domenica 17 luglio 2016

Un colpo di teatro?

Com’è accaduto quasi sempre in circostanze analoghe, il fallito colpo di stato in Turchia sta offrendo a Erdoğan l’occasione che aspettava per togliersi di torno un bel po’ di personaggi scomodi per il suo regime. Sull’argomento potrete trovare articoli ovunque. Io vi suggerisco questo pezzo da The Guardian: https://www.theguardian.com/world/2016/jul/16/erdogan-reprisals-turkey-attempted-military-coup.
Buona stampa. Il presidente turco, benché democraticamente eletto, usa (e userà ancor più da oggi) metodi non troppo diversi da quelli del suo vicino Assad. Giova ricordare che la libertà di stampa è sostanzialmente sospesa, molti giornalisti sono in galera soltanto per aver espresso legittime critiche verso Erdoğan, alcuni suoi familiari e collaboratori più stretti, l’uso dei nuovi mezzi di comunicazione è non di rado impedito, l’opposizione non ha modo di manifestare e, se lo fa, viene duramente repressa (per chi non ricordasse gli avvenimenti di Gezi Park: https://en.wikipedia.org/wiki/Gezi_Park_protests), le richieste di autonomia dei curdi sono soffocate duramente.

Un interessante punto di vista sul colpo di stato è quella di Antonio Ferrari, inviato del Corriere della Sera, il quale, come altri, lascia intendere la possibilità che il colpo di stato sia, in realtà, una messinscena dello stesso Erdoğan, intenzionato a creare le condizioni utili per imporre un giro di vite al paese e accelerare la trasformazione della Turchia in una repubblica presidenziale islamica, nella quale troverebbe almeno parziale applicazione la Shari'a, in misura poco diversa da quello che accade in alcuni paesi vicini. Ecco l’intervento di Ferrari, in forma d’intervista, dal sito del Corriere: http://www.corriere.it/extra-per-voi/2016/07/16/chi-c-dietro-golpe-fasulloin-turchia-che-cosa-succede-ora-600dabda-4b47-11e6-8c21-6254c90f07ee.shtml.
Buona stampa.
In tutta la vicenda, c’è un particolare di cui hanno parlato molti quotidiani italiani e stranieri, ossia il fatto che Erdoğan, per rivolgersi ai turchi e invitarli a ribellarsi al golpisti, ha fatto ricorso a internet, impiegando uno di quei mezzi di comunicazione che, di fatto, lui ha impedito e impedisce ai suoi concittadini di usare. Verrebbe da sorridere se non stessimo parlando di un signore che, ormai, assomiglia parecchio a un dittatore.
Un ultimo aspetto sul quale riflettere. Erdoğan, ma più ancora il suo primo ministro, hanno più volte detto di pretendere dagli Stati Uniti l’estradizione di Fethullah Gülen, oppositore al regime che vive in Pennsylvania. Il tono del confronto su questo tema è salito al punto che la Turchia ha temporaneamente revocato agli Usa il permesso di utilizzare la base di Incirlik per le missioni aree contro l’Isis in Siria e in Iraq e ha, di fatto, posto limiti alla libertà di movimento dei soldati americani attualmente in servizio nella base stessa.
Nei mesi seguiti all’abbattimento di un areo russo da parte dell’aviazione turca e di fronte alle crescenti difficoltà sul fronte curdo, Erdoğan ha reagito con un cambiamento piuttosto deciso della propria politica estera, visibilmente intenzionato a percorrere qualsiasi strada pur di confermare o accrescere il ruolo rivestito nell’area mediorientale dove, per quel che vale il mio parere, non c’è affatto bisogno di un altro despota senza scrupoli, pronto a qualsiasi mossa pur di rafforzare la sua rilevanza e imporre, almeno in parte, un ordine che lo favorisca.
Che vi siano la volontà e la capacità dei paesi occidentali, e dell’Europa unita in particolare, di limitare l’azione di Erdoğan è tutto da dimostrare. Appena si è avuta certezza del fallimento del colpo di stato, tutti si sono affrettati a congratularsi per il pericolo scampato dalla democrazia turca e dal presidente.
Una classe politica di mediocri parolai pusillanimi come quella che ci siamo dati, ovviamente, non poteva reagire che così. E dobbiamo preoccuparci di quello che potrà accadere in futuro (non solo riguardo alla Turchia), come lascia intendere il commento di Franco Venturini dal Corriere odierno: http://www.corriere.it/cultura/16_luglio_17/nell-insicurezza-mondo-c0e06938-4b89-11e6-8c21-6254c90f07ee.shtml#.
Buona stampa. Non mi pare che Venturini ci lasci con una nota di speranza, anzi.
Non ho parlato di Nizza, ma che potrei mai aggiungere io a quanto detto da tanti altri? I miei sentimenti sono quelli di quasi tutte le persone che hanno sensibilità e attenzione per quanto accade attorno a loro. E voi tre, che sensibilità e attenzione possedete in misura superiore alla mia, li conoscete già, così non serve certo che ve li riveli. Come sapete che, purtroppo, non tutti sanno guardare agli eventi tragici dei giorni nostri con il medesimo atteggiamento che ci accomuna. 
Ecco, ad esempio, una descrizione di quanto accaduto in Italia in seguito al rinvio della puntata di una trasmissione televisiva (che non giudico perché non conosco e non intendo conoscere, ma sospetto si tratti di una porcata) offerta da Domenico Naso su Il Fatto Quotidiano di venerdì: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07/15/temptation-island-dopo-la-strage-di-nizza-i-tweet-preoccupati-per-il-rinvio-della-puntata-che-palle-morivo-dalla-voglia-di-vedere-il-confronto-tra-mariarita-e-luca/2907479/.
Buona stampa. Cui evito di aggiungere anche una sola parola, perché sarei, a dir poco, spietato.
Il mio minuscolo contributo nella guerra contro i nemici della vita e della libertà, della cultura e della musica si concretizza, come di consueto, con l’ascolto di un paio di brani musicali. Per il primo, mi affido ancora al genio di Philip Glass, del quale vi propongo The Hours.


Il secondo suggerimento, per restare nel mondo del minimalismo, è un pezzo Terry Riley (https://it.wikipedia.org/wiki/Terry_Riley): In The Summer.




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