Il Buongiorno di Gramellini di ieri parte dal tizio
decrepito (che, dalle parti del Vicedirettore de La Stampa, è divenuto
innominabile come dalle mie) per arrivare ai magistrati che decidono di
intraprendere la carriera politica. Ci sono il buonsenso e l’ironia che ci si
aspetta da Gramellini e anche un’osservazione acuta sul modo in cui si passa da
un ambito istituzionale all’altro. Io mi permetterei di aggiungere un punto: se
un magistrato vuole dedicarsi alla politica, dovrebbe poterlo fare solo dopo un
buon numero di anni dalla fine, naturale o anticipata, della carriera, direi
almeno tre, il tempo necessario per lasciare sbiadire l’eventuale notorietà
conquistata con inchieste più o meno clamorose (e più o meno concluse
positivamente).
Sulla situazione politica e sulle ultime farneticazioni del
tizio decrepito, per oggi, preferisco non aggiungere altro a quanto dice
Gramellini e alla mia modesta proposta (e non dubito che me ne sarete grati).
Un auspicio, però, me lo posso permettere. Mi piacerebbe
proprio che l’anno nuovo portasse almeno un germoglio di speranza per il nostro
paese, un segno anche piccolo di un cambiamento positivo, un leggero schiarire
del cielo che resta cupo per l’ottusità con cui la politica si rifiuta di riformare
se stessa, passaggio indispensabile e propedeutico per riformare le istituzioni
e la nazione. Non credo accadrà, ma auspicarlo non costa nulla...
Si sta per chiudere un anno che, sul piano personale, ha
comportato molti momenti difficili e dolorosi, gran parte proprio in queste
ultime settimane. Oggi devo, ancora una volta e il Cielo sa quanto mi pesi,
affidare alla banalità delle mie parole il ricordo di una persona preziosa che
ci ha lasciato.
Anche Roberto è stato una presenza costante nei miei quasi
cinquantacinque anni di vita. Un cugino e un amico, che era riuscito a restare
il ragazzo con cui avevo fatto passeggiate in montagna quarant’anni fa e con il
quale, più di recente, ho giocato a tennis o, semplicemente, ho trovato modo di
parlare delle cose belle della vita e di scherzare su quelle che la rendono complicata.
Un uomo buono, discreto, garbato e rispettoso. Attributi assai
rari oggigiorno.
Ho scelto di dedicargli un brano che, per com’è nato,
potrebbe apparire fuori luogo, ma non è così. In realtà, Tears in Heaven di Eric Clapton ha un testo che mi pare privare
la morte del suo alone più cupo e la musica, soffusa di tenue malinconia,
non ha nulla di angosciante, anzi riaccende dolcemente la gioia di vivere.
Ascoltiamo la versione strumentale dall’album Wish, di Joshua Redman con Pat Metheny,
Charlie Haden e Billy Higgins.
Deponete anche voi un fiore sull’acqua di un fiume o di un
lago o del mare. Roberto lo vedrà.
Ci sono persone che non consideriamo amici in senso stretto,
però ci si conosce da sempre e, anche se le nostre vite scorrono in gran parte
lontano l’una dall’altra, basta ritrovarsi una volta per sapere che il tempo,
per quel che conta davvero, non è passato. Che c’è un legame che va oltre l’assiduità
nel frequentarsi e che si fonda proprio in quell’aver percorso comunque "insieme" gran parte della strada.
Conoscevo Bruno da sempre. E, da qualche mese, come anni fa,
ci s’incontrava ogni giorno in un luogo importante per tutt’e due.
Non potremo più incontrarci. Bruno ha scelto di non tornare
più sotto i grandi alberi lungo il fiume. Dove per tutti non sarà più come quando c'era lui.
Per Bruno Keith Jarrett e Charlie Haden suonano One Day I’ll Fly Away.
E veniamo alle conferenze stampa e alle interviste e alle
altre dichiarazioni di oggi.
Il Presidente del Consiglio dimissionario ha parlato sia nel
corso della consueta conferenza stampa di fine anno sia nella trasmissione di
Lucia Annunziata su Rai3. Potete trovare ampi resoconti video su tutti i siti
dei principali quotidiani, da La Repubblica a La Stampa, dal Corriere al 24 Ore
a Libero.
