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domenica 6 settembre 2015

Ich bin ein Münchner

La scelta del titolo oggi non è stata immediata. Ero incerto tra “Smentite e conferme” e quello che vedete: poche parole in tedesco (lingua che ignoro pressoché totalmente) con le quali, ieri, avevo accompagnato su Facebook la condivisione di questo video della BBC: http://www.bbc.com/news/world-europe-34162844.

martedì 18 agosto 2015

Da che pulpito

Prendiamo avvio da un articolo di Piero Ostellino, pubblicato oggi da Il Giornale: http://www.ilgiornale.it/news/politica/papa-predica-mondo-che-non-c-1160729.html.
Mala stampa. Ostellino è stato un ottimo corrispondente del Corriere della Sera da Mosca e da Pechino, poi, da editorialista (al Corriere, di cui è stato anche direttore, e, da qualche mese, al quotidiano della famiglia Berlusconi), la sua autorevolezza mi sembra si sia pian piano dissolta, fagocitata dalla volontà di accreditarsi come unico vero esegeta del pensiero liberale in Italia e dalla propensione alla polemica, non di rado gratuita. Così è per l’articolo di oggi, nel quale ripete varie volte che la politica risponde all’etica della responsabilità e, sulla base di questo assunto, nega validità all’approccio che il Papa suggerisce per la questione dei migranti.
Come i politici che vuole difendere, Ostellino non sa offrire nulla di concreto, ma solo la sua personale (e piuttosto fuorviante) interpretazione del pensiero di Max Weber, invocato per sostenere che gli argomenti del Pontefice nulla hanno a che vedere con quel che fanno o che dicono i politici di governo e di opposizione e per ridurre la questione esclusivamente a materia di finanza pubblica, come se non vi fossero altri aspetti cruciali nel quotidiano arrivo di migranti, anche estremamente pratici e urgenti (e dei quali ho parlato anche troppo).
Tra l’altro, Ostellino impartisce questa lezioncina dalle pagine de Il Giornale, che appartiene alla famiglia di un signore il quale, nella sua esperienza come uomo politico, si è dimostrato abbastanza poco pratico di etica della responsabilità e che certo non ha, con i propri atteggiamenti e con provvedimenti dei suoi governi, rallentato il declino del senso di legalità nel Paese. Mi fermo qui su Ostellino, ma restiamo, almeno parzialmente, in tema di critiche alle posizioni ecclesiastiche.
Su Il Sole 24 Ore di sabato, in un articolo abbastanza lungo, Luca Ricolfi aveva valutato negativamente la posizione della Chiesa che si preoccupa dell’accoglienza dei migranti, ma sembra dimenticarsi del fatto che a causare il fenomeno sono i governi delle nazioni, sempre più numerose, da cui fuggono le migliaia di persone che cercano accoglienza in Europa e altrove.
Quella di Ricolfi, a mio parere, è una contestazione assai più fondata di quelle di Ostellino e, soprattutto, si inserisce nell’analisi di un tema di grande interesse, quello della propensione a traslare su altri le nostre responsabilità. Ecco il collegamento al suo articolo: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-08-15/lo-spostamento-responsabilita-093706.shtml?uuid=ACw04Ai.
Buona stampa. Chi di voi tre mi segue da un po’ di tempo può immaginare la soddisfazione che ho provato nel leggere il pezzo di Ricolfi. Ne riprendo un periodo che precede la conclusione: “E' questo, talora, l'esito non previsto delle grandi campagne “pedagogiche”, in cui l'élite al potere prova ad educare la massa, giudicata rozza, incolta e bisognosa di essere illuminata. Così come gli eccessi del politicamente corretto, portati oltre una certa soglia, possono sortire una reazione uguale e contraria (vedi, in questi giorni, il successo dello scorrettissimo Donald Trump negli Stati Uniti)…”
Parole che condivido senza riserve e che dovrebbero essere mandate a memoria non soltanto dai politici (che un po’ ovunque nel mondo sembrano volersi occupare di ogni aspetto della vita dei cittadini, anche oltre i limiti del lecito), ma anche dai giornalisti, non solo italiani.
Sempre sabato, sul suo blog, Roberto Plaja ha considerato il caso di Donald Trump e la possibile decisione di escluderlo dai prossimi confronti televisivi tra i candidati repubblicani alle elezioni presidenziali del 2016. E’ un prezioso piccolo saggio sulla logica che dovrebbe guidare le scelte dei mezzi di comunicazione in casi simili: http://www.theboxisthereforareason.com/2015/08/15/the-problem-with-trump/. Come di consueto, Roberto affronta il problema in modo semplice e diretto: un ottimo lavoro. Già che visitate il suo blog per il pezzo su Trump, date un occhiata anche a questo, pubblicato ieri: http://www.theboxisthereforareason.com/2015/08/16/cracks-on-the-dam/. Roberto torna a occuparsi della sua materia di elezione, la finanza, e lo fa offrendoci utili spunti di riflessione sulla situazione assai complessa che si sta determinando sui mercati.
Passiamo alla musica. Come primo pezzo, ecco un classico del jazz, Body and Soul, nell’esecuzione di Donald Byrd e Kenny Burrell.


Il secondo ascolto è sempre un brano di jazz, eseguito da Ellis Marsalis (https://en.wikipedia.org/wiki/Ellis_Marsalis,_Jr.), padre di Wynton e Brandford. Il brano che vi propongo si intitola Never Let Me Go.



lunedì 15 settembre 2014

Si cambiasse verso...


