Prometto: di politica scrivo poche righe. Ieri avevo deciso
di dedicarmi alle opinioni della stampa internazionale e ho trascurato il
Buongiorno di Gramellini, che non si concentrava solo sul ritorno (ma, a
proposito, quando se n’era andato?) di Berlusconi: http://www.lastampa.it/2012/12/07/cultura/opinioni/buongiorno/quelli-che-non-si-sottraggono-Oums5Xt5CKORmsVoPJ5lAN/pagina.html.
Buona stampa. L’immagine di D’Alema che scherza con Bossi è
davvero, come dire?, piuttosto desolante: due vecchi malconci, tra i massimi
artefici delle disastrose condizioni in cui versa l’Italia, che non sanno
impiegare il tempo altrimenti che con ridicole pantomime. Oddio, forse sono
stupido io: se torna il peggio, D’Alema e Bossi è naturale che siano allegri,
loro ne sono una parte fondamentale. E a loro interessa, come a gran parte dei
nostri politici di ogni schieramento, soltanto restare lì e fare ancora nuovi
danni, ovviamente insieme all’altro vecchio, il tizio decrepito, il più
deleterio di tutti. Basta così.
Sophisticated Lady
è senz’altro uno dei brani più famosi di Duke Ellington (composto insieme a
Irving Mills e successivamente arricchito dal testo di Mitchell Parish), divenuto uno
standard tra i più eseguiti, interpretato da innumerevoli musicisti, tutti
affascinati dal tema e pronti a reinterpretarlo secondo la propria sensibilità.
Come di consueto, partiamo da una versione di Ellington e
della sua orchestra, anche se molto più vicina a noi rispetto all’anno di
nascita del pezzo (1932). Una versione probabilmente dei primi anni 70, con
Harry Carney al sassofono.
Passiamo a una grande voce femminile, Billie Holiday, una
straordinaria interpretazione con alcuni passaggi un po’ ruvidi, caratteristici
di questa cantante meravigliosa.
Un altro grande del passato è il pianista Art Tatum, del
quale ho trovato un filmato in cui sono riunite due versioni di anni diversi,
entrambe, mi pare, pervase dalla freschezza e dall’allegria che erano un tratto
particolare di questo eccellente solista.
Sempre un pianista, ma assai più vicino a noi nel tempo: Chick
Corea, in un concerto dal vivo a Umbria Jazz 2002, interpreta il brano in
maniera più libera, com’è ovvio da parte di uno dei protagonisti del
rinnovamento del jazz negli anni tra il 60 e 70, quello in cui la tecnologia
degli strumenti e, soprattutto, la ricerca della libertà attraverso
l’improvvisazione hanno introdotto importanti cambiamenti, in qualche caso forse
persino troppo radicali.
Poi andiamo alla versione di Charlie Haden, che al brano di
Ellington ha addirittura dedicato uno dei suoi album più recenti (2010). E’ una
versione la cui classicità è solo apparente, il temperamento innovativo di
Haden è sempre presente.
L’ultima versione è senz’altro la più particolare, frutto
dell’incontro tra due personaggi diversissimi per età ed esperienze. Toots
Thielemans (http://en.wikipedia.org/wiki/Toots_Thielemans) e Jaco Pastorius (http://en.wikipedia.org/wiki/Jaco_Pastorius).
Non esprimo il mio parere, vi lascio ascoltare.
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