lunedì 15 settembre 2014

Si cambiasse verso...


Come ho già detto, i commentatori più autorevoli hanno smesso di guardare a Renzi con la benevolenza adatta ai primi mesi di governo e hanno cominciato a battere con decisione sui (purtroppo non pochi) elementi di debolezza dell’azione del Presidente del Consiglio, il principale dei quali, ovviamente, è l’aver promesso tanto e mantenuto quasi nulla.
Oggi, sul Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia invita Matteo Renzi a un’operazione che, personalmente, credo lui si guarderà bene dal porre in essere: dire chiaramente chi si oppone alle riforme che il Presidente del Consiglio sarebbe intenzionato realizzare.
Buona stampa. Anche se, mi ripeto, credo destinata a restare una predica nel deserto. Contrariamente a quel che sembra pensare Galli della Loggia (o, più probabilmente, a quello che finge di pensare nella speranza di ottenere ascolto), io sono persuaso che a Matteo Renzi non interessi affatto un’operazione di verità, grazie alla quale vengano smascherati tutti quelli, persone o organizzazioni, che frenerebbero la sua azione di governo. La trasparenza non è tra i suoi obiettivi, anzi.
Renzi è parte di un sistema e si muove al suo interno esattamente come hanno fatto i suoi predecessori. Non c’è nulla di nuovo nel suo modo di agire, salvo lo spropositato ricorso a Twitter, strumento scelto per accreditare l’immagine d’innovatore presso quella parte della pubblica opinione che non va in profondità e, quindi, viene influenzata dalla comunicazione frettolosa dei social network, alla quale, colpevolmente, la stampa si adegua, prestandosi al gioco, così da trasformare i famosi 140 caratteri in notizie, anche se non lo sono affatto.
Quali siano le vere intenzioni di Renzi lo dimostra la decisione di riportare in primo piano la legge elettorale concordata con il tizio decrepito. L’intento è chiaro: avere disponibile lo strumento per forzare la mano all’opposizione (quella più pericolosa ce l’ha in casa) e garantirsi che, in caso di difficoltà, può ricorrere alle urne con buone probabilità di uscirne vincitore. Niente di diverso da quello che avrebbe fatto un qualsiasi tizio decrepito.
I sondaggi dicono che gli italiani ancora credono a Renzi, quindi…
In realtà, i sondaggi dicono anche che agli italiani non piacciono affatto alcuni dei principali ministri e che sono insoddisfatti di quanto (si fa per dire) attuato finora dal governo.
Renzi, intanto twitta o, parlando durante l’inaugurazione della Fiera del Levante a Bari, annuncia che l’Italia non è ripartita, come se fosse un evento sorprendente e, soprattutto, come se avessimo bisogno che ce lo dicesse lui… E poche ore prima, piccato, replica a Katajnen sostenendo che l’Italia non ha bisogno di lezioni. Affermazione piuttosto audace, alla quale si era sentito in dovere di replicare persino Sergio Romano, il cui editoriale sul Corriere della Sera di ieri metteva in evidenza come sia molto improbabile che i nostri partner europei siano disposti concederci (ancora una volta) fiducia senza impegni certi. L’articolo di Romano lo trovate qui: http://www.corriere.it/editoriali/14_settembre_14/sospetto-ricorrente-ab89d260-3bd5-11e4-b554-0ec832dbb435.shtml.
Stampa così e così. Romano si muove sull’onda con la consueta prudenza, fedele fino alla morte all’insegnamento di Jaques de La Palice. Tra l’altro, quando scrive le seguenti parole: “Ogni riforma, da quella del lavoro a quella della giustizia, trova sulla sua strada un partito della contro-riforma, composto da corporazioni che difendono i loro privilegi chiamandoli ampollosamente «diritti acquisiti»”, suscita una discreta irritazione, dal momento che lui appartiene a una delle tante corporazioni di cui parla. Sarebbe apparso assai più credibile e convincente se, ad esempio, avesse contestato quanto scritto dal suo dirimpettaio del sabato, Piero Ostellino, alcune settimane fa (http://www.corriere.it/editoriali/14_agosto_19/contratto-tradito-165d3e46-275f-11e4-9bb1-eba6be273e09.shtml). Ostellino, il quale si atteggia a maestro del liberalismo e del giornalismo senza macchia e senza paura, scrive: “La previdenza è una sorta di contratto che il lavoratore stipula con lo Stato, in base al quale, dietro il pagamento di contributi durante gli anni lavorativi, il cittadino riceverà una pensione”. Questo è certamente vero, ma lo è soltanto in parte, nel senso che esistono lavoratori che, ricevendo una pensione basata sul cosiddetto “sistema retributivo” percepiscono una pensione commisurata non già a quanto hanno versato, ma alla dimensione del loro ultimo stipendio. Un sistema che è stato, e tuttora è, all’origine del disavanzo dell’INPS, l’istituto previdenziale nazionale, e che, per fortuna, è stato eliminato, preservando però i “diritti acquisiti”, che, a questo punto, nelle condizioni in cui versa il bilancio dello Stato, non dovrebbero più essere considerati intoccabili, al contrario.
Chissà come mai Ostellino, che credo sia in pensione avendo superato gli ottanta anni, preferisce non affrontare il problema previdenziale considerando tutti i lati della medaglia? Che sia perché non vuol correre il rischio di vedersi decurtata la pensione?
E il bello che, oltre a impartire lezioni di liberismo, Ostellino non manca mai di criticare i suoi colleghi perché non svolgerebbero bene il proprio lavoro e sarebbero asserviti a qualche parte o a qualche interesse.
Torniamo a Renzi. E alla sua polemica con Katajnen e, in generale, con l’Europa. Le lezioni ce le meritiamo, soprattutto perché, grazie all’ostinazione con cui ha voluto imporre la Mogherini, ora si trova di fronte dei mastini che, comprensibilmente, non sono intenzionati a far sconti all’Italia. Come osserva acutamente Alberto Quadrio Curzio in un editoriale sul Sole 24 Ore di ieri: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2014-09-14/l-italia-non-tema-vigilanza--135643.shtml?uuid=ABESSetB.
Buona stampa. Illuminante su molti aspetti dei problemi che l’Europa e l’Italia hanno di fronte.
Renzi farebbe bene a cambiare verso. A sé stesso.
E noi passiamo alla musica. Il primo brano è un pezzo "di confine", in cui il jazz s'incontra con la musica classica. Il titolo è Picnic Suite - VI movimento - Tendre e l'esecuzione dell'autore Claude Bolling (http://fr.wikipedia.org/wiki/Claude_Bolling).


Come secondo ascolto, sparo un calibro pesante: Bill Evans al piano con Sam Jones al basso e Philly Joe Jones alla batteria in un brano bellissimo, Young and Foolish. Che dite, lo avrò scelto per caso?



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