Come ho già detto, i commentatori più autorevoli hanno smesso di guardare a Renzi con la benevolenza adatta ai primi mesi di governo e hanno cominciato a battere con decisione sui (purtroppo non pochi) elementi di debolezza dell’azione del Presidente del Consiglio, il principale dei quali, ovviamente, è l’aver promesso tanto e mantenuto quasi nulla.
Oggi, sul Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia invita Matteo Renzi a un’operazione che, personalmente, credo lui si guarderà bene dal porre in essere: dire chiaramente chi si oppone alle riforme che il Presidente del Consiglio sarebbe intenzionato realizzare.
Buona stampa. Anche se, mi ripeto, credo destinata a restare una predica nel deserto. Contrariamente a quel che sembra pensare Galli della Loggia (o, più probabilmente, a quello che finge di pensare nella speranza di ottenere ascolto), io sono persuaso che a Matteo Renzi non interessi affatto un’operazione di verità, grazie alla quale vengano smascherati tutti quelli, persone o organizzazioni, che frenerebbero la sua azione di governo. La trasparenza non è tra i suoi obiettivi, anzi.
Renzi è parte di un sistema e si muove al suo interno esattamente come hanno fatto i suoi predecessori. Non c’è nulla di nuovo nel suo modo di agire, salvo lo spropositato ricorso a Twitter, strumento scelto per accreditare l’immagine d’innovatore presso quella parte della pubblica opinione che non va in profondità e, quindi, viene influenzata dalla comunicazione frettolosa dei social network, alla quale, colpevolmente, la stampa si adegua, prestandosi al gioco, così da trasformare i famosi 140 caratteri in notizie, anche se non lo sono affatto.
Quali siano le vere intenzioni di Renzi lo dimostra la decisione di riportare in primo piano la legge elettorale concordata con il tizio decrepito. L’intento è chiaro: avere disponibile lo strumento per forzare la mano all’opposizione (quella più pericolosa ce l’ha in casa) e garantirsi che, in caso di difficoltà, può ricorrere alle urne con buone probabilità di uscirne vincitore. Niente di diverso da quello che avrebbe fatto un qualsiasi tizio decrepito.
I sondaggi dicono che gli italiani ancora credono a Renzi, quindi…
In realtà, i sondaggi dicono anche che agli italiani non piacciono affatto alcuni dei principali ministri e che sono insoddisfatti di quanto (si fa per dire) attuato finora dal governo.
Renzi, intanto twitta o, parlando durante l’inaugurazione della Fiera del Levante a Bari, annuncia che l’Italia non è ripartita, come se fosse un evento sorprendente e, soprattutto, come se avessimo bisogno che ce lo dicesse lui… E poche ore prima, piccato, replica a Katajnen sostenendo che l’Italia non ha bisogno di lezioni. Affermazione piuttosto audace, alla quale si era sentito in dovere di replicare persino Sergio Romano, il cui editoriale sul Corriere della Sera di ieri metteva in evidenza come sia molto improbabile che i nostri partner europei siano disposti concederci (ancora una volta) fiducia senza impegni certi. L’articolo di Romano lo trovate qui: http://www.corriere.it/editoriali/14_settembre_14/sospetto-ricorrente-ab89d260-3bd5-11e4-b554-0ec832dbb435.shtml.
Stampa così e così. Romano si muove sull’onda con la consueta prudenza, fedele fino alla morte all’insegnamento di Jaques de La Palice. Tra l’altro, quando scrive le seguenti parole: “Ogni riforma, da quella del lavoro a quella della giustizia, trova sulla sua strada un partito della contro-riforma, composto da corporazioni che difendono i loro privilegi chiamandoli ampollosamente «diritti acquisiti»”, suscita una discreta irritazione, dal momento che lui appartiene a una delle tante corporazioni di cui parla. Sarebbe apparso assai più credibile e convincente se, ad esempio, avesse contestato quanto scritto dal suo dirimpettaio del sabato, Piero Ostellino, alcune settimane fa (http://www.corriere.it/editoriali/14_agosto_19/contratto-tradito-165d3e46-275f-11e4-9bb1-eba6be273e09.shtml). Ostellino, il quale si atteggia a maestro del liberalismo e del giornalismo senza macchia e senza paura, scrive: “La previdenza è una sorta di contratto che il lavoratore stipula con lo Stato, in base al quale, dietro il pagamento di contributi durante gli anni lavorativi, il cittadino riceverà una pensione”. Questo è certamente vero, ma lo è soltanto in parte, nel senso che esistono lavoratori che, ricevendo una pensione basata sul cosiddetto “sistema retributivo” percepiscono una pensione commisurata non già a quanto hanno versato, ma alla dimensione del loro ultimo stipendio. Un sistema che è stato, e tuttora è, all’origine del disavanzo dell’INPS, l’istituto previdenziale nazionale, e che, per fortuna, è stato eliminato, preservando però i “diritti acquisiti”, che, a questo punto, nelle condizioni in cui versa il bilancio dello Stato, non dovrebbero più essere considerati intoccabili, al contrario.
Chissà come mai Ostellino, che credo sia in pensione avendo superato gli ottanta anni, preferisce non affrontare il problema previdenziale considerando tutti i lati della medaglia? Che sia perché non vuol correre il rischio di vedersi decurtata la pensione?
E il bello che, oltre a impartire lezioni di liberismo, Ostellino non manca mai di criticare i suoi colleghi perché non svolgerebbero bene il proprio lavoro e sarebbero asserviti a qualche parte o a qualche interesse.
Torniamo a Renzi. E alla sua polemica con Katajnen e, in generale, con l’Europa. Le lezioni ce le meritiamo, soprattutto perché, grazie all’ostinazione con cui ha voluto imporre la Mogherini, ora si trova di fronte dei mastini che, comprensibilmente, non sono intenzionati a far sconti all’Italia. Come osserva acutamente Alberto Quadrio Curzio in un editoriale sul Sole 24 Ore di ieri: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2014-09-14/l-italia-non-tema-vigilanza--135643.shtml?uuid=ABESSetB.
Buona stampa. Illuminante su molti aspetti dei problemi che l’Europa e l’Italia hanno di fronte.
Renzi farebbe bene a cambiare verso. A sé stesso.
E noi passiamo alla musica. Il primo brano è un pezzo "di confine", in cui il jazz s'incontra con la musica classica. Il titolo è Picnic Suite - VI movimento - Tendre e l'esecuzione dell'autore Claude Bolling (http://fr.wikipedia.org/wiki/Claude_Bolling).


Come secondo ascolto, sparo un calibro pesante: Bill Evans al piano con Sam Jones al basso e Philly Joe Jones alla batteria in un brano bellissimo, Young and Foolish. Che dite, lo avrò scelto per caso?



venerdì 10 agosto 2012

Chi giudica chi?


