giovedì 6 giugno 2013

Governate, per favore. Sul serio, non su Twitter o in televisione


Chiuderemo con riflessioni tutt’altro che rassicuranti, perciò prendiamo le mosse dal Corriere della Sera con una notizia divertente proveniente dalla Spagna e poi con l’editoriale di Gian Antonio Stella.
Buona stampa. In qualità di proprietario di cane che non fa nessuna fatica a raccoglierne la cacca, sarei felicissimo di veder applicata anche da noi una sanzione simile a quella ideata dal Municipio di Brunete. Dubito, tuttavia, che il mio desiderio si trasformi in realtà. A parte i ricorsi contro presunte violazioni della privacy (che in Italia vengono invocate quasi sempre da chi ha la coscienza sporca, poco o tanto), non rientra più nella cultura del nostro paese punire chi viola le norme. E le forze dell’ordine, in molti casi, preferiscono girare la testa dall’altra parte piuttosto che sanzionare le infrazioni, magari modeste, che tuttavia sono il terreno fertile in cui affonda le radici l’illegalità diffusa dell’Italia di questi anni.
E passiamo a Stella, il quale affronta un argomento né leggero né confortante, ma il tono è amabilmente graffiante: http://www.corriere.it/editoriali/13_giugno_06/il-coraggio-di-decidere-gian-antonio-stella_86691bbc-ce62-11e2-869d-f6978a004866.shtml.
Buona stampa. Con la sua bonaria ironia, Stella pone in evidenza un tema del quale, in realtà, abbiamo già parlato in precedenza: la mediocre qualità della classe politica, incapace di assumersi realmente la guida del paese. Non si tratta di un problema soltanto italiano. Anche altrove i politici si preoccupano più del consenso che dell’efficacia dell’azione di governo e, se per ottenere il consenso è utile prendere provvedimenti sbagliati o non prenderne, poco importa. Da noi, però, come accade spesso, il fenomeno è particolarmente grave e ha tutta una serie di conseguenze ulteriori di cui ho parlato anche troppo.
E veniamo ad argomenti ancor più preoccupanti con il Sole 24 Ore: nell’edizione cartacea di oggi c’è un’intera pagina dedicata al ritorno sulla scena di alcuni degli elementi che hanno scatenato la crisi finanziaria del 2007. Purtroppo l’edizione online offre soltanto una versione ridotta dell’interessante analisi. Ecco i link agli articoli “tagliati”: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2013-06-05/la-speculazione-come-2007-175637.shtml?uuid=Ab9QMS2H e http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2013-06-05/bond-salsiccia-mutui-subprime-173322.shtml?uuid=AbyK7R2H.
Buona stampa. Il “ritorno di fiamma” tra le grandi banche d’affari e l’alto rendimento possibile con certe operazioni finanziarie, magari svolte da entità parallele non soggette al controllo delle banche centrali e delle autorità preposte (come SEC o Consob), non può che spaventare. Come ho scritto molte volte nei mesi scorsi, dal 2007 non è stato fatto quasi nulla per evitare i fenomeni all’origine di quella crisi. Nulla impedisce, come spiega il pezzo di Morya Longo, il ritorno sul mercato di tutta una serie di titoli “sintetici”, ideati per trasferire rischi eccessivi a investitori ignari di quel che vien loro venduto.
Il problema è che, come ben sottolinea l’inchiesta del Sole 24 Ore, mentre poco o niente è stato fatto per porre un freno alla creazione e alla diffusione di rischio da parte di banche e altre entità finanziarie, molto è stato fatto dagli stati e dalle banche centrali per contrastare gli effetti della crisi esplosa dopo il 2007. Gli uni e le altre, in modi diversi, sono intervenuti sparando quasi tutte le munizioni. Tant’è che il debito pubblico mondiale è quasi raddoppiato (da quasi 29 mila miliardi di dollari a oltre 50.000) e la quantità di moneta disponibile a livello mondiale si è mossa in maniera simile (da 34.384 miliardi di dollari a 54.850 miliardi). Il primo dato si spiega con l’impegno degli stati per impedire il fallimento di grandi istituti di credito (da Royal Bank of Scotland a Dexia, da Citi a Monte Paschi di Siena giusto per fare qualche nome) piuttosto che per attenuare le conseguenze della depressione. Il secondo trova fondamento nelle operazioni con cui le banche centrali hanno tentato di evitare o ridurre la mancanza di credito per imprese e famiglie, senza ottenere grandi risultati, favorendo anzi la speculazione perché l’ampia disponibilità di fondi è stata sfruttata da banche e società finanziarie proprio per operazioni su titoli e non per finanziare l’economia reale.
Non esiste spazio perché gli stati e le banche centrali possano replicare interventi del tipo, delle dimensioni e della durata di quelli posti in essere dal 2007. Detto altrimenti: se un’altra crisi finanziaria dovesse derivare dalla nuova “febbre del rendimento” che si sta diffondendo sui mercati, saremmo praticamente senza difese.
Si può solo sperare che i leader mondiali diano torto a Stella e dimostrino di saper governare sul serio e non attraverso Twitter o Facebook o blog vari. E si decidano a farlo in fretta. Soprattutto quelli, come la signora Merkel, che ha fatto pagare a una buona parte del mondo le sue aspirazioni di rielezione, o come Hollande e il tizio decrepito che hanno fatto promesse assai difficili da mantenere. O come il Primo Ministro giapponese Abe, la cui politica economica aggressiva potrebbe non ottenere nessuno dei risultati auspicati e inserirsi, invece, come un pericoloso detonatore di una nuova crisi, tanto che alcuni la chiamano Abegeddon (http://www.cnbc.com/id/100790158) e non più Abenomics (http://en.wikipedia.org/wiki/Abenomics).
C’è poco da stare allegri, come avevo detto all’inizio.
Buona notte e buona fortuna.

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