Qualche mese fa, grazie anche alle considerazioni di Ernesto
Galli della Loggia, avevo espresso le mie perplessità sul fatto che il Governo
Monti possedesse la cultura necessaria per differenziare profondamente, com’era
e com’è necessario, il proprio operato da quello dei governi precedenti. E
avevo indicato, quale causa principale di questa mancanza di cultura, l’elevata
percentuale di membri provenienti dalla carriera nella pubblica
amministrazione.
Oggi, con una misura sconcertante e in linea con altre simili
di tanti governi degli anni scorsi, è arrivato l’aumento delle accise sui
carburanti, sia pure nominalmente temporaneo. I quotidiani, in versione on
line, danno la notizia con varia enfasi. Scelgo il Giornale, anche se mi sarei
aspettato una maggiore aggressività dai collaboratori del mitico Sallusti: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/carburanti-domani-scatta-aumento-accise-828920.html.
Cronaca.
Spero sinceramente che il Presidente del Consiglio decida di
tornare sui propri passi e induca l’Agenzia delle Dogane (ente competente) a
revocare la misura. Ne guadagnerebbero non soltanto le tasche di noi poveri
cittadini, già piuttosto provate, ma anche l’immagine di un governo che aveva
fatto nascere in molti di noi la speranza di un cambiamento marcato rispetto al
passato.
Passiamo a una polemica, nata e cresciuta sul Corriere della
Sera, che coinvolge argomenti di notevole rilievo e, sebbene affrontati
attraverso uno scambio non proprio garbato, meritano riflessione, in primis da
parte dei due “duellanti”.
All’origine il pezzo scritto da Piero Ostellino per la sua
rubrica “Il dubbio” dello scorso sabato 4 Agosto: http://archiviostorico.corriere.it/2012/agosto/04/contrappongono_giustizia_politica_co_9_120804111.shtml.
Il Procuratore Aggiunto di Palermo Ingroia, evidentemente punto
sul vivo, ha replicato con una lettera pubblicata ieri con una controreplica di
Ostellino: http://archiviostorico.corriere.it/2012/agosto/09/Giustizia_Politica_Ragion_Stato_co_9_120809027.shtml.
Una precisazione: in quest’ultima pagina i due testi sono
fusi insieme, ma si capisce dove finisce quello di Ingroia e dove inizia quello
di Ostellino.
Stampa così e così.
Un tema di questa importanza non può essere affrontato in
maniera simile, lasciandosi trascinare al punto da trascendere anche dalla minima
correttezza formale indispensabile nel rapporto tra persone che occupano
posizioni di rilievo nel paese. Quest’ansia di sovrastare la voce dell’interlocutore
non porta da nessuna parte e rischia di impedire ai lettori di comprendere le
varie sfaccettature di un argomento assolutamente non banalizzabile.
Non si può negare che Ostellino, nel suo pezzo del 4 Agosto,
abbia impiegato un tono così platealmente provocatorio (se non offensivo) da
motivare, da parte di Ingroia, una risposta scritta con il medesimo
inchiostro. Un pessimo comportamento da parte di entrambi e poco importa
stabilire se la colpa prevalente sia del giornalista o del magistrato. Hanno,
con la loro ira e il loro egocentrismo, trasformato una questione come quella
della trattativa tra Stato e Mafia in una baruffa tra galletti in un pollaio
vuoto.
E ha sbagliato anche il Direttore del Corriere, de Bortoli,
a non intervenire o a non far intervenire un terzo in modo da sottrarre ai
litiganti aspetti giuridici e filosofici che non possono assolutamente essere
affrontati nello spazio e, soprattutto, nel modo in cui sono stati affrontati.
Aggiungerei che de Bortoli dovrebbe anche porsi la domanda
se sia giusto che un collaboratore del quotidiano da lui diretto, per quanto
importante quanto può essere un ex direttore quale Ostellino, si consideri
autorizzato ad attribuire patenti di ogni genere a chiunque abbia la (s)ventura
di attirare la sua attenzione o di entrare in polemica con lui. Il Corriere
della Sera, per interposto Ostellino, non deve dare patenti di esperto di
diritto piuttosto che di economia o di qualsiasi altro ambito del sapere umano.
Deve informare, nel senso più ampio e più nobile del termine. E farlo, magari,
con una punta di modestia in più di quella che si può misurare leggendo ogni
giorno il quotidiano e, servendosi degli indirizzi mail da loro stessi forniti,
colloquiando di tanto in tanto con i giornalisti.
Che poi una rubrica intitolata “Il dubbio” contenga la
celebrazione autoreferenziale di Piero Ostellino, che i dubbi li nutre sugli
altri e dedica a se stesso una smisurata certezza, beh, mi pare poco adatto al
Corriere della Sera.
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