti di fronte a immagini che documentano fino a che punto la guerra sconvolge la vita dei bambini. E difficile non provare gratitudine per i fotografi che hanno saputo documentare con straordinario tempismo momenti che, se l’uomo non passasse attraverso la Storia senza capire granché, avrebbero dovuto insegnarci a non infliggere ai bambini i tormenti che, ogni giorno e in innumerevoli parti del mondo, infliggiamo loro.
Penso, tra le tante, ad altre due immagini di rara forza. Due foto che, credo, voi tre ricorderete benissimo, ma che, a ogni buon conto, vi suggerisco di rivedere.
La prima, la più recente, è quella di una bambina vietnamita ustionata dal napalm: la ritroviamo su Yahoo (http://news.yahoo.com/ap-napalm-girl-photo-vietnam-war-turns-40-210339788.html).
La seconda, meno cruenta, ma non meno drammatica, anzi, risale al 1943 e ritrae un bambino ebreo nel ghetto di Varsavia mentre viene catturato per essere deportato. La troviamo su un blog del New York Times dedicato alla fotografia (http://lens.blogs.nytimes.com/2010/10/12/the-ghetto-the-nazis-and-one-small-boy/?_r=0).
Come di consueto, concludo con la musica, per continuare la guerra che, oggi, è contro tutti i nemici della cultura e della civiltà, quelli del presente e quelli del passato. Il pezzo è tratto da Rites, eccellente album realizzato nel 1998 da Jan Garbarek (http://en.wikipedia.org/wiki/Rites_%28album%29). Il brano è We Are the Stars, se vorrete ascoltarlo, capirete senz'altro perché l'ho scelto.


1 commento:

  1. Siamo sempre stati e rimaniamo i più creativi e distruttivi esseri che questo pianeta abbia mai conosciuto. Protetti dall'ipocrita involucro della parola "sapiens" vicino al genus "homo", ci rinfranchiamo con scuse moralistiche e pietose per perpetrare atrocità inaudite.

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