Se c’è una cosa che non si può
negare è che Sergio Romano, editorialista del Corriere della Sera, sia anziano
(http://it.wikipedia.org/wiki/Sergio_Romano).
A una certa età, inevitabilmente i riflessi si fanno più lenti e s’impiega un
po’ di tempo in più per rendersi pienamente conto di quel che accade intorno.
Ecco allora che, per arrivare a parlare in maniera adeguata del conflitto d’interessi di
Berlusconi, Romano ha avuto bisogno di qualche anno più della maggior parte dei
giornalisti che non lavorano per quotidiani o giornali di Berlusconi stesso.
In realtà, Romano ha scritto a
lungo per Panorama, settimanale di Mondadori, questo fatto, unito alla
questione anagrafica…
Insomma, dopo tanto tergiversare, alla fine anche lui
sembra aver compreso che la presenza di Berlusconi ha più di qualche conseguenza
negativa per il paese e ha deciso di affidare questa importante presa di coscienza
all’editoriale di oggi: http://www.corriere.it/editoriali/12_ottobre_28/paese-in-ostaggio-romano_a564bd48-20cd-11e2-89f5-89e01e31e2ac.shtml.
Stampa così e così. Soprattutto
perché arriva ormai fuori tempo massimo. Per sua sfortuna, infatti, ho una discreta
memoria e sono piuttosto pignolo. Il 27 Febbraio del 2008, nella rubrica delle
lettere al Corriere, era apparso questo scambio tra lui e un lettore: http://archiviostorico.corriere.it/2008/febbraio/27/CONFLITTO_INTERESSI_DEPLORATO_MAI_RISOLTO_co_9_080227048.shtml.
Come potrete immaginare, non ero
stato per nulla soddisfatto dalle parole di Romano. Definire buona legge una
legge che non si applica al principale e più grave caso della fattispecie che
vuole affrontare, francamente, supera la mia capacità d’immaginazione. Così
come mi sembrava una forzatura sostenere che gli elettori erano in grado di
controllare l’agire di Berlusconi: questo sarebbe vero se in Italia avessimo
mezzi d’informazione adeguati e la popolazione s’informasse non già attraverso
la televisione, ma attraverso quotidiani realmente indipendenti. Infine, ma
forse più importante di ogni altro aspetto, nella risposta Romano mostrava di
non comprendere affatto quale fosse la principale implicazione della mancata
soluzione del conflitto d’interessi: un drammatico deterioramento del senso
morale individuale e collettivo, del quale, purtroppo, abbiamo le prove davanti
agli occhi.
Allora avevo segnalato le mie
perplessità con una mail che, ovviamente, Romano si era ben guardato dal
considerare per una risposta e dal pubblicare. Dimostrando con ciò quanto fosse
indisponibile al confronto e quanto poco sentisse il proprio conflitto di
interessi (in quel periodo, oltre a rispondere ai lettori del Corriere,
infatti, era anche opinionista di Panorama).
Penso, quindi, di poter affermare
che anche Sergio Romano, avendo mantenuto ancora per alcuni anni
l’atteggiamento manifestato nel 2008, abbia contribuito a far incancrenire, con
tutte le conseguenze che sappiamo, il problema del conflitto d’interessi (e del declino della morale pubblica che ne è derivato) di
cui, Deo gratias!, oggi ha preso piena
coscienza, tanto da arrivare a parlare di una nazione in ostaggio.
Peccato sia tardi, troppo tardi. E
questo tardivo ravvedimento mi appare persino più grave del comportamento di
chi, ostinatamente, come Sallusti o Ferrara, difende Berlusconi aprioristicamente.
Credo che Sergio Romano dovrebbe occuparsi dei nipotini (i nipotini mi perdonino)
e smettere di spargere attraverso le pagine del Corriere (cosa che fa da troppo
tempo, tra l'altro occupando senza meritarlo affatto la rubrica che fu di Indro Montanelli) la sua presunta saggezza, rivelandosi in realtà quello che è: un modesto
anedottista e membro a pieno titolo di quel blocco politico-amministrativo-giudiziario
al centro dell’editoriale di Panebianco di cui vi ho parlato ieri.
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