martedì 21 agosto 2018

Nessuna autostrada è diritta


Sto leggendo, ma non l’ho ancora terminato, un interessante articolo scritto da Philip Stephens per the Financial Times nel marzo di quest’anno (il tempo, anche per me, è quello che è, quando si può si cerca di recuperare). 
Ne riporto un lungo brano che mi sembra interessante per più di un aspetto: “ The Kremlin had nothing to do with the attempted murder of a former Russian spy in the small English city of Salisbury. Moscow must similarly be absolved of any role in the invasion and annexation of Crimea. The heavily armed Russian soldiers fighting in Eastern Ukraine are no more than civilian volunteers. Cyber attacks in the Baltics and Scandinavia are the invention of hostile states. Russia has no role in the daily slaughter of Syrian civilians. Charges of interference in the US presidential election are wholly fabricated. We know this because Vladimir Putin, the Russian president, insists it to be so. Television images of the troops in Crimea, traces of Russian military-grade nerve gas found in Salisbury, hard documentary evidence collated by the US special prosecutor Robert Mueller — they are all fake news. Mr Putin, we must also understand, does not care that we know that he is lying”. Questo il link: https://www.ft.com/content/3e17ff98-26b6-11e8-b27e-cc62a39d57a0. 
Buona stampa
Nel suo complesso, il testo riepiloga le ragioni per cui l’Europa dovrebbe considerare attentamente ogni concessione alla Russia, la quale, ormai da diversi anni, mostra di ritenersi del tutto sciolta dai vincoli del diritto internazionale e di poter perseguire in libertà i propri obiettivi.
Nella parte conclusiva mette in evidenza la complessità dei meccanismi che funzionano nella comunicazione in questi anni e, aspetto che considero più grave, l’atteggiamento che molti leader politici in ogni angolo del mondo hanno rispetto alle informazioni che vengono trasmesse ai cittadini delle loro nazioni, ma anche di altre, e spesso proprio quest’ultime diventano rilevanti (come dimostrano le interferenze nelle campagne elettorali operate negli USA come in Italia).
C’è per me qualcosa di drammaticamente inquietante nell’ultima parte del testo che vi ho proposto: “Putin, dobbiamo anche capire, non si preoccupa affatto che noi sappiamo che lui mente”.
E questo è uno dei punti su cui vorrei riflettere con voi tre oggi. Ossia il fatto che i leader politici si sentono completamente svincolati dal dovere di dire la verità. In altri tempi e in altri luoghi, l’aver mentito alla propria nazione ha portato un Presidente degli Stati Uniti a dimettersi e un altro ha rischiato di fare la stessa fine. Oggi, spero di sbagliare, le menzogne di Trump non avranno per lui nessuna conseguenza e, con ogni probabilità, se ne servirà generosamente per sopravvivere alle elezioni di medio termine.
Anche i politici italiani mentono. Lo fanno sia usando mezzi tradizionali sia usando quelli messi a disposizione dalla rete. Lo fanno tutti, chi più chi meno: le mie considerazioni coprono l’intero arco delle forze politiche presenti in parlamento. E in più, nel nostro paese, purtroppo, sta progressivamente venendo a mancare l’azione di controllo che dovrebbero esercitare i mezzi d’informazione, ovvero la Stampa. Le ragioni sono tante; accenno solo a due perché intendo parlare anche d’altro e non rubarvi troppo tempo, quindi chiaramente non si tratta di un’analisi che pretende di essere esaustiva e men che meno definitiva. La prima ragione è che, come accade anche altrove, ma in modo senz’altro più marcato, la stampa (la s minuscola non è casuale) italiana tende a schierarsi, quindi rinuncia alla propria indipendenza, offrendosi spesso come strumento di amplificazione della comunicazione di parte, anche quella menzognera. La seconda è che i mezzi d’informazione tradizionale, in particolare i quotidiani, vivono una crisi economica grave e questo, da un lato, li induce a sacrificare ancor di più la propria autonomia e, dall’altro, a ridurre i costi, azione che finisce inevitabilmente per diminuire la qualità del risultato finale.
C’è un legame tra quanto precede e quello che è accaduto nei giorni seguiti alla tragedia di Genova (sono già sette)? Io direi senz’altro di sì. Il crollo del viadotto Polcevera ha messo in luce, se mai ne avessimo avuto bisogno, la capacità della nostra classe politica (tutta) di esasperare attraverso ogni mezzo di comunicazione i conflitti anziché cercare di costruire un minimo di coesione nazionale per affrontare un evento di dimensioni e complessità senza pari. Penso in primo luogo alle vittime, ai loro famigliari e alle persone rimaste senza casa e senza lavoro, di chi, insomma, questo dramma lo ha vissuto e lo vive, sia pure con diversa intensità, sulla propria pelle e più ancora nel proprio cuore. Penso, però, anche alle conseguenze sulla città e sulla regione, tagliate in due, con problemi di comunicazione che avranno ripercussioni pesantissime sull’economia e, opportuno ricordarlo, anche sulla qualità dell’aria perché è inevitabile pensare che il traffico sarà molto più congestionato e quindi fonte di maggiore inquinamento.
Questi temi certo sono presenti nelle opinioni espresse dai politici, ma hanno, direi, assai meno spazio delle polemiche su chi non avrebbe fatto questo e chi avrebbe fatto quest’altro su quello che faremo noi e che noi non faremmo e così via.
Sia chiaro, non ci si può aspettare che nel giro di una settimana si risolvano i problemi, tuttavia considero gravemente sprecato il tempo speso nelle solite inconcludenti discussioni. E anche spedendo via Facebook e Twitter messaggi il cui solo scopo era alimentare le polemiche e procurarsi qualche nuovo ammiratore grazie a un paio di carezze ben date alle budella.