Scegliete voi, se volete, dove andare.
Dopo di che confrontate l’atteggiamento e le parole di Mario
Monti con quelle del tizio decrepito, del segretario del suo partito, del
segretario del partito che pensa di vincere (ma credo se la faccia sotto dalla
paura solo al pensiero di andare a Palazzo Chigi come Presidente del
Consiglio), del suo alleato presidente di regione, della segretaria del
principale sindacato dei lavoratori, insomma, confrontate l’atteggiamento e le
parole di Mario Monti con l’atteggiamento e le parole di quelli che non lo
vogliono tra i piedi, ansiosi come sono di riprendere il gioco parzialmente
interrotto nel novembre dello scorso anno.
Ansiosi di servirsi del paese e non di servire il paese: lo
ripeterò fin che i miei tre lettori non ne potranno più.
Ritorniamo a CSNY. Nel decidere di farvi ascoltare 4 Way Street avevo in mente in
particolare un pezzo, Teach Your Children,
che mi piace forse più degli altri soprattutto perché parla del rapporto tra
genitori e figli.
Sfortunatamente, non sono riuscito a trovare su YouTube il
video della versione inclusa nel disco. Ce ne sono altre, e ve ne suggerirò più
d’una, ma CSNY sono davvero una miniera. Provate a cercare voi e troverete
tantissime splendide registrazioni, con o senza video.
Veniamo al pezzo che ho scelto per questo post.
La prima versione è quella dell’album, Déjà Vu, che ha segnato l’inizio della collaborazione a quattro,
ossia l’inserimento di Neil Young nel gruppo formato da Crosby, Stills e Nash.
Siamo all’inizio del 1970, per la precisione il disco fu pubblicato nel marzo
di quell’anno (http://en.wikipedia.org/wiki/D%C3%A9j%C3%A0_Vu_%28Crosby,_Stills,_Nash_%26_Young_album%29).
La seconda versione risale al settembre 1970 ed è eseguita
da David Crosby e Graham Nash durante una trasmissione registrata dalla BBC.
Inizia con uno dei loro consueti siparietti, prosegue con un brano strumentale
e si chiude con quello che ho deciso di proporvi per oggi.
L’ultima è una registrazione dal vivo, effettuata nel luglio
dello scorso anno, nella quale a Crosby e Nash si affiancarono i reduci della
mitica Allman Brothers Band (un gruppo del quale, prima o poi, ci occuperemo). Vi
propongo questa versione più per curiosità che per qualità: sono dei signori
che si divertono piuttosto rilassati e non troppo preoccupati del risultato. Sono
signori, però, che hanno fatto un pezzo di storia della musica della nostra
epoca (almeno di quella di noi diversamente giovani).
Per la verità, non è che io mi sorprenda di questo mercato.
Ricordo molto bene l’articolo di Barbara Fiammeri che vi ho consigliato di
leggere pochi giorni fa. Certi atteggiamenti provano che, dietro
l’autocelebrazione parossistica, si celano velleitarismi patetici e attenzione
a problemi ben diversi da quelli degli italiani.
Il mercato continuerà nelle prossime settimane, possiamo
esserne certi. E non riguarderà soltanto il partito del tizio decrepito. Le
vicende dell’altro partito personale italiano, quello di Grillo, dimostrano che
il sedicente nuovo è nato con il medesimo bagaglio genetico del vecchio peggiore.
La cosa più avvilente è che ci sia un solo elemento comune:
la diffida a Mario Monti. Non lo vuole D’Alema, non lo vuole il tizio
decrepito, non lo vuole lo Psiconano+barba-mediaset, non lo vuole neppure
quello che, sino a qualche giorno fa, a parole si diceva pronto a tutto pur che
Monti continuasse l’opera intrapresa in quest’anno (compiuta soltanto in parte
e in maniera inferiore alle aspettative grazie al “sostegno” della maggioranza
composita).
La mia personale opinione è che i politici abbiano paura.
Monti rappresenta, con tutti i suoi limiti, la negazione del loro modo di
intendere il potere. Monti, con tutti i suoi limiti, ha inteso servire il
paese, i politici intendono, chiusa la sua parentesi, tornare a servirsi del
paese.