Qualche mese fa, grazie anche alle considerazioni di Ernesto Galli della Loggia, avevo espresso le mie perplessità sul fatto che il Governo Monti possedesse la cultura necessaria per differenziare profondamente, com’era e com’è necessario, il proprio operato da quello dei governi precedenti. E avevo indicato, quale causa principale di questa mancanza di cultura, l’elevata percentuale di membri provenienti dalla carriera nella pubblica amministrazione.
Oggi, con una misura sconcertante e in linea con altre simili di tanti governi degli anni scorsi, è arrivato l’aumento delle accise sui carburanti, sia pure nominalmente temporaneo. I quotidiani, in versione on line, danno la notizia con varia enfasi. Scelgo il Giornale, anche se mi sarei aspettato una maggiore aggressività dai collaboratori del mitico Sallusti: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/carburanti-domani-scatta-aumento-accise-828920.html.
Cronaca.
Spero sinceramente che il Presidente del Consiglio decida di tornare sui propri passi e induca l’Agenzia delle Dogane (ente competente) a revocare la misura. Ne guadagnerebbero non soltanto le tasche di noi poveri cittadini, già piuttosto provate, ma anche l’immagine di un governo che aveva fatto nascere in molti di noi la speranza di un cambiamento marcato rispetto al passato.
Passiamo a una polemica, nata e cresciuta sul Corriere della Sera, che coinvolge argomenti di notevole rilievo e, sebbene affrontati attraverso uno scambio non proprio garbato, meritano riflessione, in primis da parte dei due “duellanti”.
All’origine il pezzo scritto da Piero Ostellino per la sua rubrica “Il dubbio” dello scorso sabato 4 Agosto: http://archiviostorico.corriere.it/2012/agosto/04/contrappongono_giustizia_politica_co_9_120804111.shtml.
Il Procuratore Aggiunto di Palermo Ingroia, evidentemente punto sul vivo, ha replicato con una lettera pubblicata ieri con una controreplica di Ostellino: http://archiviostorico.corriere.it/2012/agosto/09/Giustizia_Politica_Ragion_Stato_co_9_120809027.shtml.
Una precisazione: in quest’ultima pagina i due testi sono fusi insieme, ma si capisce dove finisce quello di Ingroia e dove inizia quello di Ostellino.
Stampa così e così.
Un tema di questa importanza non può essere affrontato in maniera simile, lasciandosi trascinare al punto da trascendere anche dalla minima correttezza formale indispensabile nel rapporto tra persone che occupano posizioni di rilievo nel paese. Quest’ansia di sovrastare la voce dell’interlocutore non porta da nessuna parte e rischia di impedire ai lettori di comprendere le varie sfaccettature di un argomento assolutamente non banalizzabile.
Non si può negare che Ostellino, nel suo pezzo del 4 Agosto, abbia impiegato un tono così platealmente provocatorio (se non offensivo) da motivare, da parte di Ingroia, una risposta scritta con il medesimo inchiostro. Un pessimo comportamento da parte di entrambi e poco importa stabilire se la colpa prevalente sia del giornalista o del magistrato. Hanno, con la loro ira e il loro egocentrismo, trasformato una questione come quella della trattativa tra Stato e Mafia in una baruffa tra galletti in un pollaio vuoto.
E ha sbagliato anche il Direttore del Corriere, de Bortoli, a non intervenire o a non far intervenire un terzo in modo da sottrarre ai litiganti aspetti giuridici e filosofici che non possono assolutamente essere affrontati nello spazio e, soprattutto, nel modo in cui sono stati affrontati.
Aggiungerei che de Bortoli dovrebbe anche porsi la domanda se sia giusto che un collaboratore del quotidiano da lui diretto, per quanto importante quanto può essere un ex direttore quale Ostellino, si consideri autorizzato ad attribuire patenti di ogni genere a chiunque abbia la (s)ventura di attirare la sua attenzione o di entrare in polemica con lui. Il Corriere della Sera, per interposto Ostellino, non deve dare patenti di esperto di diritto piuttosto che di economia o di qualsiasi altro ambito del sapere umano. Deve informare, nel senso più ampio e più nobile del termine. E farlo, magari, con una punta di modestia in più di quella che si può misurare leggendo ogni giorno il quotidiano e, servendosi degli indirizzi mail da loro stessi forniti, colloquiando di tanto in tanto con i giornalisti.
Che poi una rubrica intitolata “Il dubbio” contenga la celebrazione autoreferenziale di Piero Ostellino, che i dubbi li nutre sugli altri e dedica a se stesso una smisurata certezza, beh, mi pare poco adatto al Corriere della Sera.

martedì 31 luglio 2012

Un ottimo quotidiano


Ho avuto un nuovo diverbio via mail con Piero Ostellino. Non ho ancora deciso se sia o meno il caso di pubblicarlo. Non per me, ma per lui, visto che, per quanto pungenti, le mie parole non mi sembrano (posso sbagliare), diversamente dalle sue, offensive e, per quanto maldestre, le mie considerazioni mi sembrano dimostrare (posso sbagliare), diversamente da quanto sembrano dimostrare le sue, che ho letto e cercato di capire le sue parole.
In ogni caso, pur avendo ancora le pale che frullano, devo riconoscere a Ostellino che è un interlocutore stimolante e divertente. E risponde ai lettori, il che gli va riconosciuto come un merito incontrovertibile.
Magari lo scambio di mail lo pubblicherò nei prossimi giorni, dopo aver parlato con la mia amica Carla, un’eccellente e grintosa donna di legge.
Nel frattempo, vi propongo un tuffo nel passato relativamente recente, con una polemica tra Fiorenza Sarzanini e Ostellino stesso, nella quale de Bortoli, direi correttamente, ha ritenuto di intervenire per chiudere la questione. Torniamo al maggio del 2010, quando si discuteva del possibile intervento, attraverso un progetto di legge dell’allora Ministro della Giustizia (di Grazia e Giustizia, più precisamente) Angelino Alfano, sulla diffusione di notizie relative a indagini della magistratura, ovviamente incluse le intercettazioni telefoniche.
Segue il pezzo di Ostellino:
E questo è l’intervento conclusivo di Ferruccio de Bortoli:
Un’osservazione: le date non sembrano collimare, ma come potrete vedere, l’articolo di Ostellino reca due date (23 Maggio e 8 Luglio), mentre l’articolo di Sarzanini è datato 22 Maggio e quello di de Bortoli pure risulta datato 8 Luglio. Credo che il problema dipenda dal momento in cui gli articoli sono stati pubblicati in rete. Come dimostra la citazione, da parte di de Bortoli, di questo pezzo di Luigi Ferrarella del 20 Maggio 2010, che merita di essere letto come gli altri:
Adesso leggete e fatevi la vostra opinione. Domani è il 1° Agosto, sicuramente avete il tempo per farlo.
Ah, dimenticavo...
Buona stampa. Queste cose fanno del Corriere un ottimo quotidiano.

