Ho smesso di leggere il blog dello psiconano+barba-Mediaset
da alcuni anni. Se anche avessi condiviso le sue opinioni, e accadeva abbastanza
di rado, non potevo sopportare il tono aggressivo e arrogante con cui le
manifestava, con un susseguirsi di affermazioni aprioristiche e perentorie che
non volevano convincere, ma pretendevano di essere credute. Esattamente come fa
oggi. Il problema, però, è che oggi controlla un movimento al quale
un’importante parte degli elettori italiani ha chiesto di governare il paese.
Il modo in cui, indirizzato dal suo puparo, Grillo
interpreta il mandato ricevuto da chi lo ha votato, lascia sconcertati persino
molti deputati e senatori del M5S, oltre, ovviamente, a tanti sostenitori del
movimento.
Dopo essersi scagliato due giorni fa, con la stessa
saccenteria prepotente degli esponenti dei partiti cosiddetti tradizionali,
contro gli elettori che, nelle amministrative, non hanno dato il voto al M5S,
oggi non trova di meglio da fare che insultare Stefano Rodotà, colpevole di
averlo criticato, direi molto garbatamente, in un’intervista al Corriere della
Sera (http://www.corriere.it/politica/13_maggio_30/rodota-grillo-sbaglia_d8985e46-c8f6-11e2-b696-db4a64575c16.shtml).
Buona stampa. Un’intervista fatta bene, con domande interessanti
e risposte adeguate. Rodotà, con le cui idee sono spesso in disaccordo, è una
persona che sa riflettere e che sa parlare. E’ un uomo colto, pacato ed educato.
Qualità che non possono essere apprezzate da chi ne è privo.
E, questa sera più che mai, lo psiconano+barba-Mediaset ha
dimostrato che non ha nessuna qualità in comune con Rodotà. Anzi, ha dimostrato
che non ha nessuna qualità. E, per fortuna, cominciano a rendersene conto anche molti di quelli che, soltanto tre mesi fa, gli avevano aperto una generosa linea
di credito.
Cominciamo dai risultati elettorali. Se quasi tutti gli
esponenti politici continueranno a non vedere i propri errori e ad attribuire
le sconfitte alla presunta ottusità degli elettori, alla fine non andrà a
votare più nessuno.
Grillo e il suo degno puparo (il contenuto delle cui teste
continua a essere più disordinato delle loro chiome), accecati dalla medesima
presunzione e dalla medesima autoreferenzialità di coloro che additano (neanche
a torto, per la verità) al disprezzo degli italiani, non sono neppure sfiorati
dal dubbio che il pessimo risultato del M5S nelle elezioni amministrative sia
frutto del comportamento inconcludente seguito alle politiche di Febbraio.
L’astensione record sta lì a dimostrarlo.
Avevo scritto in tempi non sospetti che Grillo non era una
risorsa per il paese. Lui e Casaleggio mi stanno dando ragione, anche se questo
non mi rende per nulla felice. Non hanno un progetto realistico e compiuto per
il nostro futuro. Stanno facendo perdere tempo e denaro al paese in chiacchiere
che fanno apparire rigogliosamente produttive le pratiche onanistiche. Hanno
portato in Parlamento gente che non sa neppure da che parte si comincia a fare
politica. E, come un qualsiasi Viavà o un qualsiasi tizio decrepito, danno la
colpa agli elettori che non avrebbero capito…
Buona stampa. Daveri contraddice senza fatica e con i numeri
le affermazioni di Stefano Fassina, niente meno che Viceministro dell’Economia,
carica alla quale è stato chiamato, presumibilmente, per aver fatto parte dello
stato maggiore di Viavà e per aver partecipato, alzando la voce, a qualche talk
show… Attività che, forse, gli hanno impedito di seguire le vicende della
teoria sostenuta (su basi piuttosto fragili e, sembra, su colonne di Excel
insufficienti: http://www.huffingtonpost.com/dean-baker/reinhart-rogoff-austerity_b_3343688.html)
E chiudo, purtroppo, tornando a occuparmi di una donna che,
onestamente, avrei preferito tenere ben chiusa nel dimenticatoio. E ci sarei
riuscito facilmente se lei non avesse deciso, una volta di più, di ignorare il
motto che dice: un bel tacer non fu mai scritto. Parliamo di Giulia Ligresti,
terza figlia di Salvatore, una delle componenti della famiglia che ha così
diligentemente e saggiamente guidato il gruppo FondiariaSai, portandolo alla
soglia del fallimento. Che Giulia Ligresti possa essere irritata dal fatto che
la vita sua e dei suoi cari abbia subito qualche cambiamento in seguito alle
vicende delle aziende da loro amministrate (parola impropria, ma perdonate), ci
sta. Le converrebbe, tuttavia, evitare di dar sfogo a tale stato d’animo così
come ha ritenuto di fare nei giorni scorsi (http://archiviostorico.corriere.it/2013/maggio/25/Giulia_Ligresti_Consob_studia_aggiotaggio_co_0_20130525_36edced2-c4ff-11e2-948d-552c2efc12be.shtml).