Buona stampa. Anche se lascia la bocca amarissima. Il nuovo
farà molta fatica a emergere, probabilmente troppa e non potrà emergere. E la stima e il favore di cui gode Monti nel paese
(che, nonostante le lacrime e il sangue, sono confermati da molti sondaggi) difficilmente potranno essere espressi con il voto. Non solo perché non lo
vogliono D’Alema e il tizio decrepito, ma perché non lo vogliono tanti altri, inclusi quelli che gli hanno messo i bastoni tra le ruote per dodici mesi,
magari sorridendogli e affermando di sostenerlo pienamente. Come ben illustra Zingales.
Veniamo a uno storico disco dal vivo, un vero e proprio
monumento della musica americana degli anni 70. Si tratta di 4 Way Street in cui si celebra, per la
prima volta davanti al pubblico, la collaborazione di quattro tra le
personalità di maggior spicco di quel momento: David Crosby, Stephen Stills, Graham
Nash e Neil Young (CSNY). Difficile non vedere un’allusione al loro rapporto nel
titolo dell’album (http://en.wikipedia.org/wiki/4_Way_Street).
Vi propongo di ascoltare uno dei brani più lunghi, Southern Man,
Anche le parole sono molto belle. E il ritornello, chissà perché, mi fa pensare
ai nostri politici… Pensate a com’è sfuggente lo sguardo di Rutelli, per
esempio.
Meglio restare a CSNY e al loro disco. L’ultimo ascolto è di
due brani che si succedono senza interruzione: 49 Bye-Byes/America’s Children.
Se poi avete tempo, potete ascoltare tutto il disco, quasi due ore di splendida musica.
Prendiamo un editoriale dall’edizione milanese del Corriere
della Sera di oggi. La firma è di Claudio Schirinzi e il tema è la conclusione
anticipata della legislatura del Consiglio Regionale lombardo.
E poi quello del Corriere Veneto di ieri, scritto da Roberto
Ferrucci.
A parte i nomi e alcuni dettagli, potrebbero benissimo
essere trasferiti in ambito nazionale e sarebbero ottime rappresentazioni di
come finisca il proprio attuale mandato la classe politica emersa (dovrei usare
un altro verbo, emergere, in realtà, è inadatto: questa classe politica
predilige le acque profonde, possibilmente melmose e viscide) nella cosiddetta
Seconda Repubblica. Difficile sperare in un cambiamento significativo.
Illusorio pensare che l’effetto di esempi tanto negativi possa essere superato
e che, all’improvviso, nelle prossime elezioni politiche e amministrative sia
possibile eleggere persone veramente capaci di voltare pagina e dare avvio alle
riforme e al rinnovamento morale di cui l’Italia ha bisogno.
Se poi pensiamo che i leader, anche quelli dei
movimenti che si presentano (o tentano di presentarsi) come nuovi, hanno un carico imponente di debiti di
varia natura, è ancor meno ragionevole pensare che sapranno lasciarsi alle
spalle i tanti, troppi, amici e collaboratori e guru…
Anche oggi dal Sole 24 Ore. Non è colpa mia, sono loro che
fanno un buon lavoro. Cominciamo da Stefano Folli, che dedica il Punto alla protesta
estrema di Pannella e alla totale indifferenza dei politici ai temi cari al
leader radicale. Temi importanti, assai diversi dal mantenimento del seggio e
dei privilegi cui si dedica con tanto accanimento un buon numero di senatori e
deputati.
Buona stampa. Controverso, a volte antipatico, anche fazioso
(in ambito sportivo), però Brera è stato un giornalista di quelli che non si
fabbricano più. Inutile star qui a rimpiangere i bei tempi andati: di uomini
(anzi: UOMINI) come lui e come Montanelli, purtroppo, non ci sono gli eredi.
Niente equivoci: di buoni giornalisti e di buoni direttori di giornale ne
abbiamo anche oggi. Il problema è che oggi non si tratta di mandare in edicola
un quotidiano di qualità, ma di mettere in vendita un prodotto che serva a
conquistare inserzionisti e, di gran lunga meno importante, lettori.