Due modi diversi di difendere un'idea


Oggi torno a parlare di banche, argomento che m’interessa in generale, ma che, in questi mesi, si è andato arricchendo di nuovi e frizzanti aspetti.
Come prima segnalazione, un articolo del Sole 24 Ore, firmato da Stefano Carrer, nel quale si racconta di come alcune piccole banche americane abbiano iniziato a far causa agli istituti di maggiori dimensioni coinvolti nelle pratiche (collusive) di aggiustamento dei tassi interbancari, primo tra tutti il Libor (http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2012-07-31/guerra-banche-caso-libor-064248.shtml?uuid=AbtzW0GG&fromSearch).
Buona stampa.
Prima osservazione: questo scandalo nasce dal mondo anglosassone, ma nel mondo anglosassone troverà anche la propria correzione in sede giudiziaria. Intendo dire che il sistema si è dimostrato inefficace nel prevenire i comportamenti illegali, ma offre gli strumenti per correggerne, almeno in parte, gli effetti in tempi relativamente brevi. Da noi le cose andrebbero ben altrimenti. A riprova del fatto che le banche coinvolte hanno timore delle conseguenze legali dei loro comportamenti non fatevi sfuggire il dettaglio relativo a HSBC: ha accantonato 2 miliardi di dollari per far fronte a eventuali rimborsi.
Seconda osservazione: sono diversi anni ormai che il mondo bancario rivela una propensione non proprio trascurabile all’operare sul confine della legalità e anche al di là dello stesso (sempre Hsbc, per esempio, risulta coinvolta in imponenti movimenti di riciclaggio di denaro).
La politica deve finalmente decidersi ad affrontare la questione per cercare di risolverla in maniera efficace.
A tale proposito, capita a fagiolo un articolo di Luigi Zingales, pure pubblicato sul 24 Ore di oggi: http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2012-07-30/spezzare-grandi-banche-cattive-230101.shtml?uuid=AbNoSzGG.
Buona stampa.
Mi piace lo stile di Zingales, è rapido, preciso, diretto. E si pone abbastanza in discussione, cosa che non sono in molti a fare, specie tra i giornalisti italiani. Mi piacerebbe che anche Piero Ostellino leggesse questo pezzo di Zingales, forse (ripeto: forse) riuscirebbe lui pure a capire che bisogna anche avere un po’ di capacità autocritica per apparire e, soprattutto, essere credibili.
Andate a leggere il suo articolo di ieri, in gran parte dedicato alla vicenda delle indagini palermitane sul rapporto Stato-Mafia e, in particolare, al passaggio di denaro da Berlusconi a Dell’Utri: non c’è soltanto la questione della villa nel mirino dei pubblici ministeri. La somma versata per la proprietà sul lago di Como, infatti, rappresenta soltanto una parte del flusso consistente di denaro tra i due. Guarda caso, Ostellino non se ne ricordava…
Mala stampa. Soprattutto perché, ancora una volta, nel suo furore polemico Ostellino perde di vista il giusto obiettivo della sua analisi, ossia il fatto che il nostro sistema giudiziario soffre di alcune gravi patologie, molte delle quali riconducibili all’organizzazione e alla cultura dei magistrati. Come darsi la zappa sui piedi… Pensare che ha quasi il doppio degli anni di Zingales. Dov’è finita la saggezza degli anziani?

domenica 8 luglio 2012

Dove si va con questi tre?


Non temo di essere considerato un estimatore di Piero Ostellino. Ho detto più volte che non mi piace il suo modo (attuale) di fare il giornalista e di non condividere la gran parte di quel che afferma. Mi spingo a confessare pubblicamente di trovarlo, sul piano personale, assai poco simpatico. Con lui ho avuto alcuni scambi di mail, anche piuttosto bruschi, nei quali ci siamo mandati al diavolo reciprocamente, ma, credo, in maniera sostanzialmente civile (permalosità e presunzione non gli mancano, come non mancano neppure a me).
Bene, questo preambolo serve per dire che, per quanto io sia lontanissimo dal trovarmi in sintonia con Ostellino, preferirei non aver scoperto che qualcuno è tanto privo di buon senso da scrivere frasi come quelle riportate ne “Il dubbio” di ieri (http://archiviostorico.corriere.it/2012/luglio/07/Gli_elogi_fanno_male_buon_co_9_120707100.shtml).
Non do un giudizio. Non sintetico almeno, perché sarebbe inevitabilmente inadeguato. E' un pezzo con troppi aspetti diversi.
Come sempre Ostellino si esprime nel suo modo non lineare, con collegamenti che mi paiono piuttosto male articolati, tuttavia scoprire che c’è chi lo critica in quel modo e arriva ad augurarsene la morte, inevitabilmente, mi spinge a prendere le parti del giornalista, per quanto non ne condivida il pensiero. Anche quello che, così brutalmente, gli contesta il lettore (il cui nome non ripeto, anche se scritto qui non conquisterebbe notorietà). Non c’è alcun dubbio che, per riaffermare il valore dei principi liberali, Ostellino analizzi la realtà in maniera parziale, anche incompleta. Ho scritto che, nel suo precedente pezzo (http://www.corriere.it/opinioni/12_luglio_03/ostellino-paesi-virtuosi-paesi-non-virtuosi_12c9d23c-c4e0-11e1-a141-5df29481da70.shtml), Ostellino usava argomentazioni pretestuose. Lo ribadisco. Non si può parlare della crisi del debito senza tenere conto di quant’è costato a molte nazioni il salvataggio delle banche messe in ginocchio dalla crisi dei mutui subprime, conseguenza non già di interventismo pubblico, ma di disinvolta avidità (se non addirittura di consapevole disonestà) di molte banche d’affari, principalmente americane, e di molte banche commerciali, queste sparse in tutto il mondo. Non si può parlare del mercato come di un toccasana per tutti i mali del tempo presente, non si può farlo perché abbiamo di fronte agli occhi le prove di come, in molti mercati, manchino trasparenza e vera concorrenza, quindi siano del tutto diversi da quelli ipotizzati dalle teorie liberali.
Se vogliamo, Ostellino è un fanatico esattamente come il pessimo tizio che lo minaccia: difende un principio indipendentemente dalla sua reale applicabilità ai giorni nostri e pretende di convincere servendosi di argomenti tutt’altro che solidi.
Questo, ovviamente, non è un buon motivo per minacciarlo come fa quel lettore, come dire?, parecchio disturbato. Criticarlo sì, com’è ho fatto sopra e come, con ancora maggior veemenza, farò adesso.
Trovo intollerabile che un ex direttore del Corriere della Sera concluda la propria rubrica settimanale come segue:
“Un ministro in carica ha comprato un appartamento a prezzo d'affezione nei pressi del Colosseo dopo che l'area era stata definita «zona sismica». Poi ha fatto ricorso contro il pagamento dell'Imu, impugnando la misura governativa che ne esenta i terremotati e ottenendo soddisfazione. Mi chiedo come avrebbero reagito i media - che oggi hanno ignorato la notizia - se si fosse trattato di un ministro del governo Berlusconi; del quale - lo dico a chi confonde i principi con la difesa di una parte politica - non sono stato né elettore, né estimatore.”
Questo ministro, si presume, ha un nome e un cognome. Il fatto che Ostellino citi la vicenda senza indicarli è, magari sbaglio, gravissimo. E vile. Ancora una volta si dimostra che Ostellino usa gli argomenti con opportunismo, direi anche subdolamente. Non mi piace per niente. Anche perché della storia della casa al Colosseo comperata a sconto dallo Stato si parla da mesi. E Patroni Griffi (questo è il cognome del ministro) ci ha fatto una figura men che mediocre.
Su Il Fatto Quotidiano, il cartaceo di oggi, ho letto che la notizia del mancato pagamento dell’Imu è smentita, tanto che Ostellino sarà querelato.
E dovrebbero farla loro un’Italia migliore? Ma per carità… Patroni Griffi e Ostellino sono della medesima pasta, quella che rende la nostra classe dirigente pateticamente inferiore a quella di innumerevoli altri paesi, non soltanto quelli cosiddetti avanzati. E non diciamo nulla sul lettore dalla lingua, o meglio tastiera, troppo lunga...

