Quello di oggi sarà un post piuttosto lungo e quasi
interamente debitore ad articoli del Sole 24 Ore, non soltanto quello odierno.
Il primo pezzo è di Donato Masciandaro e si occupa di
questioni economiche, quelle che, negli ultimi tempi, ho trascurato per
dedicarmi alla politica italiana. L’articolo mette in luce come, a distanza di
sei anni dai primi segni della crisi finanziaria, permangano molti degli
elementi che l’hanno causata e come vi sia una sorta di alleanza tacita tra
alcuni governi e le banche, ossia le istituzioni che hanno ideato e creato i
meccanismi perversi all’origine del disastro apertosi ufficialmente con il
fallimento di Bear Stearns all’inizio del 2008 e quello di Lehman Brothers a settembre. Questo il link al pezzo di
Masciandaro: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2013-05-19/stipendio-banchieri-liquidita-imprese-141031.shtml?uuid=AbyTRFxH&fromSearch.
Buona stampa. Non è soltanto il Regno Unito ad aver mancato
e a mancare di coraggio nel predisporre misure in grado di impedire il
ripetersi dei comportamenti che hanno portato al tracollo iniziato con i mutui subprime nel 2007. La stessa riluttanza
si trova negli Stati Uniti e altrove.
Detto in poche parole, sono passati sei anni senza che si
creassero meccanismi capaci di ridurre la propensione all’azzardo delle
istituzioni finanziarie, siano esse banche o altro, e che si eliminassero i
legami che possono consentire il contagio a livello di sistema. E su questo
stato di cose s’innesta uno straordinario moltiplicatore di rischio: la
liquidità che viene immessa dalle banche centrali (da quelle di Usa, Regno
Unito e Giappone in primo luogo, ma anche dalla BCE). Un’enorme massa di denaro
che gli istituti di emissione forniscono al sistema bancario internazionale con
l’intento di favorire o accelerare la ripresa dell’economia, e che viene, al
contrario, indirizzata a investimenti in strumenti che garantiscano i
rendimenti più elevati, per natura associati a rischi elevati.
Con il che si verifica il paradosso che paesi come la
Grecia, dalla quale l’altro ieri gli investitori fuggivano accettando pesanti
perdite pur di chiudere ogni partita, oggi sono diventati i più appetibili.
Quegli stessi operatori che hanno contribuito a mettere in ginocchio l’economia
greca speculando contro di essa appena un anno fa, oggi corrono a comperare
titoli di stato e azioni ellenici.
La speculazione è un male necessario, un elemento
ineliminabile delle economie di mercato, capace spesso di attenuarne alcuni
difetti. Il problema è che, negli ultimi decenni, ha assunto dimensioni
assolutamente esagerate e che ha saputo irretire la politica in maniera da
evitare qualsiasi forma di regolamentazione. Le bolle speculative si
susseguono, non contrastate, anzi favorite dai governi e dalle banche centrali.
I banchieri e i gestori delle istituzioni finanziarie ne approfittano,
intascano stipendi fuori misura e scaricano sulla collettività il prezzo dei loro
errori. E, già, perché alla fine il conto lo paghiamo sempre noi.
Torniamo in Italia, con un articolo di Sergio Fabbrini
dedicato alle riforme istituzionali (http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2013-05-19/governabilita-mosse-142050.shtml?uuid=Abt7ZFxH&fromSearch).
Buona stampa. Dubito che trovi ascolto da parte di chi
dovrebbe, invece, essere tutto orecchi…
E veniamo a un tema diverso, forse più leggero o forse no. Anzi, sicuramente no.
Venerdì il Sole 24 Ore aveva offerto un’interessante
ricostruzione del lavoro svolto dalla Procura di Milano in relazione al cosiddetto processo Ruby, nel quale è imputato il tizio decrepito. Dico
interessante perché, pur essendo tutto in gran parte noto, l’articolo di Cesare
Balbo è un utile ripasso (http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-05-17/processo-ruby-spese-berlusconi-071212.shtml?uuid=AbnMAewH).
Cronaca. Senza voto, ma preziosa. Che in anni come quelli
attuali possa esistere qualcuno che, per quanto ricco, decide di mettere in
piedi un sistema del genere per organizzare feste, francamente, lascia
piuttosto… piuttosto infastiditi. E questo vale anche se, come sostengono
l’interessato e il suo collegio di difesa, non si trattava dei baccanali
descritti da qualcuno, ma di cene eleganti. E mi sembra che il fastidio possa
soltanto essere aggravato dal fatto che il protagonista di queste vicende
occupava allora una delle più alte cariche della nostra povera Repubblica.
Io
continuo a pensare che quanto più importante è la posizione di un individuo,
tanto maggiore deve essere il suo senso di responsabilità e la sua
preoccupazione di fornire in ogni circostanza un buon esempio. Direi che il
tizio decrepito, sotto questo profilo, non ha mai brillato. E i nostri geniali
giornalisti non trovano di meglio da fare che andare a sentire cosa pensa,
riguardo al “processo Ruby”, la figlia maggiore del tizio decrepito. Posso
sbagliare, ma credo che difficilmente i giornalisti tedeschi o americani si
sarebbero preoccupati di chiederle la sua opinione. Ad ogni modo, la figlia
difende il padre, anche se io, al posto suo, mi preoccuperei per la dimensione
di certi flussi di denaro. Ne avrà anche tanti, ma insomma…
Più seriamente, vorrei suggerire sia al tizio decrepito che
alla sua figliola la lettura di questo articolo di Bruno Forte, Arcivescovo di
Chieti-Vasto: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-05-19/papa-prete-giovane-cani-081109.shtml?uuid=Ab36CCxH&fromSearch.
Buona stampa. Anche chi, come me, è sostanzialmente estraneo
alle vicende religiose, non può che nutrire ammirazione e fiducia per il modo
in cui opera il Papa.
Voglio riprendere alcune delle parole di Monsignor Bruno Forte: Le scelte di sobrietà nello stile di vita ne sono un altro. In un mondo
segnato da una profonda crisi etica, prima ancora che
economico-finanziaria, mentre si riscopre l'urgenza della sobrietà nelle
scelte personali e della solidarietà in quelle relazionali, il
messaggio che arriva dal Papa venuto dalla fine del mondo risulta più
che mai attuale e necessario.
Prima di chiudere, faccio un po’ di pubblicità: questa sera Report si
occupa delle fondazioni politiche (e del loro finanziamento), argomento a me assai caro, come forse
ricorderete. Ecco, dal sito del Corriere, un’anticipazione sul contenuto della
puntata:
Come potrei, dopo avervi annoiato così a lungo, chiudere
senza offrirvi un ascolto musicale? Scelgo un musicista americano che ho citato solo indirettamente parlando di Joni Mitchell. Si tratta di Pat
Metheny, un chitarrista molto popolare che si è mosso con successo in territori
in cui si fondono generi diversi.
Vi propongo un’esecuzione dal vivo di uno dei suoi brani più
famosi Are You Going With Me?
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