sabato 21 novembre 2015

E se servissero più teste che stivali?

Anche se ho meno tempo per leggere e per scrivere, vengo, purtroppo, catturato facilmente da articoli che preferirei non vedere. Un esempio è questo pezzo di Sergio Rizzo, dal Corriere della Sera di oggi: http://www.corriere.it/cronache/15_novembre_21/sindacato-vince-ricordi-fa-perdere-fiducia-738c9326-9029-11e5-ac55-c4604cf0fb92.shtml.
Buona stampa. La difesa delle cause peggiori sembra la vocazione di quei residui del passato che sono i sindacati italiani, alla guida dei quali sono personaggi ai quali non pare vero di poter confermare i miei noti dubbi sulla classe dirigente del nostro Paese.

E tralasciamo gli sproloqui sui fatti di Parigi, da quelli deliranti dei titoli di alcuni quotidiani (soprattutto italiani, che non cito perché non lo meritano) a quelli degli “esperti” che ovunque avanzano proposte su come combattere l’ISIS. Gente che, altrove, ho definito “007 e Rommel da bar” e penso di essere stato anche troppo generoso.
Sulle modalità per affrontare e vincere la sfida del terrorismo che si ammanta senza ragione della bandiera dell’Islam mi guardo bene dal pronunciarmi, salvo ammettere che faccio fatica a guardare con ottimismo al futuro vista la qualità dei leader politici delle nazioni che contano (inutile fingere che non ci sia una gerarchia). Anche chi si illude che Putin possa farsi carico di svolgere il lavoro sporco per l’Europa e per gli Stati Uniti farebbe meglio a riflettere attentamente. Il presidente russo non è certo a capo di una democrazia compiuta e può esercitare il potere libero da buona parte dei vincoli che frenano i suoi omologhi dei paesi occidentali, tuttavia anche lui incontra dei limiti nell’esercizio del potere e non può ignorare il costo delle sue decisioni, soprattutto quando lo pagano comuni cittadini russi, come i passeggeri dell’Airbus fatto esplodere in volo. Pensare che possano essere i suoi soldati a mettere gli stivali sul terreno siriano e iracheno per combattere quelli dell’ISIS mi sembra illusorio.
E mi pare anche tradire una valutazione un po’ superficiale della questione, che trascura le sfaccettature e i conflitti di interesse che la rendono estremamente complessa. Alberto Negri, giornalista de Il Sole 24 Ore, è uno dei più attenti nel sottolineare le une e gli altri. Vi suggerisco due suoi articoli pubblicati negli ultimi giorni: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-11-19/la-saudi-connection-che-frena-lotta-all-isis-073642.shtml?uuid=ACDLcDdB&fromSearch e http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-11-21/le-radici-africane-jihad-globale-100156.shtml?uuid=ACL2BneB.
Buona stampa. Riporto un brano del secondo articolo: “Anche le cifre aiutano a capire la dimensione della Jihad. L’ultimo rapporto del Global Terrorism Index sottolinea che nel 2014 al primo posto tra i gruppi terroristici per numero di vittime c’è il Boko Haram nigeriano: 7.500 morti. Al secondo viene il Califfato con poco più di 6mila. Le vittime del terrorismo l’anno scorso sono state 32.658, con un aumento dell’80% e la maggior parte dei morti si è avuta in cinque Paesi: Afghanistan, Iraq, Nigeria, Pakistan e Siria. Gli stessi musulmani sono la maggior parte delle vittime, gli occidentali meno del 2,5 per cento.
I numeri hanno una forza che spazza via tante chiacchiere.
Ciò che serve è intelligenza, volontà di capire, cultura. Qualità che non sono certo io a possedere nella necessaria dimensione. Tuttavia posso suggerire due testi nei quali ne trovate in abbondanza. Il primo è un articolo del filosofo francese Abdennour Bidar (https://fr.wikipedia.org/wiki/Abdennour_Bidar) pubblicato da Le Figaro due giorni fa: http://www.lefigaro.fr/vox/societe/2015/11/19/31003-20151119ARTFIG00002-abdennour-bidar-les-musulmans-doivent-passer-a-la-responsabilite-de-l-autocritique.php (grazie al mio amico Dario che me lo ha segnalato).
Il secondo è quello di Claudio Magris pubblicato oggi dal Corriere; non è disponibile sul sito del quotidiano, ma lo potete leggere qui: http://www.selpress.com/gdfsuez/esr_visualizza.asp?chkIm=76.
Buona stampa. Per entrambi. E ci mancherebbe che aggiungessi qualcosa.
Ultimo suggerimento per oggi è il pezzo di questa settimana di Alessandro Fugnoli: http://www.kairospartners.com/sites/default/files/rn-20151119.pdf.
Buona stampa. Fugnoli ci offre una (parzialmente) rassicurante rilettura delle influenze dei fenomeni bellici sull’andamento dei mercati finanziari. In realtà, tra le righe, si scorge il timore che siano altri i fattori dai quali, tra non molto, potranno nascere tendenze ribassiste. Io, come il mio amico Roberto Plaja, sono stato, però, colpito soprattutto dalle sue osservazioni sull’articolo di Lancet relativo alla resistenza dei batteri agli antibiotici, di cui avevo letto anche altrove. I nemici aumentano, mentre le nostre capacità di affrontarli, purtroppo, sembrano farsi più deboli.
Nel mio piccolo, continuo la mia battaglia contro i nemici della cultura e della musica, quelli che sperano di impedirci di vivere la nostra vita come vogliamo, nella libertà, concetto ed esperienza a loro del tutto estranei (copyright della mia amica Barbara). Ascoltiamo un altro pezzo di Allman Brothers Band, forse uno dei loro più famosi: Jessica, trascinante e bellissimo.


Vi propongo anche un secondo ascolto. Da qualche tempo trascuro Keith Jarrett, quindi torno a proporvelo. Il brano è tratto dal bellissimo album Jasmine, in cui il pianista è affiancato da Charlie Haden al basso, e s'intitola Goodbye.




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