martedì 3 luglio 2012

Due articoli da leggere


Oggi la pagina 38 del Corriere della Sera ospita due articoli importanti, che meritano entrambi di essere letti e ritagliati (o memorizzati sul disco fisso del vostro pc).
Uno, in effetti, continua dalla prima pagina, ed è firmato da Ernesto Galli della Loggia, il quale analizza da un punto vista molto interessante le intercettazioni delle telefonate tra Mancino e D’Ambrosio (http://www.corriere.it/opinioni/12_luglio_03/galli-della-loggia-stato-animo-testimone_d79c4e5a-c4e0-11e1-a141-5df29481da70.shtml).
Buona stampa.
Ecco, secondo me parlare della giustizia nel nostro paese non può prescindere dalle considerazioni di Galli della Loggia. Si tratta di una delle questioni centrali, un problema che ha effetti sulla vita dei singoli e delle imprese e sulle potenzialità di crescita economica. Eppure, sebbene da anni se ne discuta anche troppo, i risultati sono stati drammaticamente nulli. Se non cambia l’atteggiamento dei politici (quelli di una parte Galli della Loggia li descrive nitidamente quelli dell’altra li individua incidentalmente), il sistema giudiziario italiano continuerà a costituire un freno, un vincolo intollerabile, oltre che un meccanismo capace di incutere paura e di non offrire certezza del diritto.
Naturalmente, anche ai magistrati si richiede di compiere un grande sforzo: devono semplicemente smettere di essere una delle corporazioni che più ostacola il progresso del paese e che sacrifica sull’altare dei propri interessi quelli degli italiani.
Il secondo articolo è di Piero Ostellino (http://www.corriere.it/opinioni/12_luglio_03/ostellino-paesi-virtuosi-paesi-non-virtuosi_12c9d23c-c4e0-11e1-a141-5df29481da70.shtml), che ho già criticato altre volte e, non senza disagio, devo criticare anche oggi.
Mala stampa.
In parte condivido le osservazioni di Ostellino. Non c’è dubbio che il trasferimento di risorse dal privato al pubblico comporti un’imperfetta allocazione delle medesime. Non c’è dubbio che, in Italia, sia indispensabile rimuovere le innumerevoli assurde complicazioni a causa delle quali la vita dei cittadini e delle aziende è un vero calvario. Su questo è difficile non essere d’accordo con lui. Il punto, tuttavia, riguardo al suo articolo, sta nel fatto che le poche righe condivisibili della conclusione siano il frutto di argomentazioni in larga parte pretestuose.
La Federal Reserve non ha mentito ai cittadini. Ha semplicemente perseguito una politica monetaria rivelatasi sbagliata, che, peraltro, ha avuto ben pochi critici prima del 2007. E la politica di Greenspan si è rivelata sbagliata non tanto in sé, quanto piuttosto per com’è stata sfruttata dal settore finanziario americano che ci ha costruito sopra un castello di carta fragilissimo, che ha prodotto conseguenze micidiali (come anche Ostellino riconosce, ma solo di sfuggita).
La mia critica maggiore, tuttavia, sta in quello che avevo già accennato la scorsa settimana. Il libero mercato di Adam Smith, come osservava anche il Financial Times, non esiste più. E se anche esistesse ancora, ma non è affatto così, Ostellino non potrebbe trascurare il fatto che, ormai, manca una delle caratteristiche essenziali di un mercato in grado di funzionare regolarmente e, quindi, capace di autocorreggersi: la trasparenza. Dov’è la trasparenza quando le banche manipolano i tassi d’interesse che vengono utilizzati per calcolare i costi dei mutui e dei finanziamenti alle imprese? Dov’è la trasparenza quando si collocano sul mercato titoli costruiti artificialmente, così complessi e articolati da riuscire incomprensibili anche agli esperti e, ad ogni buon conto, corredati da valutazioni positive da parte di agenzie di rating pronte a chiudere un occhio, se non addirittura conniventi?
Il pensiero liberale va difeso con la consapevolezza di quanto di nuovo, e d’imprevisto, è intervenuto da quando quel pensiero fondamentale ha mosso i primi passi. Ostellino farebbe un favore alla sua intelligenza e alla sua giusta fama di giornalista se ne tenesse conto. E, se lo facesse, difenderebbe meglio proprio quelle idee che, invece, finisce per indebolire.

