Da anni il mio, invero già modesto, interesse per il calcio
si è affievolito sino a svanire quasi del tutto, restando vitale quel poco che
serve a farmi seguire qualche partita dei grandi eventi che coinvolgono la
nazionale. Il susseguirsi di scandali, il deterioramento della qualità del
gioco, gli atteggiamenti di troppi calciatori esaltati da guadagni e notorietà
del tutto ingiustificati, questi e altri elementi sono all’origine di quello
che, lo ammetto, ormai è vero disgusto per uno sport la cui bellezza mi sembra
ormai invisibile sotto l’ammasso di lordura che tanti hanno contribuito a
spargervi sopra. Sarebbe ora che qualcuno mettesse veramente mano a un progetto
di rifondazione di questo sport, anche se i cambiamenti degli equilibri
economici e politici mondiali hanno comportato un’alterazione delle
gerarchie sportive che, temo, renderà difficile riportare il calcio italiano
allo splendore del passato, quello remoto, non quello prossimo.
Per aggiornarvi sull’ultima puntata del romanzo di appendice
che si chiama Calcioscommesse vi propongo tre link: http://www3.lastampa.it/sport/sezioni/calcio/lstp/436012/,
http://www3.lastampa.it/sport/sezioni/calcio/lstp/436014/
e
Buona stampa.
Passando a tutt’altro argomento, ci sono articoli che mi
fanno venire i brividi. Un esempio è questo pezzo di Carlo Bonini su Repubblica
(http://www.repubblica.it/politica/2011/12/28/news/fuga_capitali_estero-27290893/?ref=HRER1-1).
Intendiamoci, nel 2011 è del tutto comprensibile e legittimo che chi possiede
una somma di denaro da investire, grande o piccola poco importa, sia libero di farlo in qualsiasi paese, così da ottenere le condizioni che giudica migliori per i
propri obiettivi. Detto altrimenti, la libera circolazione dei capitali è un
principio irrinunciabile quale quello della libera circolazione delle persone e
delle merci. Quello che mi fa raggelare è che ancora oggi, nonostante le
ripetute promesse di politici e burocrati, l’evasione fiscale in Italia possa
raggiungere le dimensioni di cui ci parla Bonini. Tremonti, Siniscalco, Visco,
Tremonti… negli ultimi dieci anni al ministero del Tesoro si sono susseguiti
loro e non sono riusciti a imprimere una vera svolta. Finisce che mi tocca dare
ragione a Piero Ostellino (e non è cosa che si fa a cuor leggero) che, mi pare
sabato scorso sul Corriere, indicava nel rapporto tra politici e burocrati una
delle cause del pessimo funzionamento della nostra macchina amministrativa. Se
i politici, come osserva correttamente Ostellino, non sanno o non vogliono
controllare l’azione della burocrazia cui sono preposti, ovviamente, la
burocrazia fa quello che, notoriamente, sa fare meglio, ossia creare meccanismi e
procedure astrusi per giustificare la propria presenza. Sul tema gli studi, in
carta e in rete, si sprecano.
Buona stampa.
Finiamo con un articolo di dimensioni piuttosto inconsuete
per un quotidiano. E’ la ricostruzione degli ultimi anni di vita di Mediobanca
fatta ieri da Massimo Mucchetti sul Corriere della Sera (http://archiviostorico.corriere.it/2011/dicembre/27/Mediobanca_decennio_francese_quel_Maranghi_co_9_111227044.shtml).
Mucchetti è oggi, a mio avviso, uno dei migliori giornalisti in materie
economiche e finanziarie. Ha anche abbastanza coraggio per aprire gli armadi di
casa (RCS Mediagroup) per trovare gli scheletri. Anche nell’articolo di ieri,
senza timori reverenziali, critica alcune delle figure chiave nell’azionariato
della società che controlla il quotidiano su cui scrive. Un articolo
interessante, il cui limite, secondo me, sta nelle dimensioni che, sebbene
molto cospicue per un quotidiano, mi sembrano insufficienti per illustrare
compiutamente una materia estremamente complessa, cosicché restano passaggi
oscuri, difficilmente comprensibili anche a chi, nel tempo, ha seguito questi
eventi via via che si verificavano.
Poi, non posso nasconderlo, la mia natura sospettosa mi
spinge a chiedermi come mai, proprio in questo momento, il Corriere ha deciso
di pubblicare un articolo come questo. Niente accade per caso attorno al
principale quotidiano italiano. Mi piacerebbe chiederlo a Ferruccio De Bortoli.
Chissà che non decida di farlo…
Buona stampa.
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