Importa il clamore, la conquista di “contatti” facili e
facilmente misurabili. Non importa quel che si dice, ma, almeno apparentemente,
essere sentiti. Si parla alle parti basse del corpo, molto meno a quelle alte.
Se poi volete che v’indichi un paio di maestri, beh… lasciamo perdere.
Ricordiamo Gianni Brera e la sua indolente, meravigliosa saccenteria. E andiamo su YouTube a trovarlo o, per noi diversamente giovani, a ritrovarlo.
Se non fosse che gravano sulle tasche dei cittadini italiani
quasi quanto l’IMU, i politici italiani riuscirebbero anche a divertire. Sapete
tutti di cosa parlo, perciò evito di farvi ingrossare il fegato e vi indico
soltanto qualche link, giusto per quegli inguaribili distratti che non sanno
nulla dello scandalo dei rimborsi spese alla regione Lombardia (vi ricordate,
quella che, a detta del suo Presidente, quello color topo, è la regione meglio
amministrata d’Italia).
Direte che sono maligno, ma a me puzza un po’ questa
impostazione del quotidiano diretto da Sallusti... Non sarà che non fa i nomi per non citare una delle predilette del tizio decrepito?
Il problema, in realtà, è che la corruzione o, più
semplicemente, la disonestà trovano spazio in ogni ambiente, non
necessariamente soltanto nel pubblico.
Il Genio Civile è un organismo pubblico, ma posso raccontare
una vicenda di circa vent’anni fa che ho, per così dire, visto con i miei
occhi.
Allora, tra la fine degli 80 e l’inizio dei 90, collaboravo
come formatore e consulente con due società, una attiva in ambito locale e una
attiva su scala nazionale, riferibili a un’associazione di categoria.
Nel corso del mio rapporto di collaborazione ho partecipato, a Bruxelles, ad alcune riunioni volte a elaborare un progetto di formazione transnazionale.
Al mio rientro, ho compilato le mie note spese con scrupolo,
allegando tutti i documenti e anche la contabile della banca con il tasso di
cambio applicato per l’acquisto dei franchi belgi, in base al quale ho
determinato gli importi in lire delle somme che dovevano essermi rimborsate.
Quando presentai la seconda nota spese, la persona cui la
consegnai si stupì perché il tasso di cambio da me indicato era diverso da
quello che aveva indicato l’amministratore delegato della società (che aveva
partecipato lui pure a quella sessione di lavoro). Io avevo indicato quello tra
franco belga e lira (a memoria attorno a 80), l’amministratore delegato quello
tra franco francese e lira (a memoria attorno a 140).
Passiamo alla musica, con l’avvertenza che vi propongo
ascolti piuttosto lunghi e anche un po’ impegnativi, ma apprezzare la grande
musica non può sempre essere facile. Di McCoy Tyner vi ho già parlato, sapete già che ha militato a lungo nelle formazioni guidate da John Coltrane, alle quali ha dato un contributo di rilievo anche grazie
alle sonorità particolari del suo pianismo percussivo. Dopo la morte di
Coltrane, Tyner ha sviluppato la propria carriera come leader e come solista.
E’ un musicista che forse non gode della fama che merita e che a me piace molto,
per questo ve lo faccio ascoltare ancora una volta e vi propongo più ascolti da vari momenti della sua carriera, perché
anche i miei tre lettori lo possano conoscere.
Partiamo con un brano eseguito con il quartetto di Coltrane,
uno standard tratto dal musical e dal film The
Sound of Music (Tutti insieme appassionatamente): My Favorite Things, dall’album che porta lo stesso titolo. Si
tratta, in realtà, del tema principale del musical e del film, estremamente popolare in tutto
il mondo. In Italia è famoso anche perché, proprio nella versione di Coltrane, ha
fatto da sigla a una bellissima trasmissione radiofonica di Rai3: Fahrenheit.
Ascoltate attentamente McCoy Tyner nella parte centrale del pezzo, semplicemente
stupendo. Con lui e Trane ci sono
Elvin Jones alla batteria e Steve Davis al contrabbasso.