giovedì 28 giugno 2012

Il comunismo alle porte della City


Speriamo che il 2 a 1 non renda ancora più ostinata la Signora Merkel… Persino dalle parti di Berlino cominciano a dubitare del suo oltranzismo. Vedremo in questo fine settimana se, finalmente, l’Europa riuscirà a dimostrare di essere qualcosa di più di un ectoplasma.
Non sarà affatto facile, ma tant’è, questo abbiamo e, per il momento, questo dobbiamo tenerci. Alludo ai governanti della Uem, ovviamente.
Parliamo di banche. Di due banche: una inglese, Barclays, e una americana, J.P. Morgan Chase. Colossi che stazionano da tempo ai vertici delle graduatorie mondiali. Non il credito cooperativo sotto casa…
La prima si è beccata una condanna congiunta dalle autorità di controllo americane e inglesi per aver manipolato il tasso Libor, un tasso di riferimento fondamentale del mercato interbancario. Quel tempio del pensiero comunista, antiliberista e anticapitalista del Financial Times dedica un pezzo interessante alla questione: http://www.ft.com/intl/cms/s/0/24ee82f4-c12b-11e1-8179-00144feabdc0.html#axzz1z7iTtOxv.
Buona stampa.
Sarei curioso di sapere cosa ne direbbe Piero Ostellino, il nipotino prediletto di Adam Smith in Italia (lo pensa lui, Adam Smith, probabilmente, preferirebbe non avere parenti).
E veniamo alla seconda banca. J.P. Morgan sembra aver lasciato sul tavolo delle scommesse ben più dei 2 miliardi di dollari di cui siamo venuti a conoscenza alcune settimane fa. Lo dice il New York Times: http://dealbook.nytimes.com/2012/06/28/jpmorgan-trading-loss-may-reach-9-billion/?ref=business.
Buona stampa.
Ora, noi possiamo anche stringere la cintura dei pantaloni. E possiamo anche invocare tutti i difetti del pensiero di Keynes, oltretutto applicato maldestramente, per deprecare la cosiddetta crisi del debito. Mi pare, tuttavia, che ci sia molto da fare per rimettere ordine nei mercati e nel mondo delle transazioni finanziarie, quelle che contano, non le nostre modeste compravendite di Bot e di azioni. Alle volte, sai mai?, potrebbero avere ragione anche quei comunisti sfegatati del Financial Times. 

martedì 21 febbraio 2012

Schei


Parto difficile, ma, infine, sono stati resi pubblici i dati relativi ai redditi dei membri del governo. Mi sono guardato bene dall’andare a vederli. Quand’ero piccolo, mi hanno insegnato a non guardare nel piatto degli altri… Il problema, a mio modesto avviso, non sta tanto nelle somme che Monti & Co. guadagnavano prima di diventare ministri o sottosegretari. Contano le relazioni e i patrimoni che hanno portato con sé, gli elementi, cioè, capaci di indurli a prendere, anche inconsapevolmente, decisioni che potrebbero scostarsi dal cammino dell’interesse generale e dell’equità. E conta anche quello che guadagneranno dopo aver lasciato il governo. E non parlo di quanto potrebbero essere pagati come conferenzieri… Ad ogni modo, sono ben contento che anche il nostro paese s’incammini sulla strada di una maggiore trasparenza e mi auguro vivamente di vedere il passo farsi molto svelto.
Se siete curiosi di leggere i numeri, credo che tutti i siti dei quotidiani pubblichino i dati e i link utili. Fate un po’ di fatica voi.
Vorrei dedicare qualche riga al Corriere della Sera. Ancora non ho digerito quel pessimo articolo di Sergio Romano di cui vi ho parlato domenica e probabilmente ci tornerò sopra, giusto per annoiarvi un po’. Quando mi tocca leggere pezzi come quello sul quotidiano che fa parte di quasi tutti i miei giorni da quasi quarant’anni (sic), davvero non riesco a evitare di imbestialirmi e sono tentato di non comperarlo più. Poi questa mattina arrivo dalla mia amica Lella, prendo i miei giornali, pago, torno a casa e… e c’è un Panebianco impeccabile (http://www.corriere.it/editoriali/12_febbraio_21/panebianco-crisi-pd-pdl_a3f73114-5c53-11e1-beff-3dad6e87678a.shtml) e c’è un Rizzo (mastino mordace) puntiglioso (http://www.corriere.it/economia/12_febbraio_21/buste-paga-manager-pubblici-rizzo_238d07b6-5c5c-11e1-beff-3dad6e87678a.shtml) e c’è altro, di cui magari parleremo in seguito.
Buona stampa.
Passa la rabbia, almeno fino al prossimo articolo di Romano o di Ostellino o di Cazzullo.
Mala stampa ad honorem.
L’articolo di Rizzo mi spinge a fare qualche considerazione. Condivido il timore del Presidente del Consiglio riguardo al fatto che, ponendo dei limiti alle retribuzioni dei dipendenti della Pubblica Amministrazione e delle società non quotate in Borsa controllate dallo Stato, si rischi di non riuscire a trovare persone di qualità per posizioni importantissime. Non tutti i tagli si possono fare con una sciabola. Forse un po’ di gradualità potrebbe essere utile. Ci sono posizioni che hanno impatti ben diversi sul bilancio pubblico e che, penso, dovrebbero trovare un riconoscimento adeguato. Quello che, francamente, mi piace molto meno (e vorrei non vedere più) sono certi passaggi un po’ strani, come, ad esempio, quelli di sindacalisti diventati presidenti o amministratori delle medesime società pubbliche nelle quali hanno svolto la loro attività di rappresentanza dei lavoratori.
E meno ancora mi piace che a molti di questi signori venga garantita spesso una buonuscita assolutamente incongruente con i risultati prodotti.
E’ un tema complicato, sul quale dobbiamo riflettere con moderazione, senza esasperazioni. Un manager che risana un’azienda pubblica e fa guadagnare o risparmiare allo Stato somme multiple del suo stipendio, per dire, magari si merita più dei fatidici 300.000,00 euro.
Pensiamoci.

martedì 17 gennaio 2012

Pagina 19...


