domenica 16 ottobre 2016

Cerini accesi e memorie corte

Il governo ha varato la legge di bilancio per il 2017. Si tratta, ovviamente, solo del progetto di legge di bilancio, che dovrà essere approvata dal Parlamento e si sa come vanno queste cose…
Cronaca.
Qualche osservazione sulle indicazioni offerte nell’articolo di Vittorio Nuti.
La manovra raggiunge i 27 miliardi, che si distribuiscono in tre grandi segmenti: il blocco delle clausole di salvaguardia (rese nulle per il 2017, ma restano in vigore per i seguenti) assorbe 15,1 miliardi di euro; il pacchetto su investimenti e competitività conta su 4,2 miliardi; gli interventi in ambito pensionistico e sociale risultano pari a 3,1 miliardi. A queste misure si aggiungono 2 miliardi di effetto trascinamento di quelle adottate con l'ultima legge di Stabilità.
15,1 miliardi (oltre il 60% dell’importo complessivo della manovra) servono, dunque, per rinviare ancora una volta l’applicazione delle cosiddette clausole di salvaguardia, che non sono entità così misteriose: si tratta di misure che garantiscono il rispetto dei parametri di finanza pubblica in presenza di eventi inattesi o di variazioni rispetto alle previsioni. In pratica, nel nostro caso, si tratta di aumenti automatici delle imposte indirette (per la precisione dell’IVA nell’aliquota massima) per coprire eventuali aumenti imprevisti del deficit dello stato. Ciò significa che si continuano a spostare in avanti le conseguenze di uscite non considerate o superiori alle previsioni (o di entrate non verificatesi o inferiori alle previsioni). Evitare l’aumento dell’IVA è certamente obiettivo importante, perché l’IVA influisce sui prezzi e, quindi, ha un’azione negativa sul livello dei consumi e sull’andamento del PIL. E’, però, altrettanto evidente che destinare risorse per annullare le clausole di salvaguardia per un anno significa non affrontare i problemi che hanno causato l’applicazione delle clausole stesse. In definitiva, e un po’ semplicisticamente, si allunga il cerino sperando di riuscire a farlo abbastanza da passarlo ad altri.
Una seconda considerazione riguarda il commento del Ministro Alfano, che copio e incollo: “«È la più grande manovra per la competitività, oltre 20 miliardi», dichiara il ministro degli Interni Angelino Alfano, commentando l’approvazione della legge di Bilancio.” Parole dalle quali mi sembra emergere con evidenza che Alfano non ha compreso esattamente l’allocazione delle risorse prevista dalla legge di bilancio. E che, comunque e come sempre, quel che conta è fare propaganda, parlare per ottenere un po’ di spazio nei mezzi di comunicazione, senza preoccuparsi affatto di quel che si dice e delle possibili conseguenze.
L’ultima osservazione riguarda la decisione di chiudere Equitalia e di annullare parte delle sanzioni da essa applicate nelle procedure di recupero dei crediti vantati dallo stato e dagli enti pubblici, incluso l’INPS. Premesso che, come chiunque, ho un’opinione negativa del modo di operare di Equitalia, espressione di un intollerabile atteggiamento punitivo nei confronti dei contribuenti e di una visione distorta del rapporto tra stato e cittadino, mi chiedo se la semplice eliminazione della società di riscossione e il trasloco della funzione nell’Agenzia delle Entrate cambierà le cose. E la risposta che mi do è negativa: i difetti del sistema non vengono annullati semplicemente cancellando Equitalia e sono portato a pensare che, semplicemente, derivano dalla cultura di una società della quale, giova ricordarlo, Agenzia delle Entrate e INPS erano i maggiori azionisti. Detto altrimenti, mi sembra una misura più di facciata, destinata a non produrre effetti reali se non si inciderà profondamente nelle logiche di gestione del recupero dei crediti, ma noi tre sappiamo che è difficile cambiare il modo di pensare e di agire delle strutture burocratiche. Spero di sbagliare.
Tornando alla manovra, tra i tanti commenti mi pare giusto suggerirvi quello de The Financial Times, che certo non si può considerare parte delle fazioni politiche nazionali: https://www.ft.com/content/473a99b0-9336-11e6-a80e-bcd69f323a8b.
Buona stampa. Alla quale aggiungo solo un commento di carattere personale: ieri sera, quando sono uscito con Doc in giardino perché facesse gli ultimi bisogni della giornata, soffiava un vento fresco da nord ovest. Maestrale sulla bassa padovana, un evento decisamente anomalo.
Il vento, a quanto pare, ha cambiato verso. E, per ora, mi sembra la sola cosa ad averlo fatto in Italia.
Chiudo con una valutazione in merito alla crescente tensione tra Russia e Stati Uniti, nella quale anche l’Italia è coinvolta come nazione aderente alla NATO. Anche a volersi imporre un atteggiamento imparziale (e non è facile), c’è un aspetto che tutti mi sembrano dimenticare quando giustificano l’atteggiamento aggressivo di Putin e la pressione che la Russia esercita su nazioni nate dalla dissoluzione dell’URSS e su quelle che, un tempo, facevano parte del Patto di Varsavia. Europa e Stati Uniti hanno sicuramente sbagliato nell’accelerare l’ingresso di  alcune di queste nazioni nella UE e nella NATO o nel sostenerne i governi (non sempre degni di fiducia) quando si ponevano in contrapposizione con la Russia. E, tuttavia, queste nazioni erano e sono comprensibilmente ansiose di sentirsi parte di istituzioni sovranazionali che possono offrire protezione rispetto a un vicino di cui non possono non avere timore. Sembra che ben pochi ricordino come il fratello sovietico amasse portare con i carri armati il proprio “aiuto” per soffocare anche il più modesto tentativo di allontanarsi dall’ortodossia imposta da Mosca.

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