Torniamo ad ascoltare Walk Spirit Talk Spirit, un tema scritto da McCoy Tyner, questa volta nell'interpretazione del suo gruppo a Montreux nel corso del Festival del 1974. Dal concerto fu
tratto un album di notevole pregio: Enlightenment, di cui potete trovare maggiori informazioni su Wikipedia
(http://en.wikipedia.org/wiki/Enlightenment_%28McCoy_Tyner_album%29).
Nel terzo passaggio del nostro ascolto, McCoy Tyner è
accanto a un musicista del quale vi ho parlato a proposito di Shadows and Light di Joni Mitchell:
Michael Brecker. Siamo sempre dal vivo, nel 1996.
Chiudiamo con un pezzo di piano solo. Si tratta di Giant Steps, una composizione di Coltrane, registrata dal vivo sempre nel 1996.
Il quadro politico italiano mi sembra farsi più
confuso. Confuso e preoccupante. Perciò evito di parlarne, aspettando che ci
sia qualche segnale, più chiaro e più comprensibile, di un’evoluzione positiva.
Per ora non vedo motivi di sollievo, al contrario.
Restando vagamente in tema, siccome ho tanti difetti, ma non quello di essere nazionalista, eviterò di fare ricorso a certi argomenti
per lamentarmi del modo, a dir poco inconsueto, con cui gli organi direttivi di
un movimento politico europeo hanno indicato il loro candidato ideale alla
Presidenza del Consiglio. Un atto inopportuno e, temo, controproducente. E mi
pare che anche Mario Monti abbia sbagliato a farsi coinvolgere in una
rappresentazione di qualità assai mediocre. Il Partito Popolare Europeo aveva
ben diritto di far sentire la propria voce critica sulle fanfaronate contro
l’euro e contro l’Europa del tizio decrepito. Assai meno di far indossare a
Mario Monti la propria casacca.
Passiamo alle misure sulle Province che si sono arenate in
Parlamento. Il sito LaVoce.info offre un’interessante valutazione dei provvedimenti
del Governo in questa materia, un articolo che mette in evidenza gli errori
commessi dal Ministro Patroni Griffi, sul quale avevo espresso riserve già in passato.
Ecco il collegamento al pezzo: http://www.lavoce.info/articoli/pagina1003454.html.
Buona stampa.
Chiuderei con un piccolo aggiornamento sul triplo concentrato, ossia su quel parlamentare ed ex-ministro che, con straordinario buongusto, ha detto di non essere in grado di pagare la seconda rata dell'IMU che, a quanto pare, è di svariate migliaia di euro inferiore rispetto a quanto riceve ogni mese dalla Camera. Non dico altro, perché la sola cosa che merita Brunetta è di essere sepolto dagli insulti, ma io non intendo mancare alle regole che mi sono dato oltre un anno fa. Questo è l'articolo dal Corriere del Veneto che approfondisce la questione: http://corrieredelveneto.corriere.it/veneziamestre/notizie/cronaca/2012/13-dicembre-2012/appartamenti-ville-terreni-ecco-immobili-brunetta-2113148236414.shtml.
Buona stampa.
Una cosa, però, non posso fare a meno di aggiungere: visto che Brunetta e Patroni Griffi hanno gestito in successione il Ministero della Funzione Pubblica, credo che il prossimo Presidente del Consiglio debba trovare qualcuno in grado di fare una pulizia radicale. Dopo un'accoppiata simile, servono scope e detersivi in quantità...
Se ve lo siete scordato, Renato Brunetta è il tale che ha
sostenuto di non aver conseguito il Premio Nobel per l’economia avendo
preferito dedicarsi alla politica. E’ lo stesso tale che il Bleso della
Valtellina trattava come una pezza da piedi in Consiglio dei Ministri e non
solo.
E’ quel medesimo tale che, in occasione dei sobri
festeggiamenti per le sue sobrie nozze (costate poche migliaia di euro, boom,
e, fra scorte e ammennicoli vari, niente ai contribuenti, multiplo boom carpiato)
ha creato qualche problema in una località come Ravello, notoriamente
predisposta per accogliere cerimonie i cui ospiti arrivano nel modo più discreto possibile. E' lo stesso tale che, negli ultimi giorni, si è prodigato per formulare le proposte economiche del tizio decrepito (quelle che tanta ammirazione hanno suscitato nei leader mondiali e sulla stampa internazionale). Insomma, Renato Brunetta è il tubetto di concentrato degli ultimi
vent’anni (davvero i più desolanti della nostra storia politica). Ebbene, siccome
pensa di non aver già dato il peggio di sé, oggi se n’è uscito in quel modo. Un
laccio rosso, anzi due, sai mai che uno non bastasse per un uomo della sua
statura (cribbio, parliamo di un Nobel mancato!).
