venerdì 16 febbraio 2018

Verso il 4 marzo 2


La vicenda dei mancati versamenti dei contributi al fondo per il microcredito da parte di alcuni esponenti del M5S mi pare suggerire due riflessioni principali.

La prima è che il partito guidato da Di Maio (è un partito, checché ne dicano loro) non ha metodi di selezione e di controllo dei propri rappresentanti tanto migliori di quelli degli altri. Non può, cioè, vantare la capacità di scremare i potenziali candidati nelle elezioni di vario livello: nelle liste del M5S possono entrare senza troppa difficoltà anche persone che, in base alle asserite regole imposte dai fondatori e garanti, non dovrebbero trovare accoglienza.
La seconda è che anche tra gli eletti del M5S vi sono persone la cui onestà risulta largamente inferiore a quella vantata dal movimento e che tale condizione conferma un fenomeno che attraversa tutti gli schieramenti politici, ovvero la possibilità, per coloro che, senza troppi scrupoli, hanno deciso di vivere di politica, di essere accolti in qualsiasi partito. La frequenza con cui, in Italia, membri delle assemblee elettive si spostano da un partito ad altro mi sembra dimostrare quanti siano quelli che sono poco interessati a portare un valido contributo alla gestione del paese e molto a ottenere e a mantenere una posizione che garantisce un reddito elevato e una serie considerevole di privilegi.
Che poi il tema dei mancati versamenti sia diventato uno degli argomenti che ottiene maggiore spazio nei mezzi di comunicazione e sia al centro del confronto tra i vari partiti prova come, in questa campagna elettorale, il dibattito non riesca a sollevarsi dal livello squallido che la caratterizza sin da prima che fosse nota la data del voto. Chiacchiere dietro le quali si cerca di nascondere la mancanza di programmi veri, i cui contenuti non siano fumose dichiarazioni di principio o un rosario di promesse largamente irrealizzabili. Tutto si risolve in scontri verbali, spesso volgari e offensivi, svolti attraverso i social media o sui mezzi di informazione tradizionali, sulle presunte mancanze dell’avversario e in repliche patetiche di riti anch’essi patetici. Il tutto condito da generose dosi di informazioni distorte quando non del tutto false.
Che Facebook e Twitter non possano interferire efficacemente, impedendo ai politici di servirsi della loro tecnologia in modo spregiudicato e scorretto, è evidente (così com’è evidente che ai loro utenti più assidui quasi nulla importa della qualità di ciò che leggono: pochi cercano buona informazione, i più apprezzano la possibilità di trovare conferme delle proprie opinioni, anche le più stravaganti, e di sfogare in maniera incontrollata i propri sentimenti, anche quelli meno nobili).
Le carenze dei cosiddetti nuovi media rende ancor più grave l’atteggiamento dei mezzi di informazione tradizionali. Stampa e televisione, affamate di lettori e ascoltatori, offrono generosamente spazi nei quali i politici possono portare avanti le loro discussioni inconcludenti, non di rado estremamente violente, il cui obiettivo è quello di accarezzare la pancia dei cittadini per ottenere qualche voto in più. Ben pochi politici sembrano interessati a far riflettere gli elettori sui problemi che abbiamo di fronte e su possibili soluzioni realistiche.
In questa situazione, per chi abbia voglia di dare un voto davvero meditato e utile per offrire a tutti gli italiani un futuro migliore, la scelta mi sembra assai difficile. Più che mai sarà importante valutare i candidati nei collegi uninominali, anche se questo può portare a sostenere un partito che non ci piace nel proporzionale. Non abbiamo, come elettori, altra possibilità di scalfire il potere esercitato dai leader politici nella formazione del nuovo parlamento. Alla Camera e al Senato entreranno ancora, in larga parte, individui scelti da Renzi, Di Maio, Berlusconi, Salvini, Grasso, Meloni… Abbiamo, dunque, le premesse perché anche nella prossima legislatura difficilmente si verifichi la svolta indispensabile per dare risposte efficaci e di lungo periodo alle esigenze del paese e, soprattutto, dei suoi cittadini più giovani, penalizzati in vario modo dalle scelte politiche (e anche da quelle educative) dei genitori.
Non è casuale la citazione delle scelte educative, per meglio dire diseducative, di molti genitori italiani. In molte famiglie, negli ultimi decenni, i genitori hanno rinunciato sia alla propria autorità sia al proprio compito di formare, almeno in certi ambiti, i figli. In alcuni casi tale scelta si è spinta sino a porre in discussione anche l’autorità e il ruolo degli insegnanti, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
