Oggi la pagina 38 del Corriere della Sera ospita due
articoli importanti, che meritano entrambi di essere letti e ritagliati (o
memorizzati sul disco fisso del vostro pc).
Uno, in effetti, continua dalla prima pagina, ed è firmato
da Ernesto Galli della Loggia, il quale analizza da un punto vista molto
interessante le intercettazioni delle telefonate tra Mancino e D’Ambrosio (http://www.corriere.it/opinioni/12_luglio_03/galli-della-loggia-stato-animo-testimone_d79c4e5a-c4e0-11e1-a141-5df29481da70.shtml).
Buona stampa.
Ecco, secondo me parlare della giustizia nel nostro paese
non può prescindere dalle considerazioni di Galli della Loggia. Si tratta di
una delle questioni centrali, un problema che ha effetti sulla vita dei singoli
e delle imprese e sulle potenzialità di crescita economica. Eppure, sebbene da
anni se ne discuta anche troppo, i risultati sono stati drammaticamente nulli.
Se non cambia l’atteggiamento dei politici (quelli di una parte Galli della
Loggia li descrive nitidamente quelli dell’altra li individua incidentalmente),
il sistema giudiziario italiano continuerà a costituire un freno, un vincolo intollerabile,
oltre che un meccanismo capace di incutere paura e di non offrire certezza del
diritto.
Naturalmente, anche ai magistrati si richiede di compiere un grande
sforzo: devono semplicemente smettere di essere una delle corporazioni che più
ostacola il progresso del paese e che sacrifica sull’altare dei propri
interessi quelli degli italiani.
Il secondo articolo è di Piero Ostellino (http://www.corriere.it/opinioni/12_luglio_03/ostellino-paesi-virtuosi-paesi-non-virtuosi_12c9d23c-c4e0-11e1-a141-5df29481da70.shtml),
che ho già criticato altre volte e, non senza disagio, devo criticare anche
oggi.
Mala stampa.
In parte condivido le osservazioni di Ostellino. Non c’è
dubbio che il trasferimento di risorse dal privato al pubblico comporti
un’imperfetta allocazione delle medesime. Non c’è dubbio che, in Italia, sia
indispensabile rimuovere le innumerevoli assurde complicazioni a causa delle
quali la vita dei cittadini e delle aziende è un vero calvario. Su questo è
difficile non essere d’accordo con lui. Il punto, tuttavia, riguardo al suo
articolo, sta nel fatto che le poche righe condivisibili della conclusione
siano il frutto di argomentazioni in larga parte pretestuose.
La Federal Reserve non ha mentito ai cittadini. Ha
semplicemente perseguito una politica monetaria rivelatasi sbagliata, che,
peraltro, ha avuto ben pochi critici prima del 2007. E la politica di Greenspan
si è rivelata sbagliata non tanto in sé, quanto piuttosto per com’è stata
sfruttata dal settore finanziario americano che ci ha costruito sopra un
castello di carta fragilissimo, che ha prodotto conseguenze micidiali (come
anche Ostellino riconosce, ma solo di sfuggita).
La mia critica maggiore, tuttavia, sta in quello che avevo
già accennato la scorsa settimana. Il libero mercato di Adam Smith, come
osservava anche il Financial Times, non esiste più. E se anche esistesse
ancora, ma non è affatto così, Ostellino non potrebbe trascurare il fatto che,
ormai, manca una delle caratteristiche essenziali di un mercato in grado di
funzionare regolarmente e, quindi, capace di autocorreggersi: la trasparenza.
Dov’è la trasparenza quando le banche manipolano i tassi d’interesse che
vengono utilizzati per calcolare i costi dei mutui e dei finanziamenti alle
imprese? Dov’è la trasparenza quando si collocano sul mercato titoli costruiti
artificialmente, così complessi e articolati da riuscire incomprensibili anche
agli esperti e, ad ogni buon conto, corredati da valutazioni positive da parte
di agenzie di rating pronte a
chiudere un occhio, se non addirittura conniventi?
Il pensiero liberale va difeso con la consapevolezza di
quanto di nuovo, e d’imprevisto, è intervenuto da quando quel pensiero
fondamentale ha mosso i primi passi. Ostellino farebbe un favore alla sua
intelligenza e alla sua giusta fama di giornalista se ne tenesse conto. E, se
lo facesse, difenderebbe meglio proprio quelle idee che, invece, finisce per
indebolire.
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