Come ho già detto, i commentatori più autorevoli hanno
smesso di guardare a Renzi con la benevolenza adatta ai primi mesi di governo e
hanno cominciato a battere con decisione sui (purtroppo non pochi) elementi di
debolezza dell’azione del Presidente del Consiglio, il principale dei quali,
ovviamente, è l’aver promesso tanto e mantenuto quasi nulla.
Oggi, sul Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia
invita Matteo Renzi a un’operazione che, personalmente, credo lui si guarderà
bene dal porre in essere: dire chiaramente chi si oppone alle riforme che il
Presidente del Consiglio sarebbe intenzionato realizzare.
Ecco il collegamento all’editoriale di Galli della Loggia: http://www.corriere.it/editoriali/14_settembre_15/ora-renzi-faccia-nomi-5f3ae19c-3c98-11e4-95e1-a222c06f54b6.shtml.
Buona stampa. Anche se, mi ripeto, credo destinata a restare
una predica nel deserto. Contrariamente a quel che sembra pensare Galli della
Loggia (o, più probabilmente, a quello che finge di pensare nella speranza di
ottenere ascolto), io sono persuaso che a Matteo Renzi non interessi affatto
un’operazione di verità, grazie alla quale vengano smascherati tutti quelli,
persone o organizzazioni, che frenerebbero la sua azione di governo. La
trasparenza non è tra i suoi obiettivi, anzi.
Renzi è parte di un sistema e si muove al suo interno
esattamente come hanno fatto i suoi predecessori. Non c’è nulla di nuovo nel
suo modo di agire, salvo lo spropositato ricorso a Twitter, strumento scelto
per accreditare l’immagine d’innovatore presso quella parte della pubblica
opinione che non va in profondità e, quindi, viene influenzata dalla
comunicazione frettolosa dei social
network, alla quale, colpevolmente, la stampa si adegua, prestandosi al
gioco, così da trasformare i famosi 140 caratteri in notizie, anche se non lo
sono affatto.
Quali siano le vere intenzioni di Renzi lo dimostra la
decisione di riportare in primo piano la legge elettorale concordata con il
tizio decrepito. L’intento è chiaro: avere disponibile lo strumento per forzare
la mano all’opposizione (quella più pericolosa ce l’ha in casa) e garantirsi
che, in caso di difficoltà, può ricorrere alle urne con buone probabilità di
uscirne vincitore. Niente di diverso da quello che avrebbe fatto un qualsiasi
tizio decrepito.
I sondaggi
dicono che gli italiani ancora credono a Renzi, quindi…
In realtà, i sondaggi dicono anche che agli italiani non
piacciono affatto alcuni dei principali ministri e che sono insoddisfatti di
quanto (si fa per dire) attuato finora dal governo.
Renzi, intanto twitta o, parlando durante l’inaugurazione
della Fiera del Levante a Bari, annuncia che l’Italia non è ripartita, come se
fosse un evento sorprendente e, soprattutto, come se avessimo bisogno che ce lo
dicesse lui… E poche ore prima, piccato, replica a Katajnen sostenendo che
l’Italia non ha bisogno di lezioni. Affermazione piuttosto audace, alla quale
si era sentito in dovere di replicare persino Sergio Romano, il cui editoriale
sul Corriere della Sera di ieri metteva in evidenza come sia molto improbabile
che i nostri partner europei siano disposti concederci (ancora una volta)
fiducia senza impegni certi. L’articolo di Romano lo trovate qui: http://www.corriere.it/editoriali/14_settembre_14/sospetto-ricorrente-ab89d260-3bd5-11e4-b554-0ec832dbb435.shtml.
Stampa così e così. Romano si muove sull’onda con la
consueta prudenza, fedele fino alla morte all’insegnamento di Jaques de La
Palice. Tra l’altro, quando scrive le seguenti parole: “Ogni riforma, da quella del lavoro a quella della giustizia, trova
sulla sua strada un partito della contro-riforma, composto da corporazioni che
difendono i loro privilegi chiamandoli ampollosamente «diritti acquisiti»”,
suscita una discreta irritazione, dal momento che lui appartiene a una delle
tante corporazioni di cui parla. Sarebbe apparso assai più credibile e
convincente se, ad esempio, avesse contestato quanto scritto dal suo
dirimpettaio del sabato, Piero Ostellino, alcune settimane fa (http://www.corriere.it/editoriali/14_agosto_19/contratto-tradito-165d3e46-275f-11e4-9bb1-eba6be273e09.shtml).
Ostellino, il quale si atteggia a maestro del liberalismo e del giornalismo
senza macchia e senza paura, scrive: “La previdenza è una sorta di contratto che
il lavoratore stipula con lo Stato, in base al quale, dietro il pagamento di
contributi durante gli anni lavorativi, il cittadino riceverà una pensione”.
Questo è certamente vero, ma lo è soltanto in parte, nel senso che esistono
lavoratori che, ricevendo una pensione basata sul cosiddetto “sistema
retributivo” percepiscono una pensione commisurata non già a quanto hanno
versato, ma alla dimensione del loro ultimo stipendio. Un sistema che è stato,
e tuttora è, all’origine del disavanzo dell’INPS, l’istituto previdenziale
nazionale, e che, per fortuna, è stato eliminato, preservando però i “diritti
acquisiti”, che, a questo punto, nelle condizioni in cui versa il bilancio
dello Stato, non dovrebbero più essere considerati intoccabili, al contrario.
Chissà come mai Ostellino, che credo sia in pensione avendo
superato gli ottanta anni, preferisce non affrontare il problema previdenziale
considerando tutti i lati della medaglia? Che sia perché non vuol correre il
rischio di vedersi decurtata la pensione?
E il bello che, oltre a impartire lezioni di liberismo,
Ostellino non manca mai di criticare i suoi colleghi perché non svolgerebbero
bene il proprio lavoro e sarebbero asserviti a qualche parte o a qualche
interesse.
Torniamo a Renzi. E alla sua polemica con Katajnen e, in
generale, con l’Europa. Le lezioni ce le meritiamo, soprattutto perché, grazie
all’ostinazione con cui ha voluto imporre la Mogherini, ora si trova di fronte
dei mastini che, comprensibilmente, non sono intenzionati a far sconti
all’Italia. Come osserva acutamente Alberto Quadrio Curzio in un editoriale sul
Sole 24 Ore di ieri: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2014-09-14/l-italia-non-tema-vigilanza--135643.shtml?uuid=ABESSetB.
Buona stampa. Illuminante su molti aspetti dei problemi che
l’Europa e l’Italia hanno di fronte.
Renzi farebbe bene a cambiare verso. A sé stesso.
E noi passiamo alla musica. Il primo brano è un pezzo "di confine", in cui il jazz s'incontra con la musica classica. Il titolo è Picnic Suite - VI movimento - Tendre e l'esecuzione dell'autore Claude Bolling (http://fr.wikipedia.org/wiki/Claude_Bolling).
Come secondo ascolto, sparo un calibro pesante: Bill Evans al piano con Sam Jones al
basso e Philly Joe Jones alla batteria in un brano bellissimo, Young and Foolish. Che dite, lo avrò
scelto per caso?
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