giovedì 20 giugno 2013

Abbandoni


L’abbandono degli animali durante i mesi estivi credo sia una vergogna nazionale. Non conosco i dati degli altri paesi, non intendo fare confronti, mi basta leggere questo breve articolo del Corriere della Sera per rabbrividire e chiedermi cosa abbiano nella testa trecentocinquantamila italiani: http://www.corriere.it/animali/13_giugno_20/abbandonato-un-cane-ogni-due-minuti_93b375d0-d9c8-11e2-8116-cce4caac965d.shtml.
Buona stampa, anche se cronaca. La risposta alla domanda me la sono data, ma è meglio che la tenga per me, neppure in questo caso intendo superare i limiti che mi sono posto.
Passiamo oltre, con le mani che prudono, ma passiamo oltre.
Penso che chiunque di noi sappia dove si trovava alle 9 del mattino, ora di New York, di martedì 11 Settembre 2001.
Io ero a Milano, a casa di mia cugina e parlavo con lei in salotto quando Margherita, la figlia più giovane, ci raggiunse dalla sua stanza e ci fece accendere il televisore per vedere quel che accadeva a Manhattan. Poco dopo le salutai per andare in stazione e prendere il treno per Padova. A bordo, ovviamente, non si parlò d’altro che dell’attentato per tutto il tragitto.
Io cercai di tenermi appartato da quelle chiacchiere, da sempre riluttante a farmi coinvolgere dalle conversazioni in treno, tuttavia ricordo che, costretto a dire qualcosa, mi limitai a indicare come, in base al trattato, le nazioni aderenti alla Nato fossero tenute a partecipare a conflitti scatenati da un’aggressione al territorio di un paese alleato qual’era, con tutta evidenza, l’azione contro il World Trade Center.
E in effetti, sia pure servendosi della copertura dell’ONU che dette avvio alla missione chiamata ISAF, sia paesi aderenti alla Nato (inclusa l'Italia) sia paesi estranei all’alleanza hanno contribuito all’azione militare, dapprima concentrata nell’area di Kabul, successivamente estesa a tutto il territorio afgano.
Un’azione militare che, difficile sin dall’origine, è stata affossata dall’assurda idea di George W. Bush di andare, quasi contemporaneamente, a "esportare democrazia" in Iraq. Ok, è un’opinione personale (anche se trova molti sostenitori assai più preparati di me), ad ogni modo è evidente che né la guerra in Afghanistan né quella in Iraq si sono concluse come pensavano George W. e, soprattutto, quei saggi strateghi di Dick Cheney e Donald Rumsfeld. Né l’Afghanistan né l’Iraq sono nazioni pacificate. Se possibile l’instabilità è peggiore oggi di quando si è iniziato a combattere, tant’è vero che, a distanza di oltre undici anni, gli Stati Uniti intendono avviare negoziati con quegli stessi talebani contro i quali hanno scatenato la loro ritorsione per l’attentato alle Twin Towers.
La trattativa è l’unica soluzione per poter effettuare il ritiro completo delle forze ISAF entro il prossimo anno, come previsto, e per farlo con la speranza che il paese non torni ad essere esattamente com’era prima dell’11 settembre 2001.
E’ difficile non pensare che questi anni siano trascorsi invano e che migliaia di soldati provenienti da tutto il mondo abbiano perso la vita o subito ferite devastanti inutilmente.
Il loro sacrificio mi sembra più che mai inaccettabile. E questo rende anche più significativo l’articolo di Paolo Giordano pubblicato da La Lettura, supplemento domenicale del Corriere della Sera, il 16 Giugno: http://lettura.corriere.it/non-dimenticate-il-soldato-numero-53/.
Buona stampa. Un testo da rileggere e da conservare.

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