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domenica 25 marzo 2018

Questione di figlie


Non condivido l’opinione di chi, come Antonio Polito nell’esordio del fondo sul Corriere di oggi (http://www.corriere.it/opinioni/18_marzo_25/bipolarismo-anomalo-lega-salvini-m5s-di-maio-fd9e2d88-2f94-11e8-8bb6-779994a184b2.shtml), considera l’elezione dei presidenti di Camera e Senato come un segnale positivo, manifestazione di un clima politico nel quale la democrazia parlamentare può lavorare.

domenica 28 agosto 2016

Sciacalli, iene e avvoltoi

Gli sciacalli godono di pessima fama tra noi umani, tanto che accostiamo a questi animali alcuni dei nostri peggiori esponenti, ad esempio coloro che cercano di trarre vantaggio da una tragedia come un terremoto e che vanno a rubare nelle case abbandonate.

domenica 8 novembre 2015

Selezione di che specie?

Le qualità e i difetti umani congeniti, quelli che già possediamo alla nascita, sono ovviamente distribuiti in maniera uniforme nella popolazione mondiale. Poco importa dove uno viene al mondo: un bambino nato a Mumbai, ad esempio, può avere le medesime capacità intellettive di quelli nati a San Francisco o Nairobi o Osaka. Certo, l’ambiente in cui vivrà e gli stimoli che riceverà influenzeranno grandemente lo sviluppo di quelle capacità originarie (e potenziali), ma nulla vieta che diventi anche più intelligente e capace dei suoi coetanei venuti al mondo altrove.

sabato 7 febbraio 2015

Interessi convergenti


L’argomento di attualità sarebbe il tentativo compiuto da Merkel e Hollande per porre fine al conflitto che da mesi si protrae in Ucraina. Apparentemente non hanno ottenuto grandi risultati, ma preferisco non sbilanciarmi e così, invece di parlare di questo tema, mi dedico a questioni strettamente italiane.
Cominciamo dal commento di Gramellini all’ennesima prova di stile da parte del tizio decrepito. Ecco il Buongiorno del 4 Febbraio: http://www.lastampa.it/2015/02/04/cultura/opinioni/buongiorno/la-lupara-di-silvio-QP3NYvEilGkQgQxeF1wavO/pagina.html.
Buona stampa. Oltre che di stile, a me pare che il tizio decrepito abbia ormai provato d’essere privo anche di senso dell’umorismo. Le sue barzellette e le sue battute fanno ridere lui e i suoi lacchè. Un pubblico mediocre, direi.
Lui racconta storielle stupide e ci ride su, ma sugli affari di famiglia non si sogna di ridere, come dimostra la vicenda del canone sulle frequenze televisive che sta causando un certo scompiglio. Vi propongo la ricostruzione di Lettera 43: http://www.lettera43.it/politica/frequenze-tivu-tensione-governo-forza-italia_43675157259.htm.
Cronaca. Alla quale aggiungerei il commento di Aldo Grasso sul Corriere di oggi, cui è stato dato lo spazio dell’articolo di fondo (non credo sia un fatto casuale, anche se il quotidiano milanese non è propriamente così saldamente governato). Questo il link: http://www.corriere.it/editoriali/15_febbraio_07/frequenti-sospetti-televisivi-7f91092c-aea2-11e4-99b7-9c6efa2c2dde.shtml.
Buona stampa. Grasso ha ragione. E’ arrivato il momento di sciogliere il nodo costituito da un sistema televisivo edificato, permettetemi un gioco di parole, su una convergenza di interessi: quelli del tizio decrepito ad accrescere ricavi e utili dell’azienda di famiglia e quelli dei partiti politici di possedere un carrozzone, la RAI, che dia spazio alle loro chiacchiere e che consenta loro di collocare un po’ di amici. Anche Renzi, che cinguetta della crisi dei talk show, al dunque trova sempre modo di mandare qualcuno dei suoi più fedeli collaboratori. Saranno in crisi, ma meglio farsi sentire…
Lettera 43 concede parecchio spazio alle questioni riguardanti i mezzi di comunicazione e avevo letto diversi articoli interessanti sulla RAI. Uno in particolare torna buono oggi, lo trovate qui: http://www.lettera43.it/esclusive/rai-la-casta-dei-46-direttori_43675156248.htm.
Buona stampa. La mia ricetta: il sistema radiotelevisivo deve ricevere una formidabile iniezione di concorrenza, questo significa che i tre colossi attualmente presenti, sia pure su piattaforme diverse (digitale terrestre e satellitare) devono essere messi a dieta ferrea e affiancati da altri operatori (già ce ne sono alcuni, si tratta di eliminare le barriere al loro rafforzamento e all’ingresso di nuovi). E la RAI, in particolare, come destinataria del canone, dovrebbe svolgere il ruolo di un vero servizio pubblico.
Certo, sarebbe tutto più facile se negli ultimi vent’anni, proprio per la convergenza d’interessi di cui ho detto, non si fosse rallentato in ogni modo il diffondersi di tecnologie che avrebbero favorito la competizione con altre aziende d’informazione. L’arretratezza delle nostre linee telefoniche, ad esempio, non consente lo sviluppo delle televisioni via cavo che, altrove, sono importanti protagoniste del mercato.
Mi rendo conto di avere una posizione piuttosto estremista, ma credo che il problema si risolva soltanto in maniera radicale. A ogni buon conto, anticipo io stesso una delle obiezioni possibili: anche se avessimo creato condizioni più favorevoli alla concorrenza, difficilmente si sarebbe sviluppato un mercato televisivo con un ampio numero di operatori. Ad esempio, quella che era TeleMontecarlo e oggi è la 7 in mano a Cairo, non ha mai potuto né voluto diventare qualcosa di più di una presenza marginale. Considerando poi la qualità dei nostri grandi editori, hai voglia a immaginare investimenti per creare reti televisive alternative… Giusto, ma con la volontà politica di lasciare inalterato l’oligopolio, si è scoraggiata ogni iniziativa.
A proposito di editori di quotidiani, ancora da Lettera 43, vi propongo un articolo che descrive la situazione in cui versa RCS, editore del Corriere che, nonostante tutto, resta il principale quotidiano del Paese: http://www.lettera43.it/economia/media/corriere-della-sera-tutti-contro-la-fiat_43675157278.htm.
Buona stampa. Adesso, almeno a parole, le banche si vorrebbero chiamare fuori, per anni, tuttavia, si sono servite del Corriere esattamente come i politici si sono serviti della RAI: era un buon altoparlante e faceva comodo per piazzare amici.