Giusto per fare il punto della situazione: questo signore percepisce dallo Stato Italiano,
cioè da noi, una somma che, posso sbagliare di poco e per difetto, sta, come dicono i
matematici, nell’intorno dei quindicimila euro al mese. E ancora: non ne ho la certezza,
ma è molto plausibile che anche i suoi spostamenti gravino sulle casse del Ministero
dell’Interno (quello, per intenderci, al quale mancano i soldi per il
carburante dei mezzi di Polizia, Carabinieri e Vigili del Fuoco), ossia sempre su di noi. Dico, ma vi
rendete conto dell’enormità delle sue parole? Che immobili possiede questo
signore, che, prima di rinunciare al Nobel, perché tanto non lo prendeva comunque, e di dedicarsi alla politica
(secondo me l’ordine giusto è questo), faceva il professore universitario? Ha
comprato la Reggia di Versailles?
Caspita, pover’uomo, e se l’avesse comperata a sua insaputa?
Due post al giorno, me ne rendo conto, sono tanti. E’ già
accaduto, ma mi sento in colpa e farò il possibile per ottenere il vostro perdono. Per fortuna, posso
sempre contare sulla musica.
Certo che, di stracci, i lacchè se ne tirano addosso
parecchi e anche piuttosto sudici. Vien da pensare con ammirazione e rimpianto
ai composti (e forse anche un po’ imbalsamati, perché no?) servitori inglesi
descritti da James Ivory…
La zattera… la zattera e le nipotine che non si trovano…
Lasciamo perdere.
Se ben ricordo, vi ho già parlato di un meraviglioso album
di Keith Jarrett e Charlie Haden, Jasmine.
Mesi fa ho suggerito l’ascolto di For All We Know. Adesso mi gioco un asso, un brano che, forse,
avevo tenuto da parte proprio per questa occasione. Il titolo dice tutto: I’m Gonna Laugh You Out of my Life.
Forza, "sghignazziamolo" fuori dalla nostra vita!
E grazie a Jarrett e Haden. Semplicemente stupendi.
Se mi chiedeste il nome di una comica italiana che esce facilmente dall'ambito dell'eleganza, il primo nome che direi è quello di Luciana Litizzetto, la quale trascende facilmente e oltrepassa con disinvoltura il confine della volgarità. Questa è una constatazione, non un giudizio di valore. In realtà, anche se spesso è piuttosto grossolana, sa essere divertente e i suoi interventi a "Che tempo che fa" raggiungono, di tanto in tanto, punte di eccellenza. Ieri sera, come di consueto, non ho guardato la televisione, ma ho avuto modo di recuperare il filmato che riguarda Litizzetto. Eccolo qua. Molto godibile, dall'inizio alla fine. Capirete facilmente perché...
Nessun voto, anche perché la lettura è solo parziale, sebbene
mi sembri sufficiente… Certi nomi fanno rabbrividire: serviranno a conquistare
i voti di chi?
Qui concludo la selezione degli articoli. E passo alla mia
opinione, per esprimere la quale devo chiarire un aspetto linguistico. Andiamo
al dizionario della lingua italiana Treccani: http://www.treccani.it/vocabolario/accidente/.
Perché questo collegamento? Perché l’Italia ha bisogno di un
accidente (inteso nella definizione 1a, che a ogni buon conto riporto:
Ciò
che accade, e in partic. ciò che accade fortuitamente, senza una ragione
apparente; avvenimento imprevisto, caso: gli
a. della vita; el tempo porta accidenti che ti cavano di
queste difficultà (Guicciardini); ringrazio
il bell’a. che ha dato
occasione a una guerra d’ingegni così graziosa (Manzoni); come locuz.
