martedì 4 giugno 2013

Amicizia fuori luogo


Quanto accade in Turchia mi sembra estremamente preoccupante e dovrebbe indurre i principali paesi europei a riconsiderare attentamente il rapporto con Ankara, vissuto con la consueta leggerezza degli interessi domestici anziché considerando la gravità delle prospettive internazionali.
Che il governo guidato da Erdogan sia protagonista di un grave processo involutivo, mi pare indubbio. Una conferma la si trova, tra gli altri, in questo interessante articolo del Financial Times di ieri: http://www.ft.com/intl/cms/s/0/901b1d04-cc46-11e2-9cf7-00144feab7de.html#axzz2VAecrMhE.
Buona stampa.
Oppure in questa ricostruzione, breve e un po’ ironica, dei rapporti tra Turchia e Siria da La Stampa: http://www.lastampa.it/2013/06/03/esteri/assad-si-vendica-dellex-amico-erdogan-la-primavera-turca-si-ribella-al-regime-EufJkAH2xQquHmwuEiZIBN/pagina.html.
Buona stampa.
Sono due gli aspetti che mi colpiscono e mi spaventano di quanto accade in una nazione che, per tante ragioni, ha grande importanza per gli equilibri mediorientali e non solo.
Il primo è il fatto che l’involuzione, contrassegnata da un crescente integralismo, si verifica in netto contrasto con la cultura di un paese tradizionalmente rivolto a Occidente. Il sostegno popolare di Erdogan, infatti, non gli garantisce la maggioranza del consenso e molte misure adottate recentemente dal suo governo fanno a pugni con la tradizione laica consolidatasi dalla fondazione della Turchia moderna da parte di Kemal Atatürk. Il risultato è un conflitto drammatico e profondo, come dimostra l’improvvisa e rabbiosa contestazione che, credo a torto, induce taluni commentatori ad accostare gli avvenimenti turchi a quelli delle cosiddette “primavere arabe”.
Il secondo aspetto che mi pare importante è, al di là della violenza evidente nella repressione, l’atteggiamento addirittura sprezzante con cui Erdogan affronta la protesta. In questo sì, direi, quanto avviene in Turchia si può accostare a quanto accaduto in Tunisia, in Egitto, in Libia e in Siria. La Turchia, però, diversamente da queste nazioni, è una democrazia. Erdogan è stato eletto con regole democratiche, non è arrivato al potere con colpi di stato o attraverso forme di cooptazione da parte di regimi dittatoriali come Mubarak, Ben Alì, Gheddafi e Assad. In breve: mi lascia molto perplesso l’inclinazione a calpestare chi lo contesta da parte di un politico che dovrebbe aver saldi dentro di sé i principi democratici.
E resto sconcertato dal silenzio da parte dei politici italiani. In particolare, appare assordante il silenzio del tizio decrepito, il quale ha dimostrato in questi anni una rara capacità di stringere rapporti amichevoli con alcuni dei leader internazionali più controversi (eufemismo senz’altro generoso), tra i quali Erdogan. Rapporti amichevoli ai quali, bisogna dargli atto della lealtà, frutto, evidentemente, di legami molto forti e significativi, non ha voluto porre fine neppure di fronte a eventi come quelli, ad esempio, della repressione libica.
Non credo che l’amicizia possa e debba avere spazio nei rapporti tra le persone chiamate a guidare una nazione. Certo, è essenziale stabilire buone relazioni, favorire la confidenza e la stima reciproche, creare le condizioni per la comprensione e la collaborazione, ma l’amicizia mi pare che non dovrebbe aver spazio e, se mai si dovesse creare, andrebbe tenuta ai margini di un rapporto che è personale per necessità imposta dai ruoli, ma riguarda le nazioni.
La confusione tra persona e ruolo è un errore molto grave che si verifica anche in ambiti diversi da quello politico. Gli studi di economia aziendale ne offrono innumerevoli esempi negativi.
Guardando alla politica nazionale, purtroppo, continuiamo ad avere prove quotidiane di come sia diffusa e pervasiva l’alta (in molti casi esagerata) considerazione di sé e la volontà di preservare il proprio orticello di potere anche a prezzo di conseguenze dannose per la collettività.
Un esempio per tutti quanto accade all’interno del Pd e della sinistra in generale riguardo alle proposte di modifica della Costituzione. Ne parla Antonio Polito nell’editoriale del Corriere di oggi: http://www.corriere.it/editoriali/13_giugno_04/presidenzialismo-politica-Polito_33aa0622-ccd5-11e2-9f50-c0f256ee2bf8.shtml.
Buona stampa. Intendiamoci: anche a me piace poco l’idea che il tizio decrepito possa decidere di scalare la vetta della Presidenza della Repubblica, soprattutto dopo un aggiornamento della Costituzione che ne accrescesse il potere e che non lo bilanciasse con adeguati contrappesi. E tuttavia, se la maggioranza degli italiani decidesse in questo senso, potrei essere insoddisfatto, ma dovrei farmene una ragione.
Il tizio decrepito è un problema ed è un problema anche lo psiconano+barba-Mediaset, ma l’aiuto che entrambi hanno ricevuto dai loro cosiddetti avversari, in particolare del Pd, rimane impressionante. Un aiuto senza il quale né l’uno né l’altro sarebbero arrivati fin qui.
Abbiamo sprecato vent’anni per colpa di Berlusconi, certamente, ma anche per colpa dei suoi “peggiori” avversari.
Volete un paio di nomi: Rosi Bindy e Massimo D’Alema. Due tra i grandi (anzi, maggiori) elettori del tizio decrepito e dello psiconano+barba-Mediaset.

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