Abbastanza sconcertante che l’ex presidente della società che controllava
Fondiaria-Sai, ossia Premafin, non sapesse di muoversi su un terreno pericoloso
quando ha espresso dubbi, forse non adeguatamente fondati, sulla solidità di
una società quotata. O forse no, non è affatto sconcertante, visto quel che è
emerso sulla gestione della Premafin stessa e, più ancora, delle holding della
famiglia Ligresti Imco e Sinergia
Per fortuna il nostro paese fluttua su un mare di petrolio e
di gas naturale, ospita aziende leader mondiali in settori quali, ad esempio,
l’informatica e la bioingegneria e cresce a ritmi che fanno impallidire la Cina. Insomma, non abbiamo problemi… siamo una
nazione senza preoccupazioni, in cui tutto è perfetto, a cominciare dalla
qualità della classe politica.
Dite che sbaglio? Temo che abbiate proprio ragione. Non
fluttuiamo su illimitate risorse naturali, contiamo poche aziende leader
mondiali nei loro settori di attività (certamente non in quelli che generano
fatturati a tanti zeri), abbiamo un debito pubblico che creerebbe problemi
anche al Ragioniere Generale della Repubblica Federale Tedesca, ecc. ecc.
Però, ecco… c’è un però che procura smisurato sollievo.
Abbiamo una classe politica e una pubblica amministrazione che tutto il mondo
ci invidia, uomini e donne sempre pronti a occuparsi dei problemi veri, quelli
che stanno a cuore a tutti i cittadini, e a varare provvedimenti importanti,
destinati, se mai possibile, a cambiare in meglio le cose anche in questo
lussureggiante giardino di rose.
Solo così si spiega l’attenzione che due figure, che potremmo vendere a peso d'oro all'estero (BUM!), dedicano ai movimenti che partecipano alle elezioni. Lady
Ikea e il suo collega, scapigliato e patetico, Ciuffetto Zanda, non certo stanchi di rigirare i pollici in
questo paese in cui tutto va bene, Madama la Marchesa, ma preoccupati che, la
prossima volta, la ramazza faccia fuori anche loro, hanno pensato bene di
provare a far fuori la ramazza: http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/1245841/Pd--disegno-di-legge---No-a-elezioni-e-rimborsi-ai-movimenti-.html.
Cronaca. Ho scelto di citare Libero, ma la notizia la
trovate ovunque. Di Grillo credo di aver detto peste e corna a sufficienza,
perciò posso senza timore dire che Lady Ikea e Ciuffetto Zanda non sono nemmeno
l’ombra dei legislatori di cui l’Italia ha bisogno, ma due impostori
che vogliono impartire lezioni da cattedre assai modeste.
Mai sentito parlare di Ugo Sposetti, Lady Ikea e Ciuffetto
Zanda?
Siete tanto furbi da provarvi a sfruttare una puntata di Report che vi
crocefigge alle meschinerie del vostro tesoriere per tentare di mettere in un
angolo lo psiconano+barba-Mediaset e il suo puparo?
Com’è che non vi preoccupate di far rispettare la
Costituzione e di imporre la trasparenza al Pd, Lady Ikea e Ciuffetto Zanda?
Cronaca. Certo che Grillo, quando prova a
passarsi per rappresentante di italiani diversi dagli altri, francamente riesce
a far ridere molto meglio che in altre circostanze.
Il M5S accoglie al suo interno cittadini italiani
proporzionalmente delle medesime qualità accolte dagli altri partiti, costruttivi e misurati come dimostrano le considerazioni sulla puntata di Report e su Milena Gabanelli. I leader,
invece, possono essere diversi, ma le motivazioni, mi pare, non sono così
diverse.