avv., per a., per caso.), di un evento che finalmente elimini il principale
problema del paese, la causa fondamentale di quanto di negativo abbiamo vissuto
negli ultimi vent’anni e stiamo vivendo anche oggi. Sia chiaro, parlo di un
accidente, non di un fatto deliberato come il gesto di un folle o la congiura
di un gruppo di folli. Parlo di un evento esterno, magari anche di origine
divina, che cancelli per sempre dalla politica italiana il tizio decrepito. Non
me ne auguro neppure la morte o una malattia invalidante, ci mancherebbe!, mi
basterebbe soltanto un qualsiasi fatto che lo rendesse incapace di nuocere
ancora all’Italia e agli italiani. Che ne so? Che s’innamorasse di una cinese e
decidesse di stabilirsi a Pechino o che decidesse di chiudersi in un convento
per prepararsi a prendere il posto del proprio vicario in terra, qualora
dovesse venire a mancare... Insomma, conta soltanto che il tizio decrepito non
abbia più il minimo ruolo nella vita politica italiana. Ha fatto già troppo
danno, grazie anche allo zelo dei suoi lacchè.
Buona stampa. L’immagine di D’Alema che scherza con Bossi è
davvero, come dire?, piuttosto desolante: due vecchi malconci, tra i massimi
artefici delle disastrose condizioni in cui versa l’Italia, che non sanno
impiegare il tempo altrimenti che con ridicole pantomime. Oddio, forse sono
stupido io: se torna il peggio, D’Alema e Bossi è naturale che siano allegri,
loro ne sono una parte fondamentale. E a loro interessa, come a gran parte dei
nostri politici di ogni schieramento, soltanto restare lì e fare ancora nuovi
danni, ovviamente insieme all’altro vecchio, il tizio decrepito, il più
deleterio di tutti. Basta così.
Sophisticated Lady
è senz’altro uno dei brani più famosi di Duke Ellington (composto insieme a
Irving Mills e successivamente arricchito dal testo di Mitchell Parish), divenuto uno
standard tra i più eseguiti, interpretato da innumerevoli musicisti, tutti
affascinati dal tema e pronti a reinterpretarlo secondo la propria sensibilità.
Come di consueto, partiamo da una versione di Ellington e
della sua orchestra, anche se molto più vicina a noi rispetto all’anno di
nascita del pezzo (1932). Una versione probabilmente dei primi anni 70, con
Harry Carney al sassofono.
Passiamo a una grande voce femminile, Billie Holiday, una
straordinaria interpretazione con alcuni passaggi un po’ ruvidi, caratteristici
di questa cantante meravigliosa.
Un altro grande del passato è il pianista Art Tatum, del
quale ho trovato un filmato in cui sono riunite due versioni di anni diversi,
entrambe, mi pare, pervase dalla freschezza e dall’allegria che erano un tratto
particolare di questo eccellente solista.
Sempre un pianista, ma assai più vicino a noi nel tempo: Chick
Corea, in un concerto dal vivo a Umbria Jazz 2002, interpreta il brano in
maniera più libera, com’è ovvio da parte di uno dei protagonisti del
rinnovamento del jazz negli anni tra il 60 e 70, quello in cui la tecnologia
degli strumenti e, soprattutto, la ricerca della libertà attraverso
l’improvvisazione hanno introdotto importanti cambiamenti, in qualche caso forse
persino troppo radicali.
Poi andiamo alla versione di Charlie Haden, che al brano di
Ellington ha addirittura dedicato uno dei suoi album più recenti (2010). E’ una
versione la cui classicità è solo apparente, il temperamento innovativo di
Haden è sempre presente.
Sulla stampa internazionale si possono raccogliere i primi
frutti della volontà di Berlusconi di tornare alla guida del paese e di porre
fine al Governo Monti.
Tutti i valletti che oggi si spellano le mani felici del
ritorno del padrone farebbero meglio a leggere quello che scrivono di noi
diversi giornali un po’ più autorevoli de Il Giornale o di altre testate appartenenti al proprietario del Partito dei Lacchè.
Buona stampa. Concreto e misurato, ma punge. L’ironia,
garbata, si coglie in vari passaggi.
Usa un tono abbastanza diverso El Pais, con un articolo che appare non soltanto critico nei
confronti dell’intera carriera politica di Berlusconi e delle sue ultime
decisioni, ma anche delle persone che ha attorno.
