domenica 16 novembre 2014

Un'intervista non si nega a nessuno


Poco tempo per leggere a sufficienza i giornali e troppa insofferenza per quello che ho letto sono le ragioni di queste due settimane di silenzio.
In Italia, come in Europa e nel mondo, mi sembrano mancare eventi capaci di suscitare non già entusiasmo, ma neppure una tenue fiducia.
Certo, qualche piccolo segno positivo si può vedere. Ad esempio i dati sull’economia della Grecia indicano che il nostro vicino sta cogliendo i primi, fragili frutti della spietata austerità imposta da FMI, BCE e Unione Europea. Che cosa preoccupa nel quadro di miglioramento della situazione greca? Guarda un po’: la politica. Ecco un pezzo dal Financial Times che vi dice meglio quel che ho banalmente riassunto: http://www.ft.com/intl/cms/s/0/b1d24fde-6c0f-11e4-b1e6-00144feabdc0.html?siteedition=intl#axzz3JDkG5T4q.
Buona stampa.
A Brisbane si è appena concluso il vertice del G20 e, come di consueto, i comunicati finali cercano di accreditare l’immagine di intese cruciali per il miglioramento della vita nel nostro maltrattato pianeta. Andassimo a riprendere tutti comunicati dalla prima di queste riunioni di leader mondiali, scopriremmo che le piaghe della Terra dovrebbero essere state già tutte estirpate, mentre sono ancora tutte là, magari incancrenite. Quanto a Brisbane, il vero argomento sembra essere stato l’Ucraina e la disinvoltura russa nel giocare con le armi e i soldati. E, infatti, Putin se n’è andato via prima della fine dei lavori: un segno per niente positivo, che dimostra come il Presidente russo fatichi a riconoscere di essersi cacciato in una strada senza uscita e non voglia perdere la faccia, anche se la sua politica estera arrogante e spregiudicata sta causando gravi conseguenze economiche al suo paese. Ecco una sintesi sulla conclusione del G20 dal Sole 24 Ore: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-11-16/g20-si-ad-azioni-forti-evasione-fiscale-e-cambiamenti-climatici-putin-lascia-vertice-anticipo-095213.shtml?uuid=ABpllWEC.
Cronaca.
E veniamo all’Italia. Non parlerò di politica, o almeno non tanto o non direttamente.
La situazione del Nord Ovest del Paese, in particolare quella di Genova, lascia sgomenti. Non c’è dubbio che perturbazioni del tipo e della frequenza di quelle che si stanno abbattendo su di noi sono una “novità”. Ma non c’è dubbio che, comunque, si sia fatto ben poco per predisporre difese adeguate. E sembra quasi una beffa leggere che il sindaco di Genova invita i suoi concittadini a salire ai piani alti delle case, mentre i dirigenti pubblici preposti al riordino idrogeologico della città ricevono premi senza aver prodotto il benché minimo risultato. Non è facile, ma Doria potrebbe provare a cacciarli. E, forse, anche a cacciare se stesso e convincere Burlando a fare altrettanto (se tornate al post del 12 ottobre trovate i riferimenti).
Anche il sindaco di Roma farebbe meglio a togliere il disturbo. La vergognosa vicenda delle violazioni del codice della strada da parte della sua auto dimostra come anche Marino, come quasi tutti i colleghi, presupponga di non dover dare il buon esempio e intenda il pubblico incarico come una condizione che libera dal dovere di rispettare la legge.
Mi fermo qui sui politici. Se proseguissi, lo ammetto, il tono cambierebbe e finirei per violare il patto con me stesso sullo stile del blog…
Veniamo, piuttosto, a un caso che ha, almeno per me, dell’incredibile. Venerdì il Corriere della Sera non ha trovato niente di meglio da fare che celebrare l’ottantesimo compleanno del proprietario del suo principale concorrente: Carlo De Benedetti, l’uomo che possiede il gruppo editoriale L’Espresso.
Il regalo di compleanno del quotidiano milanese è stato un’intervista realizzata niente meno che da Aldo Cazzullo, una firma di punta del Corriere, del quale, onestamente, io fatico a vedere il valore: http://archiviostorico.corriere.it/2014/novembre/14/Renzi_energico_spregiudicato_ricorda_Fanfani_co_0_20141114_15fe274e-6bca-11e4-88ab-5f9ad988ed19.shtml.
Mala stampa. La sola spiegazione che mi do per l’intervista è che sia stata sollecitata. Il fatto che a farla sia stato Cazzullo, che mi ricorda un juke-box, pare confermarlo. E pare confermare anche che il direttore a termine (sic!) De Bortoli ha deciso di uscire di scena ancor peggio di quanto già stia facendo avendo accettato la ridicola permanenza fino alla prossima primavera.
Venendo a Carlo De Benedetti, che è il fratello di Franco Debenedetti (chi avrà ragione nello scrivere il proprio cognome?), è un personaggio quanto meno controverso e, in tutta onestà, mi pare difficile additarlo come simbolo dell’imprenditoria di successo del nostro paese. Non vedo molto in comune tra lui e personaggi come Del Vecchio o Bombassei, tanto per fare due nomi.
Alle sue spalle, accanto a pochi successi, De Benedetti ha anche più di un insuccesso, qualche grana con la Giustizia, operazioni oscure (i cento giorni in Fiat e, più oscura di tutte, la breve permanenza nel Banco Ambrosiano, da cui uscì con un utile abbastanza sorprendente) o incredibilmente velleitarie (la scalata, si fa per dire, al gruppo bancario belga Societè Generale). E, come molti dei suoi colleghi, nel tempo non ha resistito al fascino dei settori a bassa intensità concorrenziale, ottenendo anche qui risultati non proprio lusinghieri, come dimostra la fine ingloriosa di Sorgenia.
No, proprio non capisco perché Cazzullo sia andato a intervistare De Benedetti, anzi, lo capisco e capisco anche perché abbia lasciato a casa anche la minima traccia di coraggio, così che si è trattato più di un monologo che di un dialogo.
La storia ha un’appendice che sarebbe divertente se non fosse la rappresentazione drammatica che il nostro Paese è ancora lontano dall’essere una vera economia industriale moderna. La figlia del tizio decrepito non ha trovato niente di meglio da fare che dire la sua, a fronte delle considerazioni di De Benedetti sul gruppo Fininvest. E qui, come si dice, il bue ha dato del cornuto all’asino. Perche Marina Berlusconi può far tutto, ma non certo impartire lezioni di libera impresa, visto che la principale azienda della sua famiglia è nata e si è sviluppata prima in (gradita) assenza di legge, poi in presenza di normative piuttosto favorevoli. E anche considerando che il padre nell’occuparsi delle vicende italiane non ha trascurato di occuparsi, e anche abbastanza, delle sue personali e di quelle delle sue aziende.
Lasciamo perdere. Un paio di ascolti musicali di grande livello sono quel che ci serve. Allora ecco due pianisti, due straordinari talenti, Bill Evans e Michel Petrucciani, dei quali vi ho già proposto altri brani. Oggi li mettiamo a confronto con un famoso pezzo di Henry Mancini, autore di moltissime colonne sonore, in particolare dei film del grande Blake Edwards (http://en.wikipedia.org/wiki/Henry_Mancini): Days of Wine and Roses.
Cominciamo con Bill Evans e il suo trio.


 E finiamo con Petrucciani. 


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