…del Corriere della Sera di oggi. Da mettersi le mani nei capelli, avendoli. Da sperare che si trasformi in un biglietto aereo di sola andata per un paese qualsiasi, sarà sempre meglio di questo. E’ peggio che deprimente: lascia senza fiato.
Cominciamo, per cavalleria e per simpatia, da Fiorenza Sarzanini, eccellente professionista, della quale ricordo una polemica con Ostellino sul tema della pubblicazione delle intercettazioni telefoniche (andrò a cercarla per vedere se è possibile fornirvi i collegamenti: Ostellino si era mosso con il suo consueto garbo e con la sua proverbiale forza degli argomenti (sic), tanto che Ferruccio De Bortoli era dovuto intervenire a fianco della Sarzanini. Sì, devo proprio andare a pescarla, lo considero un debito nei confronti della Signora Sarzanini). Il pezzo di oggi racconta della buona qualità (si fa molto per dire) di numerosi amministratori e dipendenti pubblici, leggete: http://www.corriere.it/cronache/12_gennaio_17/sarzanini-controlli-frodi-6-miliardi-sottratti-erario_ea65412e-40d1-11e1-b71c-2a80ccba9858.shtml.
Buona stampa.
Il secondo pezzo è del mastino truce. E anche qui si parla della buona qualità (si fa sempre molto per dire) di alcuni dei collaboratori del sindaco di Roma: http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/12_gennaio_17/condannato-mottironi-consulente-alemanno-rizzo-1902896454342.shtml.
Buona stampa.
Non so se il Presidente del Consiglio Monti ha avuto la possibilità di leggere questi articoli. Temo che abbia dovuto ridurre parecchio il tempo dedicato alla lettura dei giornali, però, poiché credo che la sera non sia occupato da cene eleganti, magari avrà avuto modo di dare un’occhiata al Corriere… In realtà spero ardentemente che lo abbia fatto e che, tra le tante materie sulle quali intende intervenire, vorrà inserire anche questa.
Vista l’ora, se possibile, buonanotte.

mercoledì 28 dicembre 2011

Di palo in frasca?


Da anni il mio, invero già modesto, interesse per il calcio si è affievolito sino a svanire quasi del tutto, restando vitale quel poco che serve a farmi seguire qualche partita dei grandi eventi che coinvolgono la nazionale. Il susseguirsi di scandali, il deterioramento della qualità del gioco, gli atteggiamenti di troppi calciatori esaltati da guadagni e notorietà del tutto ingiustificati, questi e altri elementi sono all’origine di quello che, lo ammetto, ormai è vero disgusto per uno sport la cui bellezza mi sembra ormai invisibile sotto l’ammasso di lordura che tanti hanno contribuito a spargervi sopra. Sarebbe ora che qualcuno mettesse veramente mano a un progetto di rifondazione di questo sport, anche se i cambiamenti degli equilibri economici e politici mondiali hanno comportato un’alterazione delle gerarchie sportive che, temo, renderà difficile riportare il calcio italiano allo splendore del passato, quello remoto, non quello prossimo.
Per aggiornarvi sull’ultima puntata del romanzo di appendice che si chiama Calcioscommesse vi propongo tre link: http://www3.lastampa.it/sport/sezioni/calcio/lstp/436012/, http://www3.lastampa.it/sport/sezioni/calcio/lstp/436014/ e
Buona stampa.
Passando a tutt’altro argomento, ci sono articoli che mi fanno venire i brividi. Un esempio è questo pezzo di Carlo Bonini su Repubblica (http://www.repubblica.it/politica/2011/12/28/news/fuga_capitali_estero-27290893/?ref=HRER1-1). Intendiamoci, nel 2011 è del tutto comprensibile e legittimo che chi possiede una somma di denaro da investire, grande o piccola poco importa, sia libero di farlo in qualsiasi paese, così da ottenere le condizioni che giudica migliori per i propri obiettivi. Detto altrimenti, la libera circolazione dei capitali è un principio irrinunciabile quale quello della libera circolazione delle persone e delle merci. Quello che mi fa raggelare è che ancora oggi, nonostante le ripetute promesse di politici e burocrati, l’evasione fiscale in Italia possa raggiungere le dimensioni di cui ci parla Bonini. Tremonti, Siniscalco, Visco, Tremonti… negli ultimi dieci anni al ministero del Tesoro si sono susseguiti loro e non sono riusciti a imprimere una vera svolta. Finisce che mi tocca dare ragione a Piero Ostellino (e non è cosa che si fa a cuor leggero) che, mi pare sabato scorso sul Corriere, indicava nel rapporto tra politici e burocrati una delle cause del pessimo funzionamento della nostra macchina amministrativa. Se i politici, come osserva correttamente Ostellino, non sanno o non vogliono controllare l’azione della burocrazia cui sono preposti, ovviamente, la burocrazia fa quello che, notoriamente, sa fare meglio, ossia creare meccanismi e procedure astrusi per giustificare la propria presenza. Sul tema gli studi, in carta e in rete, si sprecano.
Buona stampa.
Finiamo con un articolo di dimensioni piuttosto inconsuete per un quotidiano. E’ la ricostruzione degli ultimi anni di vita di Mediobanca fatta ieri da Massimo Mucchetti sul Corriere della Sera (http://archiviostorico.corriere.it/2011/dicembre/27/Mediobanca_decennio_francese_quel_Maranghi_co_9_111227044.shtml). Mucchetti è oggi, a mio avviso, uno dei migliori giornalisti in materie economiche e finanziarie. Ha anche abbastanza coraggio per aprire gli armadi di casa (RCS Mediagroup) per trovare gli scheletri. Anche nell’articolo di ieri, senza timori reverenziali, critica alcune delle figure chiave nell’azionariato della società che controlla il quotidiano su cui scrive. Un articolo interessante, il cui limite, secondo me, sta nelle dimensioni che, sebbene molto cospicue per un quotidiano, mi sembrano insufficienti per illustrare compiutamente una materia estremamente complessa, cosicché restano passaggi oscuri, difficilmente comprensibili anche a chi, nel tempo, ha seguito questi eventi via via che si verificavano.
Poi, non posso nasconderlo, la mia natura sospettosa mi spinge a chiedermi come mai, proprio in questo momento, il Corriere ha deciso di pubblicare un articolo come questo. Niente accade per caso attorno al principale quotidiano italiano. Mi piacerebbe chiederlo a Ferruccio De Bortoli. Chissà che non decida di farlo…
Buona stampa.

giovedì 22 dicembre 2011

Scegliete voi!