Buona stampa. Mi preme solo sottolineare queste parole: “Dopo 23 mesi consecutivi di decrescita, con
un livello della produzione industriale inferiore del 10% al livello del 2008,
e un tasso di disoccupazione che sfiora il 12%, il fatto che le pubbliche
amministrazioni continuino a non pagare quanto devono alle imprese è
francamente criminale”.
Condivido in pieno: l’atteggiamento della nostra pubblica
amministrazione è criminale. E mi piacerebbe sentire la voce del Presidente
Napolitano forte e chiara a riguardo.
In conclusione: abbiamo Lady Ikea e Ciuffetto Zanda che si
preoccupano di rendere la vita difficile allo psiconano+barba-Mediaset; abbiamo
lo psiconano+barba-Mediaset e i suoi accoliti che amano la trasparenza come
Lady Ikea e Ciuffetto Zanda e in quasi tre mesi trascorsi dalle elezioni non
hanno ancora fatto capire se hanno idee serie e plausibili e quali, dedicando, invece, il loro tempo agli scontrini e ai talk
show; dalla parte del tizio decrepito le cose stanno come stanno, ossia
anche peggio che altrove.
Quello di oggi sarà un post piuttosto lungo e quasi
interamente debitore ad articoli del Sole 24 Ore, non soltanto quello odierno.
Il primo pezzo è di Donato Masciandaro e si occupa di
questioni economiche, quelle che, negli ultimi tempi, ho trascurato per
dedicarmi alla politica italiana. L’articolo mette in luce come, a distanza di
sei anni dai primi segni della crisi finanziaria, permangano molti degli
elementi che l’hanno causata e come vi sia una sorta di alleanza tacita tra
alcuni governi e le banche, ossia le istituzioni che hanno ideato e creato i
meccanismi perversi all’origine del disastro apertosi ufficialmente con il
fallimento di Bear Stearns all’inizio del 2008 e quello di Lehman Brothers a settembre. Questo il link al pezzo di
Masciandaro: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2013-05-19/stipendio-banchieri-liquidita-imprese-141031.shtml?uuid=AbyTRFxH&fromSearch.
Buona stampa. Non è soltanto il Regno Unito ad aver mancato
e a mancare di coraggio nel predisporre misure in grado di impedire il
ripetersi dei comportamenti che hanno portato al tracollo iniziato con i mutui subprime nel 2007. La stessa riluttanza
si trova negli Stati Uniti e altrove.
Detto in poche parole, sono passati sei anni senza che si
creassero meccanismi capaci di ridurre la propensione all’azzardo delle
istituzioni finanziarie, siano esse banche o altro, e che si eliminassero i
legami che possono consentire il contagio a livello di sistema. E su questo
stato di cose s’innesta uno straordinario moltiplicatore di rischio: la
liquidità che viene immessa dalle banche centrali (da quelle di Usa, Regno
Unito e Giappone in primo luogo, ma anche dalla BCE). Un’enorme massa di denaro
che gli istituti di emissione forniscono al sistema bancario internazionale con
l’intento di favorire o accelerare la ripresa dell’economia, e che viene, al
contrario, indirizzata a investimenti in strumenti che garantiscano i
rendimenti più elevati, per natura associati a rischi elevati.
Con il che si verifica il paradosso che paesi come la
Grecia, dalla quale l’altro ieri gli investitori fuggivano accettando pesanti
perdite pur di chiudere ogni partita, oggi sono diventati i più appetibili.
Quegli stessi operatori che hanno contribuito a mettere in ginocchio l’economia
greca speculando contro di essa appena un anno fa, oggi corrono a comperare
titoli di stato e azioni ellenici.
La speculazione è un male necessario, un elemento
ineliminabile delle economie di mercato, capace spesso di attenuarne alcuni
difetti. Il problema è che, negli ultimi decenni, ha assunto dimensioni
assolutamente esagerate e che ha saputo irretire la politica in maniera da
evitare qualsiasi forma di regolamentazione. Le bolle speculative si
susseguono, non contrastate, anzi favorite dai governi e dalle banche centrali.
I banchieri e i gestori delle istituzioni finanziarie ne approfittano,
intascano stipendi fuori misura e scaricano sulla collettività il prezzo dei loro
errori. E, già, perché alla fine il conto lo paghiamo sempre noi.