The Economist non
è mai stato tenero con Berlusconi. In quest’occasione usa il fioretto, anche se
non nasconde nulla e, con sintesi esemplare, ritrae la situazione del nostro
paese. Beh… forse non ha proprio usato il fioretto, la foto di Berlusconi dice
più di mille parole (mi ripeto: un tizio decrepito, il cui aspetto farebbe apparire affascinante
anche il ritratto di Dorian Gray). Il link all’articolo è questo: http://www.economist.com/blogs/charlemagne/2012/12/italian-politics-0.
Buona stampa.
I quotidiani francesi non offrono articoli accessibili
gratuitamente, quindi non posso segnalarvi pezzi da Le Monde o Le Figaro.
L’edizione on line del settimanale L’Express
è ferma al 2 dicembre…
La mia conoscenza delle lingue, peraltro modesta, finisce
qui.
Buona stampa. Anzi di più, tant’è
che non posso evitare di riportare questa frase, dalla quale si capisce come si
debba giudicare Berlusconi:
If Mr Berlusconi had
any shame, he would stop playing with his country’s present to protect his
political future. Unfortunately, as his life has shown, Il Cavaliere does not
do contrition. Last year, he took Italy to the brink
of collapse. He would make no scruples about doing it again.
Avere più di cinquant’anni ha molte conseguenze sotto
diversi punti di vista.
Che si viva nella gelida Scandinavia o nell’afa tropicale,
le articolazioni funzionano sempre peggio e l’udito si affievolisce: il
deterioramento può essere più o meno marcato o più o meno rapido, ma si
verifica ovunque. E’ nella natura delle cose.
Il fisico, dunque, subisce l’invecchiamento in qualsiasi
paese.
Diverso è il rapporto tra le nostre convinzioni e quello che
accade intorno a noi. Ogni paese ha una storia diversa e ha istituzioni che
funzionano in modo diverso. Tra quest’ultime, ovviamente, si deve considerare
la stampa.
Io ho più di cinquant’anni nell’Italia del 2012, che, lo
sapete già, mi piace poco. Il punto su cui vorrei attirare la vostra
attenzione, però è un altro. L’Italia in cui mi sono formato come cittadino era
un’Italia diversa, nella quale le istituzioni funzionavano ben altrimenti e
anche la stampa rivestiva un ruolo differente e, credo, aveva un’influenza
diversa.
Oggi, il Direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de
Bortoli, ha scritto un editoriale che mi sembra sostanzialmente corretto, sia
pure, come ho già osservato in altre occasioni, reso meno incisivo dalla sua consueta preferenza
per i toni pacati, per quel garbo che, a questo punto, non credo possa più
considerarsi un merito, anche se non è ancora un demerito.
Buona stampa. Dice quel che doveva dire, e questo spiega la
valutazione. Il tono, tuttavia, mi sembra inadeguato alla gravità della
situazione innescata dalle scelte e dalle parole di Berlusconi.
Non che mi aspettassi e desiderassi eccessi sul fronte
opposto, ma il Direttore del principale quotidiano italiano, di fronte
all’assurdità dei comportamenti di Berlusconi, avrebbe potuto usare una lama un
po’ più tagliente. Magari non avrebbe ottenuto risultati diversi, ma il segnale
sarebbe stato assai più significativo.
Nei tempi in cui le mie articolazioni erano ancora integre
ed elastiche, un editoriale come quello odierno di de Bortoli avrebbe prodotto
risultati. Difficilmente un politico, “licenziato” dal Corriere della Sera,
avrebbe potuto restare indifferente e proseguire il proprio percorso, incurante
delle conseguenze, prima di tutto quelle sul paese.
In quest’epoca, purtroppo, la voce di de Bortoli, così
discreta e composta, vistosamente diversa da quella dei politici, rischia di
non essere sentita o di essere ignorata. Sono cambiate molte cose,
probabilmente troppe, ma mi piace pensare che se il Direttore del Corriere
della Sera alzasse un po’ la voce, il destinatario del messaggio lo ascolterebbe.
M’illudo, ne sono consapevole, ma non riesco a pensare
diversamente. E anche questo, credo, ha a che fare con gli anni.