Una rinuncia simile a quella di molti genitori è venuta anche dall’attuale classe politica, all’interno della quale è assai difficile individuare qualcuno che voglia effettivamente svolgere un ruolo di guida e che sia pronto a raccontare ai cittadini la verità, porli di fronte alla realtà delle condizioni del paese e spiegare come, per poter aspirare a un futuro migliore, sia necessario fare i conti con il passato, ovvero affrontare le conseguenze di troppi anni nei quali, per conquistare facile consenso o consolidare posizioni di potere, quasi tutti i governi ci hanno consentito di vivere molto al di sopra delle nostre possibilità. Non c’è nulla che la classe politica italiana non sia disposta a fare pur di ottenere il favore (elettorale) dei cittadini. E non fa nulla che possa procurare una perdita anche modestissima di quel favore. Negli anni si è persa la volontà e la capacità di influenzare la pubblica opinione, di educarla e di offrire modelli di comportamento positivi. Un buon esempio lo offre la sanità.
Anziché opporvisi, in non pochi casi si è favorita la diffusione di convinzioni prive di qualsiasi fondamento scientifico. Anziché contrastarle con fermezza, si è permesso che si affermassero terapie non solo inefficaci, ma addirittura dannose. Penso a personaggi, in realtà assai diversi tra loro, come Di Bella e Vannoni, i quali hanno potuto, con modalità molto differenti, diffondere le loro “cure” per il cancro e per altre malattie incurabili. Nel caso Di Bella, a fronte dell’assurda e impetuosa pressione popolare, alimentata e sostenuta in modo irresponsabile da alcuni organi di stampa, si giunse persino a impiegare la terapia all’interno del sistema sanitario pubblico per alcuni tipi di tumore, senza alcun beneficio per i pazienti trattati, che hanno anzi visto compromessa la possibilità di guarigione, dal momento che non hanno potuto trarre vantaggio dalle terapie previste dai protocolli condivisi a livello mondiale.
Anche in altri settori, purtroppo, la politica è pronta a piegarsi a convinzioni prive di fondamento scientifico, ma assai diffuse tra la gente e sostenute anche da organizzazioni nominalmente indipendenti.
E' di oggi una notizia che mi sembra rilevante a riguardo. Parliamo di coltivazione di piante transgeniche. L’informazione la trovate su quasi tutti i quotidiani, io vi propongo l’articolo de Il Foglio: https://www.ilfoglio.it/scienza/2018/02/15/news/ogm-mais-salute-ambiente-nessun-rischio-ricerca-sant-anna-pisa-179092/.
Buona stampa. Da anni, in Italia e anche in molti altri paesi europei, pur in assenza di prove scientifiche certe, si è vietata la coltivazione dei cosiddetti organismi geneticamente modificati (OGM). Nel caso particolare del mais, al quale si riferisce lo studio dei ricercatori pisani, questo ha comportato conseguenze non trascurabili e un paradosso. Gli agricoltori italiani, infatti, per produrre mais che non contenesse micotossine e fumonisine, sostanze altamente tossiche, hanno dovuto fare ricorso, ad esempio, a costose pratiche agronomiche che prevedono l’impiego di pesticidi per eliminare parassiti la cui azione favorisce lo sviluppo di quelle sostanze. Azioni che non sono necessarie per il mais transgenico, che possiede le difese dai parassiti e la capacità di non produrre micotossine e fumonisine. Non solo: poiché queste sostanze si sviluppano più facilmente in piante stressate dalla siccità, si deve fare ampio ricorso all’irrigazione, il che implica altri costi e, non di rado, un uso non ottimale di grandi quantità di acqua anche perché, ad esempio nel Veneto, i piani di finanziamento regionale privilegiano gli strumenti di irrigazione meno aggiornati, che comportano uno spreco di risorse idriche.
Il paradosso è che il mais transgenico, proveniente da paesi non aderenti all’Unione Europea, viene regolarmente commercializzato e impiegato in Italia e che il suo prezzo risulta stabilmente superiore a quello del mais nazionale, il cui costo di produzione è, come spiegato sopra, necessariamente superiore a quello del mais OGM.
Vedremo se l’ennesima e ampia conferma di quello che molti scienziati sostengono da anni produrrà una revisione della politica sin qui adottata in Italia e nell’Unione Europea. Mi permetto di dubitarne, soprattutto per quel che riguarda il nostro paese, nel quale non solo i politici, ma anche molti esponenti delle associazioni di categoria agricole preferiscono incoraggiare le convinzioni di chi, magari senza alcuna conoscenza dell’argomento, si oppone alle coltivazioni OGM. Convinzioni, ripeto, spesso del tutto prive di fondamento scientifico, ma supportate da pregiudizi e da informazioni inadeguate, se non addirittura diffuse ad arte.
Il progresso tecnologico trova facilmente degli oppositori. Anche di questo parla un (come di consueto eccellente) articolo di Claudio Magris pubblicato dal Corriere della Sera lunedì: http://www.corriere.it/cultura/18_febbraio_11/claudio-magris-quei-418-messaggi-che-non-ho-letto-3441e1ba-0f59-11e8-9d69-9be999237a8e.shtml.
Buona stampa. Di cui non posso evitare di riprendere un passaggio che andrebbe riportato in manifesti da appendere in tutte le aule scolastiche: “…Non è una stolida posa antitecnologica, sempre falsa e patetica, non solo perché si disconosce con supponenza l’aiuto che la tecnologia reca alla vita — basta pensare alla medicina e alla chirurgia — ma anche perché si crede che la tecnologia sia solo quella recente, quella che è piombata nella nostra vita già adulta, e si identifica la cosiddetta natura con la tecnica che c’era già quando si è venuti al mondo. 

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