Dobbiamo fare ancora un passo indietro perché gli articoli che vi segnalo e sui quali voglio fare qualche riflessione sono apparsi soltanto oggi sul sito del Corriere della Sera, ma erano sul cartaceo di ieri.
Il primo argomento è che la forza e la ricchezza di un quotidiano indipendente (nei limiti in cui è possibile l’indipendenza in un mondo in cui la proprietà dei giornali è al centro di complessi intrecci finanziari) stanno nella possibilità di offrire, nella medesima pagina, due visioni diverse di una questione che, in larga parte, è la stessa: i due articoli di ieri che vi suggerisco di leggere erano stampati uno sopra l’altro, così da essere quasi in contrappeso anche “fisicamente”, non soltanto per le opinioni espresse.
La seconda considerazione riguarda il modo di scrivere, sia sul piano dei contenuti sia sul piano della forma. I due pezzi in questione, dal punto di vista della sostanza, costituiscono un interessante esempio di come si possa affrontare lo stesso tema in maniera da spingere il lettore a valutarne le implicazioni con la propria testa oppure così da fornire una ricetta preconfezionata, basata sulla volontà di affermare le proprie convinzioni ideologiche e culturali. E mostrano, sul piano della forma, come chi vuole affermare la propria visione sia costretto a scrivere in maniera poco lineare e poco conseguente, inserendo divagazioni estranee al ragionamento.
Rileggete il motto che ho scelto per questo blog, per favore.
Ancora, quando l’intento non è far capire, ma “fare proselitismo”, si sceglie anche di distorcere la realtà, dimenticando elementi che, affrontando un certo argomento, non potrebbero assolutamente essere trascurati. Citerò, quindi, l’art. 67 della Costituzione della Repubblica Italiana: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.
Se leggerete i due articoli, capirete perché l’ho citato. Non aggiungo altro: leggete e decidete da soli chi vi sembra più comprensibile e più convincente.
Buona stampa.
Mala stampa.
L’ordine del giudizio è casuale e non è detto che rifletta il mio pensiero, formatevi la vostra opinione, che, ovviamente, mi piacerebbe sapere se coincide con il mia.

sabato 19 novembre 2011

E dopo?


Con la fiducia delle Camere il Governo Monti ha acquisito la pienezza dei poteri. Possiamo rallegrarci, ma restano ancora molti motivi d’inquietudine.
L’analisi di Michele Salvati sul Corriere della Sera è molto lucida (http://www.corriere.it/editoriali/11_novembre_19/salvati_scomode_verita_0bf18ece-1279-11e1-b297-12e8887ffed4.shtml) e mette in evidenza i principali problemi interni e internazionali con cui dovrà misurarsi il Presidente del Consiglio.
Buona stampa.
Vedo, però, un ampio territorio, rimasto quasi inesplorato da Salvati, da dove, spero di sbagliare, arriveranno i maggiori pericoli per il futuro meno immediato. Cosa succederà quando, mi auguro nella primavera del 2013, si concluderà la fase avviatasi nei giorni scorsi?
Senza giri di parole: il mio timore è che, in assenza di correttivi anche radicali, la classe politica (di entrambi gli schieramenti) sarà la stessa che ci ha portato al baratro e che permarranno alcune delle condizioni di cui si è nutrito il malcostume che ha giocato un ruolo niente affatto trascurabile nel degrado finanziario del nostro paese.
Mentre scrivo, il principale gruppo industriale controllato dal Tesoro, Finmeccanica, si trova al centro di un’azione giudiziaria che riporta in evidenza gravi interferenze politiche e scelte manageriali inquinate da relazioni improprie con l’ambiente degli affaristi e dei faccendieri che da anni prospera all’ombra della politica nazionale e locale. Una vicenda non diversa, anche se più ridotta per dimensioni e per caratura delle imprese coinvolte, viene a galla grazie alle indagini originate dalle condizioni fallimentari del gruppo nato attorno all’Ospedale San Raffaele di Milano.
Sono due casi, ma altri se ne potrebbero citare. L’Italia ha da anni un malanno grave, ma il malaffare non sembra soffrire affatto, anzi: una parte cospicua del debito pubblico, anche di recente, è stata originata dalla corruzione. E gli stagni limacciosi ai confini tra affari e politica sono ancora tutti lì in attesa di una bonifica che, necessariamente, non verrà mai fatta se non si rigenera la classe dirigente, in particolare quella politica.
Due misure, tra le tante che andrebbero prese, a me paiono particolarmente efficaci per realizzare questa bonifica: ridurre allo stretto indispensabile il numero delle imprese e dei beni detenuti da enti pubblici (a livello centrale e locale) e introdurre forme di tracciabilità dei pagamenti più rigorose di quelle in vigore attualmente.
Sul secondo punto, ottimo il recente pezzo di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera (http://www.corriere.it/inchieste/reportime/economia/11_novembre_12/fine-del-sommerso_099fe7d6-0d3f-11e1-a42a-1562b6741916.shtml).
Buona stampa.
Le privatizzazioni sono indubbiamente assai più complicate da realizzare, richiedono tempi lunghi e strumenti finanziari complessi; per questo trovo insoddisfacente “il dubbio” odierno di Piero Ostellino, sempre sul Corriere (il link non c’è, mi dispiace). Visto che, pochi giorni fa, aveva invitato i giornalisti a non prendere per i fondelli i lettori, avrebbe dovuto seguire il suo stesso suggerimento e non affermare che la cessione di beni quali spiagge e altri immobili costituisce un realistico strumento per ridurre il debito pubblico italiano in tempi e in dimensioni tali da rendere meno assillante la necessità di rifinanziarlo per 200 miliardi da qui alla fine di Aprile del 2012.
Mala stampa.
Avrebbe fatto meglio a leggersi un articolo di qualche settimana fa di Sergio Rizzo (http://www.corriere.it/politica/11_ottobre_01/patrimonio-statale-venduto-parole-rizzo_49c61190-ebf8-11e0-827e-79dc6d433e6d.shtml).
Buona stampa.