Cronaca. Senza voto, ma preziosa. Che in anni come quelli
attuali possa esistere qualcuno che, per quanto ricco, decide di mettere in
piedi un sistema del genere per organizzare feste, francamente, lascia
piuttosto… piuttosto infastiditi. E questo vale anche se, come sostengono
l’interessato e il suo collegio di difesa, non si trattava dei baccanali
descritti da qualcuno, ma di cene eleganti. E mi sembra che il fastidio possa
soltanto essere aggravato dal fatto che il protagonista di queste vicende
occupava allora una delle più alte cariche della nostra povera Repubblica.
Io
continuo a pensare che quanto più importante è la posizione di un individuo,
tanto maggiore deve essere il suo senso di responsabilità e la sua
preoccupazione di fornire in ogni circostanza un buon esempio. Direi che il
tizio decrepito, sotto questo profilo, non ha mai brillato. E i nostri geniali
giornalisti non trovano di meglio da fare che andare a sentire cosa pensa,
riguardo al “processo Ruby”, la figlia maggiore del tizio decrepito. Posso
sbagliare, ma credo che difficilmente i giornalisti tedeschi o americani si
sarebbero preoccupati di chiederle la sua opinione. Ad ogni modo, la figlia
difende il padre, anche se io, al posto suo, mi preoccuperei per la dimensione
di certi flussi di denaro. Ne avrà anche tanti, ma insomma…
Buona stampa. Anche chi, come me, è sostanzialmente estraneo
alle vicende religiose, non può che nutrire ammirazione e fiducia per il modo
in cui opera il Papa.
Voglio riprendere alcune delle parole di Monsignor Bruno Forte: Le scelte di sobrietà nello stile di vita ne sono un altro. In un mondo
segnato da una profonda crisi etica, prima ancora che
economico-finanziaria, mentre si riscopre l'urgenza della sobrietà nelle
scelte personali e della solidarietà in quelle relazionali, il
messaggio che arriva dal Papa venuto dalla fine del mondo risulta più
che mai attuale e necessario.
Prima di chiudere, faccio un po’ di pubblicità: questa sera Report si
occupa delle fondazioni politiche (e del loro finanziamento), argomento a me assai caro, come forse
ricorderete. Ecco, dal sito del Corriere, un’anticipazione sul contenuto della
puntata:
Come potrei, dopo avervi annoiato così a lungo, chiudere
senza offrirvi un ascolto musicale? Scelgo un musicista americano che ho citato solo indirettamente parlando di Joni Mitchell. Si tratta di Pat
Metheny, un chitarrista molto popolare che si è mosso con successo in territori
in cui si fondono generi diversi.
Vi propongo un’esecuzione dal vivo di uno dei suoi brani più
famosi Are You Going With Me?
Non è soltanto per immodestia che vado a riprendere due
argomenti di cui ho parlato diffusamente in precedenza, tra loro strettamente
collegati: il pagamento dei debiti dello Stato e il malfunzionamento della
Pubblica Amministrazione italiana, la quale sembra non conoscere limiti
nell’esasperare i difetti delle organizzazioni burocratiche.
Stampa così e così. Solo perché non si fanno nomi e cognomi.
Ci sono i colpevoli per questo stato di cose. Eccome se ci sono… Perché non
scrivere nomi e cognomi?
Pensiamo, per esempio, che, nel 2008, appena nominato
Ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta (il sedicente Premio Nobel
mancato) ha avviato quella che, a suo dire, sarebbe stata la rivoluzione copernicana
grazie alla quale tutti i difetti della burocrazia dello Stato e degli Enti
Locali sarebbero stati spazzati via, sostituiti da efficienza, cortesia,
internet e via promettendo. In qualità di Capo di Gabinetto lo affiancava,
altrettanto euforico per la possibilità di contribuire a tale svolta
mirabolante, Filippo Patroni Griffi (in realtà, sotto sotto, credo remasse
contro, ma è un dubbio, soltanto un dubbio).
Visto il successo (si fa per dire) ottenuto, in un paese
normale Brunetta e Patroni Griffi sarebbero stati cortesemente messi alla porta
e, in caso contrario, i giornali li avrebbero arrostiti a fuoco lento.
L’Italia, però, non è una nazione come le altre. E’ un
mostro creato dalla complicità e dal sostegno reciproco di burocrazia e
politica, entrambe le peggiori che si possono immaginare. E, temo, neppure le
straordinarie doti di noi italiani, di noi semplici cittadini che giorno dopo
giorno cerchiamo di svolgere dignitosamente il nostro ruolo, potranno mai permetterci
di decapitare questo essere orrendo che rende sempre più difficili e frustranti
i nostri sforzi.
