domenica 3 febbraio 2013

Promesse della scienza e promesse di marinaio


Prendiamo avvio lasciandoci alle spalle, sia pure per poco, l’aria ammorbata della politica italiana e andiamo a leggere un articolo apparso ieri su The Guardian. L’argomento è di quelli che suscitano confronti ideologici aspri e senza soluzione: parliamo di alimenti geneticamente modificati. E’ un pezzo che offre spazio alle diverse opinioni in materia e che fornisce spunti di riflessione per formare o rivedere la propria posizione, pur nei limiti di un articolo di quotidiano, sebbene piuttosto esteso: http://www.guardian.co.uk/environment/2013/feb/02/genetic-modification-breakthrough-golden-rice.
Buona stampa. In linea di principio, non sono contrario all’impiego di sementi geneticamente modificate, in particolare in paesi nei quali la fame e certe malattie comportano un prezzo inaccettabile in termini di vite umane. Considero, inoltre, come viene osservato anche nell’articolo di The Guardian, che da moltissimo tempo si impiegano tecnologie solo poco diverse da quelle utilizzate per modificare il patrimonio genetico dei raccolti agricoli.
Tanto per dire, il mais che viene seminato in Italia, pur non essendo, in senso stretto, geneticamente modificato, è comunque stato oggetto di manipolazione attraverso incroci varietali e altri procedimenti così da renderlo progressivamente del tutto diverso dal capostipite. Tra le particolarità di queste sementi c’è che le piante producono chicchi di mais sterili, ossia, se fossero seminati, non produrrebbero a loro volta una pianta capace di completare un ciclo vegetativo normale. In altre parole, pur senza impiegare tecniche di modificazione genetica, le società che producono sementi sono in grado di mettere sul mercato mais, frumento, soia che hanno perduto la capacità di replicarsi, una caratteristica che, personalmente, mi sembra essenziale in ogni essere vivente, il cui istinto fondamentale è la prosecuzione della specie.
Questo per dire che il discrimine tra manipolazione e modificazione genetica mi sembra assai incerto. Aggiungo che a me pare importante, nella discussione sul tema, che il campo venga sgomberato da quanto (troppo) vi è d’ideologico o di strumentale. E, inoltre, a me pare prevalente l’obiettivo di ottenere progressi nella produzione di sementi che, oltre a ridurre le conseguenze della fame e delle malattie nei paesi meno sviluppati, consentano di evitare, nelle nazioni sviluppate, problemi come quelli causati dalla siccità dello scorso anno e dalla presenza di aflatossine nel mais (di cui vi ho già parlato e le cui conseguenze, economiche e non, il mondo agricolo italiano sconterà per anni).
E torniamo alla politica italiana, com’è purtroppo inevitabile dopo l’odierna uscita del tizio decrepito. Non che io sia stupito dalla cosiddetta “proposta choc”: il tizio decrepito fa innumerevoli e sfavillanti promesse da diciannove anni, ma stiamo ancora aspettando di vederle mantenute.
Lascio che ripercorriate la giornata, se proprio avete motivo di rancore verso voi stessi e volete infliggervi una punizione, con quest’utile cronaca dal sito de La Stampa:
Di mio aggiungerò soltanto che, essendo del tutto irrealistico illudersi che i politici italiani modifichino spontaneamente il loro modo di competere per il nostro voto, dovrebbe essere la stampa, uno dei pilastri delle democrazie che funzionano, a richiamarli alle loro responsabilità e a porre in evidenza le loro contraddizioni. E magari a mettere la sordina alle loro sparate. Ma forse anche questa è un’illusione irrealistica…

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