martedì 6 settembre 2016

Una carenza di tutti i partiti

Il dialogo a distanza tra Perotti e Gutgeld non si è esaurito ieri, ma l’odierna replica del primo alla risposta del secondo non è disponibile sul sito del Corriere. E, ad ogni buon conto, credo che la vicenda sia destinata a chiudersi qui. Da un lato perché il quotidiano ha dedicato anche troppo spazio all’argomento; dall’altro perché Gutgeld ha esaurito il suo compito e, probabilmente, considera l’incidente chiuso e le critiche di Perotti comunque ormai prive di valore e di pericolosità. Non ignora che quasi nessuno, anche tra pochi giorni, si ricorderà più di questa diatriba. La polemica non avrà conseguenze di nessun genere, neppure qualora si rivelasse che la sua smentita è costruita su argomenti in larga parte pretestuosi o non attinenti alle considerazioni originarie di Perotti.
In Italia troppo spesso funziona così. Le questioni raramente vengono affrontate sino in fondo e, in ambiente politico, ben pochi vengono chiamati a rendere conto delle proprie parole o delle proprie azioni. Una prassi che, a quanto pare, sembra gradita anche ai sedicenti portatori del nuovo. Sulla formazione e sul funzionamento dell’amministrazione romana, tuttavia, preferisco non pronunciarmi ancora: credo ci aspettino altre rivelazioni interessanti, quindi meglio non esprimere opinioni che potrebbero dimostrarsi azzardate. Già adesso, però, mi sento di dire che il Movimento 5 Stelle non mi pare aver messo a disposizione del paese una classe dirigente capace e nettamente distinta da quella che l’ha preceduta.
Il problema della selezione è e sarà sempre più cruciale se vogliamo sperare di far uscire l’Italia dalle acque melmose in cui beccheggia da almeno due decenni.
Nessun partito o movimento sembra in grado di (e, aggiungerei, neppure realmente interessato a) predisporre meccanismi capaci di scegliere persone davvero portate per l’attività politica e di fornire loro percorsi che consentano di acquistare le conoscenze e di fare le esperienze necessarie per svolgere una carriera politica proficua per il paese.
A riguardo, la sola novità introdotta dal M5S è stato il voto via internet per la scelta dei candidati da presentare nelle diverse consultazioni elettorali. Il numero dei partecipanti al voto è sempre stato così esiguo da suscitare più di una perplessità su questo metodo che, alla luce della modesta cultura informatica degli italiani e della bassa diffusione di internet, non consente di esprimere il proprio parere a un segmento assai ampio della popolazione.
L’assenza di criteri efficaci di selezione, cui si accompagna la tendenza dei vertici dei partiti a dare spazio a chi sembra godere di popolarità nel territorio, senza guardare al modo in cui tale popolarità è stata ottenuta, mi sembra spiegare perché i fatti di malgoverno e di corruzione si presentino ormai con una sostanziale uniformità nelle amministrazioni di ogni composizione.
La politica, in un numero troppo ampio di casi, viene vissuta non più come un impegno per il bene collettivo, ma come una professione ben remunerata e assai poco impegnativa da perseguire sotto qualsiasi bandiera. Importante è conquistare una poltrona (e, più ancora, un’indennità e dei privilegi), con che squadra conta quasi nulla, come dimostra la disinvoltura con cui ci si sposta da uno schieramento all’altro, con l’unico scopo di non perdere l’incarico o di garantirsene uno più remunerativo.
Su questo argomento dice cose molto interessanti Ernesto Galli della Loggia nel suo fondo odierno sul Corriere della Sera: http://www.corriere.it/opinioni/16_settembre_06/perche-vero-leader-21fd09f8-739c-11e6-8697-4ca4df3f7e63.shtml.
Buona stampa. E qui mi fermo.

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