Chiariamo: Brunetta e Patroni Griffi non sono gli unici
colpevoli. Hanno semplicemente proseguito nel solco di una consolidata
tradizione, mantenendolo aperto per i successori.
Il Ministero della Funzione Pubblica esiste sin dal
dopoguerra, ha soltanto cambiato nome, ma si tratta di un ufficio della
Presidenza del Consiglio con rango di Ministero ospitato a Palazzo Vidoni. Uno
splendido palazzo romano, la cui storia potete trovare qui: http://www.funzionepubblica.gov.it/media/225627/palazzo_vidoni.pdf.
Nelle ultime pagine sono indicati i Ministri e i
Sottosegretari succedutisi negli incarichi dalla fine della guerra a oggi.
Scorrete i nomi: tra quelli recenti ne trovate più d’uno (non soltanto Brunetta
e Patroni Griffi) che è ancora lì, da qualche parte, a occupare un ufficio
pubblico dopo non essere riuscito a cambiare una virgola del castello di leggi,
regolamenti, ecc. per mezzo dei quali i burocratici ci angustiano la vita e tentano di giustificare, ma soprattutto preservare, la loro presenza.
E siccome non bastano loro, giustificano e preservano la presenza anche
di altre burocrazie. Rileggiamo Sergio Rizzo: “La medesima Ragioneria così attenta all'equilibrio dei nostri conti
pubblici ha candidamente ammesso di non essere in grado di conoscere la reale
entità dei pagamenti dovuti ai fornitori, tanto è vero che della rilevazione
non si sta occupando una qualche struttura pubblica, bensì le associazioni
delle imprese”.
Non so se e quanto ci costerà
questa partecipazione delle associazioni di categoria alla definizione dei
debiti della Pubblica Amministrazione. Sono propenso a credere che ci costerà e
non poco. Le nostre associazioni di categoria sono come i cani, muovono la coda
solo se ne vale la pena. E non danno nemmeno una briciola di affetto...
Keith Jarrett, Paris Concert, The Wind:
il sollievo.
Cronaca. Ottima, però. Intendiamoci, vedo anch’io gente che
porta a spasso cani senza neppure immaginare come fare a controllarli in caso
di necessità, ma questo provvedimento fa parte della farneticazione normativa. Attività
nella quale, purtroppo, le nostre pubbliche amministrazioni eccellono. L’unica,
temo.
Vi ho già parlato tempo fa di Jena (Riccardo Barenghi), che
scrive su La Stampa battute lapidarie e assai incisive. Mi sembra che meritino
di essere lette sia quella di ieri sia quella di oggi, poiché sintetizzano bene un quadro politico niente affatto chiaro.
La battuta su Alfano, ovviamente, si riferisce al fatto che
il Ministro degli Interni e Vicepresidente del Consiglio ha ritenuto di
partecipare a una manifestazione di partito, svoltasi a Brescia, in gran parte
motivata dai problemi giudiziari del tizio decrepito. Probabilmente Alfano,
visto il ruolo istituzionale, avrebbe potuto evitare di presenziare, ma, ormai,
non c’è da stupirsi di nulla in quest’atmosfera di competizione perenne e senza
tregua, oltre che sostanzialmente assurda.
E, infatti, da noi assai più che altrove, i politici (come
osservava Magris nell’articolo citato qualche giorno fa) si preoccupano più di
strillare che di fare. L’obiettivo è strappare qualche minuto di attenzione in
un telegiornale o qualche riga in un quotidiano. E pur di ottenere il risultato
non hanno ritegno a forzare la realtà o a riscrivere la storia. Più corretto dire che non hanno nessuna
vergogna. Lo possono fare perché hanno la sicurezza di non pagare alcun prezzo
per questo, grazie a una stampa in larga parte asservita o, comunque, poco
interessata a mettere in risalto le contraddizioni e le menzogne.
E quanti, indipendentemente dalla qualità del programma, si
domanderanno se è davvero così corretto che la principale rete televisiva di
proprietà di una società quotata in borsa (anche se controllata dalla famiglia
del tizio decrepito) decida di mandare in onda in prima serata una trasmissione
interamente dedicata a una delle più scottanti indagini riguardanti proprio il
tizio decrepito (http://www.corriere.it/cronache/13_maggio_12/processo-ruby-speciale-canale5_7d5373aa-babd-11e2-a655-79b4b9553427.shtml)?