E arriviamo al tema centrale del post: gran parte delle chiacchiere sulle convenzioni e le concessioni autostradali hanno mostrato un quadro molto parziale, perché, appunto, si trattava di portare acqua al proprio mulino, non di aiutare i cittadini a capire e di presentare soluzioni chiare ed effettivamente praticabili.
In questi giorni ho letto documenti e articoli, di alcuni dei quali vi darò tra poco il link. Testi che mi hanno aiutato ad ampliare le mie conoscenze in materia e a convincermi che non è affatto facile avere un’opinione definitiva e che il problema del trasporto nel nostro paese merita una considerazione assai diversa da quella che ha ottenuto negli ultimi venticinque anni, anche in conseguenza di privatizzazioni effettuate in modo, come dire?, assai poco brillante.
Partiamo da lontano. Risalgono al 2012 e 2013 tre articoli pubblicati dalla rivista Strade e Autostrade e dedicati a confronti tra la rete autostradale e stradale dell’Italia con quelle di Germania, Francia e Spagna. Vi fornisco il link all’articolo sulla Germania, da questo potrete risalire agli altri due, trovate i collegamenti a fondo pagina: https://www.stradeeautostrade.it/traffico-e-mobilita/la-rete-stradale-in-europa-e-nel-mondo-confronti-italia-germania/.
Buona stampa. Anche se un po’ datati, offrono comunque un’immagine che non dovrebbe essere cambiata troppo negli ultimi anni. Un elemento che mi pare risaltare nettamente, rispetto alla Germania, è il flusso di traffico pesante. Nel nostro paese le merci viaggiano su gomma in misura largamente superiore. Come si sposteranno in Germania? Loro hanno la fortuna di avere il Reno (mentre noi ignoriamo il Po), ma hanno anche le ferrovie e normative che disincentivano energicamente il trasporto su gomma. Noi abbiamo contributi sul prezzo del gasolio per sostenere l’autotrasporto (https://quifinanza.it/fisco-tasse/rimborso-accise-gasolio-chi-ne-ha-diritto/177774/). Non sto esprimendo giudizi di valore, anche perché non sono certo in grado di farlo, sto mettendo in evidenza elementi che mi sembrano meritare riflessione.
Un’altra fonte. Non si tratta di un articolo, ma di lucidi usati dal Prof. Carlo Scarpa nel corso di un convegno organizzato nel 2017. E’, dunque, materiale un po’ essenziale, anche oscuro in assenza delle spiegazioni del conferenziere, ma trovate dati sulla proprietà delle reti autostradali in Francia, Spagna e Italia: http://www.sipotra.it/wp-content/uploads/2017/01/SCARPA.pdf. Come si vede, non siamo stati i soli a privatizzare.
Da ultimo, vorrei ricordare che, più o meno nello stesso momento in cui veniva rinnovata senza la gara la convenzione con Autostrade per l’Italia S.p.a., ne sono state rinnovate altre e che, per esempio, di procedimenti simili hanno beneficiato anche società controllate da enti pubblici, come la A22 Brennero-Modena o la A4 BS-VR-VI-PD. In quest’ultimo caso, quando ci fu il rinnovo della convenzione nel 2007, venne concesso soprattutto come contropartita per la realizzazione del tratto sud della A31 Valdastico, nel corso della quale, è emerso, furono impiegati per la creazione del fondo materiali altamente inquinanti. Mi pare anche questo uno stimolo alla riflessione.
Oggi la maggioranza di A4 BS-VR-VI-PD (quindi anche di A31) appartiene al gruppo spagnolo Abertis, in corso di fusione con Atlantia. Allora, quando fu concessa la proroga, era ancora in larga parte di proprietà degli enti pubblici territoriali attraversati.
La A22 Brennero-Modena (il cui capitale è per quasi il 55% nelle mani di Provincia e Comune di Trento, Provincia e Comune di Bolzano e Regione T.A.A.) viene citata quasi ogni giorno dell'anno nei bollettini sul traffico per rallentamenti che interessano lunghi tratti del tracciato, soprattutto tra Verona e Bolzano. Questo significa che è dimensionata in maniera inadeguata rispetto ai volumi di traffico, ciononostante, sebbene non sia quasi mai percorribile alle velocità di una normale autostrada, i pedaggi vengono regolarmente incassati (e i soci di maggioranza hanno di fatto posto il veto alla realizzazione della terza corsia).
Direi, e chiudo, che bisogna stare molto attenti prima di esprimere giudizi definitivi in materia di gestione delle autostrade nel nostro paese. E questo vale soprattutto per i politici, ma loro, come Putin, non si preoccupano certo né di mentire né di promettere provvedimenti impossibili o difficilmente attuabili. Sanno di contare sull’impunità che deriva, principalmente, dalla mancanza di autentica voglia di sapere di gran parte dei loro concittadini, persone alle quali non pare vero di ritrovarsi una verità rivelata che li libera dalla fastidiosa incombenza di informarsi davvero e di pensare con la propria testa.


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