sabato 23 luglio 2016

Con Faye Dunaway e William Holden davanti agli occhi


Dicromo - Maggio 2016
Acrilico su carta e carta colorata

Il 21 gennaio scorso, ospite di Bruno Vespa a Porta a porta (sì, proprio quella, la più solida motivazione per non pagare il canone della RAI), Matteo Renzi, parlando di Banca Monte dei Paschi di Siena, sostenne che “Oggi la banca è risanata, e investire è un affare. Su Mps si è abbattuta la speculazione ma è un bell'affare, ha attraversato vicissitudini pazzesche ma oggi è risanata, è un bel brand (…)”. In rete è possibile trovare il video di queste parole, ma io preferisco la carta stampata, ecco, dunque, il resoconto che ne fece Il Sole 24 Ore in giorno seguente: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-01-22/il-premier-mps-e-risanata-ora-investire-e-affare-073837.shtml?uuid=ACA5HDFC.
Buona stampa. Sempre dal 24 Ore, vi suggerisco la lettura di questo pezzo pubblicato giovedì e firmato da Fabio Pavesi: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2016-07-21/quell-anomalia-credito-facile-che-ha-deragliato-banca-senese-225100.shtml?uuid=ADJkCGw.
Buona stampa. Tra le affermazioni di Renzi e l’articolo di Pavesi sono trascorsi esattamente sei mesi.
Volete vedere come si è mossa la quotazione di MPS in questi sei mesi? Ecco il grafico, che ho prodotto ieri sul sito de Il Sole.


A quanto pare, se qualcuno si fosse fidato delle parole di Renzi e avesse comperato azioni di MPS il 22 gennaio, oggi avrebbe registrato una perdita piuttosto pesante e, con ogni probabilità, vivrebbe con preoccupazione gli sviluppi di una vicenda che resta incerta, poiché tuttora non si sa con sicurezza se e come verranno risolti i problemi della banca senese, in cui agli errori di vecchia data se ne sono aggiunti di più recenti, anche originati a Francoforte.
Forse a me è sfuggito, ma non mi pare che Renzi si sia sentito in dovere di scusarsi di quelle affermazioni, come definirle?, un po’ ottimistiche e che la stampa (salvo, di sfuggita, Lettera43: http://www.lettera43.it/economia/finanza/monte-dei-paschi-di-siena-le-ultime-parole-famose_43675252370.htm) abbia avvertito l'urgenza di mettere in evidenza quell’eccesso di ottimismo e le conseguenze che potrebbe aver avuto.
Procediamo considerando le parole (non molto felici) che Luigi Di Maio ha usato giovedì nel valutare l’operato delle lobby, ma non sto cambiando argomento.
Anche riguardo a questa vicenda non sono solo le parole in sé che attirano la mia attenzione, ma quello che si è creato attorno a esse. Non sorprendentemente, e in maniera a mio avviso piuttosto inconsistente, gli altri partiti hanno scatenato una polemica e Di Maio ha ritenuto opportuno fare una parziale marcia indietro.
Faccio fatica, rispetto alla battuta dell’esponente grillino, a non pensare che l’abbia attentamente meditata e resa pubblica deliberatamente, consapevole di attirare su di sé l’attenzione dei media e, quindi, di mantenere alta la propria visibilità, cui certamente tiene, e parecchio, alla luce delle sue ambizioni. Così come sono convinto che abbia usato quelle parole per accentuare la simpatia dei sostenitori del M5S, così da conservare la posizione di preminenza che oggettivamente occupa nello schieramento guidato dalla Casaleggio Associati per il tramite di Beppe Grillo.
La battuta di Renzi e quella di Di Maio hanno poco in comune, salvo rappresentare esempi di come la classe politica si serva della comunicazione in maniera spregiudicata, più per catturare l’attenzione che per trasmettere un messaggio. E di come tale spregiudicatezza sia del tutto indifferente alle implicazioni in termini di responsabilità.
Il problema si presenta ovunque nel mondo. Esisteva anche in passato (come risulterà chiaro dal video che troverete fra poco), ma non c’è dubbio sul fatto che i cosiddetti nuovi media hanno esasperato il problema e che, anche in conseguenza della concorrenza dei nuovi media, la stampa fatica a svolgere il proprio compito di cane da guardia.
Sul tema, vi suggerisco la lettura di due testi. Comincio dal più recente, un pezzo di Dave Winer pubblicato su ilpost.it: http://www.ilpost.it/2016/07/18/dave-winer-informazione/.
Buona stampa. Nella quale trovate molti spunti di riflessione sulla (in)capacità dei nuovi media di produrre autentica buona informazione.
Il secondo articolo, più lungo, è apparso su The Guardian il 12 luglio: https://www.theguardian.com/media/2016/jul/12/how-technology-disrupted-the-truth?CMP=share_btn_fb.
Buona stampa. Anzi, di più: eccellente. Quello di Katharine Viner (https://en.wikipedia.org/wiki/Katharine_Viner), direttore del quotidiano inglese, in realtà, più che un articolo, è un saggio breve, dal quale emergono tutte le criticità dell’informazione nella nostra epoca e nel quale si sottolinea come di queste criticità si avvantaggiano i politici.
Dovete leggerlo. Non avrebbe alcun senso da parte mia provare a sintetizzarlo. E’ scritto in un inglese perfetto, facilmente comprensibile, un esempio a dir poco ammirevole del modo in cui, per fortuna, in alcune parti del mondo viene ancora interpretato il lavoro del giornalista. Non leggerete mai niente di simile su un quotidiano italiano e nell’articolo di Katharine Viner troverete facilmente la ragione per questo e non dovrete neppure faticare a cercarla tra le righe…
Il titolo è How technology disrupted the truth (Come la tecnologia ha stravolto la verità). Necessariamente un titolo breve, ma nel pezzo troverete molto altro: la graduale scomparsa della verità ha consentito ai politici di sfuggire alla propria responsabilità, prima di tutto da quella delle proprie parole. L’articolo di Viner, che ovviamente guarda soprattutto al Regno Unito, offre alcuni esempi assai convincenti.
Di quello che accade dalle nostre parti, direi che ho citato due casi adeguati.
Oggi non chiudo con un brano musicale, però vi propongo egualmente un video. Si tratta di un brano di circa tre minuti tratto da un film di cui serbo un vivissimo ricordo, tanto che l’ho avuto davanti agli occhi sin da quando, ieri, ho iniziato a scrivere questo post. Il film è Network (Quinto Potere), autentico capolavoro di Sidney Lumet. Il pezzo che ho scelto è il colloquio che segna la fine del legame sentimentale tra Diana Christensen (Faye Dunaway) e Max Schumacher (William Holden).
YouTube ci offre sia la versione in lingua originale,


sia quella doppiata in italiano.


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