Temo pochi, pochissimi. E questa, sebbene a qualcuno potrà sembrare tale, non è una considerazione di parte. E’ solo una manifestazione di profondo sconforto di fronte
alla perdita di senso critico da parte di tanti italiani. Perdita di senso critico che, tra l'altro, ha
consentito allo psiconano+barba-Mediaset di ottenere un successo elettorale del
tutto privo di valore, visto che, finora, non ha saputo metterlo a frutto in
alcun modo. Non certamente a frutto per il paese, ma solo per i suoi disegni (anzi,
per quelli del suo puparo).
Chiudiamo con un po’ di musica. Premetto che la
scelta odierna non è tanto determinata da una qualità particolarmente elevata, quanto
dal desiderio di citare un piccolo e divertente momento all’interno di un film
di Howard Hawks, Ball of Fire (Colpo
di fulmine), nel quale Barbara Stanwick interpreta una cantante e Gary Cooper un
professore. La Stanwick è accompagnata dall’orchestra di Gene Krupa, un
batterista jazz allora assai popolare, anche se, come si direbbe oggi, un po’
“commerciale” (http://en.wikipedia.org/wiki/Gene_Krupa).
La curiosità sta nel fatto che, al termine di una canzone, la
Stanwick invita Gene Krupa a un’esibizione fuori dal comune. Il titolo inglese spiega di cosa si tratta, ma dovete guardare il
video sino alla fine per godervi questo gioiello.
Buona stampa. Mi considero un precursore d’internet, dal
momento che ho iniziato a collegarmi nel maggio 1995 (quando si usavano modem che
consentivano velocità calcolate in pochissime migliaia di byte e la connessione cadeva
ogni dieci minuti, i browser si chiamavano Mosaic
e Netscape, per scaricare documenti
si doveva ricorrere a FTP, ecc. ecc.). Non credo, quindi, si possa accusarmi di
essere prevenuto nei confronti di quanto la rete ha consentito e consente di
ottenere, anzi. In realtà, il problema, come accade spesso, non è nel mezzo, ma
nell’utilizzatore: anche nel caso di Twitter
(che io conosco poco e del quale non mi servo in alcun modo) e la decisione di
Mentana e le parole di Gramellini lo confermano. Lo strumento è bene che
esista, l’importante è che chi se ne serve lo faccia con intelligenza e con
educazione.
La bicicletta, per dire, è un buon mezzo di trasporto in
ambito cittadino; è uno strumento prezioso e praticamente innocuo, salvo quando
se ne serve un decerebrato maleducato che pensa di poter percorrere portici e
marciapiedi a tutta velocità, servendosi dei pedoni come di paletti per lo
slalom. E, purtroppo, i decerebrati maleducati sono molto numerosi…
Forse Mentana, oltre a chiudere il proprio account di Twitter, avrebbe fatto bene a servirsi
della propria posizione influente per ideare una rubrica o un programma in
grado di invertire la tendenza che vede maleducazione e stupidità dilagare nel
nostro paese. Non che sia facile, visto quanti si lasciano influenzare da certe
notizie e non trovano di meglio da fare che replicare comportamenti stupidi o addirittura criminali. E, tuttavia, voglio continuare a sperare che, se opportunamente
stigmatizzate, certe condotte potrebbero essere sradicate. O forse mi sbaglio…
Buona stampa. Sa il cielo quanto sarebbero utili all’Italia
tanti altri uomini e donne come Giorgio Ambrosoli e come suo figlio. E sa il
cielo, con buona pace dei vescovi italiani, quanto poco Andreotti sia stato
utile all’Italia.
Musica, indispensabile. Torniamo a Woodstock per
l’esibizione dei Jefferson Airplane,
gruppo californiano che è stato senz’altro uno dei più importanti nel rock
americano tra Sessanta e Settanta. Anche la vita di questa band è stata segnata dall’abuso di droghe e di alcool, dalle
difficoltà di convivenza tra componenti dalla forte personalità e da altro. Somebody to Love è il pezzo che vi
faccio ascoltare: una scelta che non ha richiesto troppi sforzi, perché è stato
uno dei loro brani più famosi.
Dimenticavo: l'articolo di Claudio Magris che avevo citato due giorni fa è ora disponibile sul sito del Corriere della Sera. Merita ancor più di essere letto oggi, mettendolo in relazione con quello di Giavazzi e ricordando che, se un politico si preoccupa principalmente di apparire e di far parlare di sé, soprattutto nel caso in cui occupi un importante ruolo amministrativo, finisce per lasciare libero il campo ai dipendenti pubblici che, al contrario, lui dovrebbe controllare e dirigere...
