Credo siamo d’accordo sul fatto che nei maggiori partiti
italiani, ma anche in quelli meno grandi, regni una rimarchevole confusione.
Questo, se non gettasse pesanti ombre sul futuro dell’Italia, potrebbe anche
far sorridere per le assurdità prodotte giornalmente dai dissidi interni tra
esponenti anche di notevole importanza (è tutto relativo, ovviamente, e non
serve far nomi, ma, come si dice: in
terra caecorum monoculus rex. Questo abbiamo e questo, almeno sino alle
prossime elezioni, ci dobbiamo tenere).
Ammetto, sono di parte, ma mi pare che il disordine sia più
accentuato e più grave nel centrodestra, nel quale volano stracci da quel dì
(quello del famoso ”che fai, mi cacci?” detto dal parente degli immobiliaristi
monegaschi).
Ammetto, inoltre, di essere ancor più di parte nel sostenere
che tale stato di cose è dovuto soprattutto al modo di agire di Berlusconi, da
sempre preoccupato da vicende che, con l’interesse nazionale e collettivo,
avevano e hanno poco a che fare. Non mi addentro su questo tema: è una mia
personale opinione. Osservo, e su questo credo che difficilmente posso essere
contraddetto, che per Berlusconi l’apparenza conta più di qualsiasi altra cosa.
Lo dice, sia pure nel suo modo piuttosto obliquo e in un articolo
particolarmente contorto, persino Giuliano Ferrara su Il Giornale (di
famiglia): http://www.ilgiornale.it/news/interni/quei-saggi-anziani-pronti-farsi-parte-848847.html.
Stampa così e così. Se si vuol forzare la realtà per farla
aderire alle proprie convinzioni, inevitabilmente, si finisce incartati anche
quando si è intelligenti e colti (molto intelligenti e molto colti) come
Ferrara.
Che anche dalla parte del Pd debbano arieggiare le stanze non si discute e, purtroppo, con il passare dei giorni a sinistra vengono fuori
le contraddizioni di un partito che non ha saputo liberarsi di troppi fantasmi
del passato e di troppi signori che hanno di sé un’opinione assai alta. Troppo alta.
Torniamo al Pdl il cui futuro sembra non affidato alle mani
di Alfano quanto piuttosto al team di cervelli che Berlusconi ha chiamato
attorno a sé per decidere come muoversi. Un team che, a quanto pare, è composto
prevalentemente di donne, tutte note per i loro eccellenti curriculum di studio
(anche se non sempre attendibili) e le cattedre conquistate nei migliori atenei
del mondo.
Il Corriere della Sera dedica un occhio di riguardo al
difficile processo di rinnovamento in atto nel centrodestra e a questo
susseguirsi di brain storming al più
alto livello intellettuale e culturale planetario. A farlo è, in particolare,
Fabrizio Roncone, il quale, in rapida successione, ha raccolto il meglio del
pensiero di due delle consigliere più ascoltate di Berlusconi. Merita che leggiate
entrambe le interviste: ve le propongo in ordine cronologico e anticipo che
sono a Mariarosaria Rossi e Micaela Biancofiore. Ecco il link: http://www.corriere.it/politica/12_ottobre_21/per-il-cavaliere-pdl-non-finito-bunga-bunga-diciamo-squit-squit-roncone_3a3d717c-1b4b-11e2-9e30-c7f8ca4c8ace.shtml
e
Buona stampa. Roncone, quando non ha di fronte la Santanchè,
si ricorda chi è. Le due intervistate, invece, forse dovrebbero parlarsi, di
tanto in tanto… Un’osservazione personale sulla Biancofiore. Mi è capitato di
vederla qualche giorno fa a Otto e mezzo: aveva appoggiato sul tavolo un tablet. E mi sono chiesto a che accidente
(avrei voluto scrivere ben altro!) le servisse: la sola risposta che sono riuscito
a darmi è che, nella nostra epoca tecnologica, i pupari non si servono dei
fili, ma di internet…
Torniamo a bomba: chiunque vinca nel centrosinistra avrà
vita facile se Berlusconi si affida a consigliere di simile caratura. Il che,
però, non vorrà dire che gli italiani voteranno per Renzi o Bersani o, quasi peggio
che peggio, per Vendola… Questi signori non possono illudersi di convincere a
votarli la maggioranza imponente di elettori intenzionati, in vario modo, ad
astenersi.
Meglio che mi fermi qui, prima di arrivare a parlare di
un’ipotesi che mi rifiuto di considerare. E consoliamoci con il miglior farmaco
per lo spirito.
Joni Mitchell fa parte del nocciolo duro. Insieme a pochi
altri è una passione destinata a seguirmi per sempre. Si tratta di un’artista
eccezionale, che ha percorso con immensa curiosità e straordinario amore la
musica degli ultimi, fatico a scriverlo, cinquant’anni.
Stasera sono in vena di esagerare e di ripetere il giochino
delle molteplici versioni. Il brano è River,
tratto dall’album Blue, quello in cui
comincia il graduale avvicinamento alla musica jazz, un processo che, a mio
modesto parere, ha permesso a Joni Mitchell di esprimere interamente il suo
valore.
Ve ne propongo tre versioni.
Cominciamo con l’originale di Joni.
Segue poi quella tratta dal disco che Herbie Hancock le ha
dedicato (e che s’intitola come la canzone: River:
the Joni Letters) cantata da Corinne Bailey Rae e con il sax di Wayne
Shorter.
Per finire quella di Madeleine Peyroux e k.d. lang.
Penso che mi sarete più grati per questa splendida musica che per le righe,
forse troppe, che precedono…
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