Ecco il collegamento al pezzo di Magris: http://www.corriere.it/politica/13_maggio_07/talk%20show-internet-eclissi-plitica-Magris_b2829a7e-b6d5-11e2-8651-352f50bc2572.shtml.
Buona stampa.
Buona stampa. Come di consueto. Folli mantiene il pregio di
parlare delle vicende politiche quotidiane con concretezza, senza perdersi in
ardite e inutili speculazioni o senza divertirsi a spiare dal buco della serratura. Il
quadro che emerge, purtroppo, è tutt’altro che rassicurante e mostra come le
nubi sopra la nostra testa, lungi dall’essersi disperse, si vadano appesantendo
e scurendo. Niente di buono all’orizzonte con la situazione che si è creata
con il voto del 24 e 25 Febbraio.
Buona stampa. Detto, senza falsa modestia, perché quello che
scrive Giavazzi io l’ho già scritto più volte. E, al posto suo, sarei stato
anche più pesante.
Com’è mia abitudine, quando i temi mi sembrano spingere al
pessimismo e al malumore, cerco di andare a trovare qualche brano musicale,
possibilmente ricco di ritmo e di vitalità.
Si addice senz’altro allo scopo un brano dei Traffic, gruppo inglese attivo tra la
fine dei 60 e l’inizio dei 70, le cui vicende hanno risentito, nel bene e nel
male, della presenza un po’ prepotente di Steve Winwood. Il pezzo è Glad, l’album si intitola John Barleycorn Must Die e fu pubblicato
nel 1970. Dura quasi sette minuti, per stasera può bastare.
Nutrivo per Giulio Andreotti un’avversione ereditaria, trasmessa da diverse persone che stimavo molto, e dalla
quale neppure gli ultimi anni, durante i quali era di fatto rimasto assente
dalla vita pubblica, mi hanno guarito. Continuo a provare avversione per lui
anche da morto, ma, proprio per questo, giova chiarire, rapidamente e
senza fronzoli.
Indubbiamente uomo di grande intelligenza, Andreotti ha rappresentato,
per tanti italiani e anche per me, il massimo esempio del “Male” che si
annidava nella classe politica dominante dal dopoguerra, in particolare nella
Democrazia Cristiana (per i meno diversamente giovani, fare ricorso a
un’enciclopedia).
I mezzi di comunicazione hanno, com’era prevedibile, usato i
“coccodrilli” preparati da quel dì, ai quali Andreotti avrebbe probabilmente
saputo replicare con qualche battuta lapidaria e definitiva. L’avversione non
m’impedisce di riconoscere, oltre all’intelligenza, un senso dell’umorismo
difficile da trovare tra i suoi colleghi. Non fatico ad ammettere che mi
piacerebbe, domani, leggere le risposte di Andreotti ai commenti sulla sua
morte…
E’ per questo, perché ne riconosco la superiorità rispetto
ai tanti mediocri concorrenti e la straordinaria ironia e pur considerandolo responsabile
di molti guai italiani, che non vado a cercare il più critico degli articoli su
di lui pubblicati oggi dai quotidiani. Vi propongo, invece, quello scritto dall’Avvocato
Giulia Bongiorno per il Sole 24 Ore. E’ l’articolo di un difensore di Andreotti
in più di un processo, quindi, per definizione, è di parte. E, infatti, non lo
suggerisco tanto per l’immagine che offre di Andreotti, quanto per altre
importanti considerazioni. Chi ha orecchie per intendere, intenderà, forse... Chi non ha orecchie per intendere, continuerà sulla strada percorsa da quasi vent'anni.
Ho fatto lavorare lo scanner perché l’articolo non è
disponibile sul sito del 24 Ore.
Buona stampa. Detto altrimenti: ben venga parlare di Andreotti se serve
per affrontare altri, e più pressanti, argomenti.
Avrei voluto chiudere suggerendovi la lettura di un pezzo di
Claudio Magris pubblicato dal Corriere della Sera di oggi. Come sempre acuto e
stimolante, spiega quanto la comunicazione e i meccanismi con cui essa si
effettua finiscano, nella nostra epoca, per far trascurare a molte categorie di
persone, in particolare i politici di ogni livello, i propri compiti istituzionali.
Purtroppo non è disponibile nella pagina principale del sito
del quotidiano milanese e, quando cerco “Claudio Magris” nella finestra di
ricerca, si blocca tutto… Ci tornerò nei prossimi giorni, perché si tratta di
questioni importanti, sia quelle proposte da Magris sia quelle che riguardano
il funzionamento e, più ancora, il futuro del gruppo Rcs, editore del Corriere.
P.S. Merita leggere i necrologi di Andreotti sul Corriere della Sera di oggi: ce ne sono di inspiegabili. Farebbero sorridere se non si ricordassero proprio le parole del defunto. A pensare male si commette peccato, ma ci si azzecca...
Questo paese è afflitto da una conflittualità politica devastante
(non credo di esagerare, al contrario), le cui origini non sarò certo io a
indicare. Ognuno di noi quattro ha la propria opinione e, visto l’esordio di
questo post, l’ultima cosa che intendo fare è discutere l’argomento. Quello che,
al contrario, sono convinto di poter dire è che mi sconcerta profondamente la
presenza di alcuni personaggi nel Governo presieduto da Enrico Letta.
Per essere più chiaro e, giusto per fare un paio di nomi e
basta, mi chiedo come potrà lavorare in maniera positiva un gruppo del quale
fanno parte Biancofiore e Fassina. E come potrà lavorare in maniera positiva
se, dentro e fuori dal Governo, c’è gente che continua a preoccuparsi di
comunicare ai propri potenziali elettorali esattamente come se fossimo in prossimità
del voto (e probabilmente lo siamo).
E sbagliano i giornali a inseguire le dichiarazioni di
ministri, viceministri, sottosegretari e politici di qualsiasi livello. Abbiamo
bisogno di tutto, fuorché di mezzi che amplificano le affermazioni, spesso inutilmente
aggressive e palesemente mistificatorie, pronunciate al solo scopo di ottenere
attenzione e di conquistare un breve attimo di illusoria importanza, il cui
prezzo è il progressivo imbarbarimento del clima politico al quale siamo
costretti ad assistere da anni.
Mi auguro, anche se non lo credo, che Letta, protetto da
Napolitano, possa controllare la situazione e arrivare ad approvare quel
pacchetto minimo di riforme di cui il paese ha disperato bisogno.
Buona stampa. Non mi comporto da tifoso quando si tratta di
sport, figuriamoci se mi sognerei di farlo in questo campo, nel quale ognuno ha
il dovere di maturare un’opinione liberamente, possibilmente senza influenze
esterne di qualsiasi genere. E’ un argomento di libertà individuale. E basta.
Nell’articolo ci sono dati che meritano di essere conosciuti e che possono far
riflettere e per questo ne ho suggerito la lettura: perché ognuno li valuti per
proprio conto, liberamente.
Il 30 Aprile era la giornata dedicata dall’Unesco alla
musica jazz. Non ho avuto modo di celebrarla martedì, ma possiamo farlo anche
oggi. E lo facciamo con una piccola selezione di grandi trombettisti, giusto
per darci un tema che leghi alcuni pezzi.
Partiamo da lontano, con un brano di Louis Armstrong della
fine degli Anni 20: When You’re Smiling.
Il passo successivo lo facciamo con Miles Davis, di cui
ascoltiamo Jeru, un pezzo composto da
Gerry Mulligan e tratto dall’album Birth
of the Cool la cui registrazione, se ricordo bene, avvenne a cavallo tra
gli Anni 40 e i 50.
Il brano successivo è la splendida I’ll Remember April eseguita nel 1956 dal gruppo di Clifford Brown
“Brownie” e Max Roach, nel quale militavano Sonny Rollins, Richie Powell e
George Morrow, degni sostegni per Roach e Brown, uno dei tanti jazzisti dalla
vita breve (http://en.wikipedia.org/wiki/Clifford_Brown).
Alla fine degli Anni 50 risale la collaborazione tra Bill
Evans e Chet Baker, due personaggi complicati, con tratti di carattere ed
esperienze di vita simili, ma anche assai diversi, il cui incontro ha prodotti
alcuni eccellenti risultati, come questa Alone
Together, disponibile in una raccolta intitolata The Complete Legendary Sessions.
Un altro grande trombettista, Freddie Hubbard, insieme a
un’altra mitica formazione, The Jazz
Messengers guidati da Art Blakey, nel 1984 celebrava dal vivo il ricordo
del grande Brownie.