sabato 3 gennaio 2015

Buona fine e buon principio


Negli ultimi giorni dell’anno, mio padre soleva salutare con questo augurio le persone che incontrava. Mi è sempre parso un bell’augurio: in quel mettere insieme l’anno che finiva e quello che stava per iniziare vedevo un senso di continuità nell’auspicare il benessere del destinatario.
Se dobbiamo guardare a quel che ci offrono i quotidiani di ieri e di oggi, che ci raccontano la fine del 2014 e l’inizio del 2015, per l’Italia non c’è stato niente di buono né nell’una né nell’altro.
Cominciamo da qualcosa che è accaduto nel 2014 e che ci viene descritto da Il Fatto Quotidiano (http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12/24/maxxi-stipendio-non-autorizzato-giovanna-melandri/1295337/): finalmente la Presidente del Maxxi sarebbe riuscita a pagarsi lo stipendio al quale, ricordate, aveva asserito di voler rinunciare, salvo poi ritornare piuttosto rapidamente e in modo un po’ opaco sul proprio impegno (http://www.lettera43.it/politica/melandri-dal-maxxi-arriva-lo-stipendio_43675103689.htm). La signora Melandri è davvero una che non si preoccupa di se stessa, ma ha a cuore il bene comune e ha in odio i privilegi della classe politica quasi quanto Beppe Grillo, come ben spiegavano quasi tre anni fa Libero (http://www.liberoquotidiano.it/news/home/921737/Melandri-La-deputata-Pd-difende-il.html) e Il Fatto Quotidiano (http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/01/30/melandri-co-servi-d%E2%80%99italia/187747/).
Buona stampa. Per tutti. Quel che penso io della Signora Melandri, a questo punto, conta assai poco. Però voi tre un’idea ve la sarete senz’altro fatta…
E veniamo a una vicenda di cui parla una lettera di Pietro Ichino sul Corriere della Sera di oggi. Non è disponibile nell’edizione on line, ma merita di essere letta e quindi lavora lo scanner. Ecco il testo.


Buona stampa. Non aggiungerei nulla per ora.
Restiamo, purtroppo, in argomento, ossia continuiamo a parlare delle dimensioni raggiunte dal problema del dipendenti pubblici nel nostro Paese. Sapete già a cosa alludo: ai vigili urbani e ai dipendenti della metropolitana di Roma che hanno pensato bene di darsi malati per non essere in servizio la sera dell’ultimo dell’anno. La vicenda riempie pagine e pagine dei quotidiani, non serve certo che v’indichi io qualche articolo. Per la cronaca scegliete voi la testata che preferite.
Buona stampa. Unica osservazione è che, con ogni probabilità, fenomeni simili, magari non così pronunciati, si saranno verificati anche in altre città e che i dipendenti dei corpi di polizia locale sembrano godere di un trattamento di favore in forza del quale la loro presenza sulle strade è diventata poco più che simbolica. E questo con buona pace dei tanti “sindaci sceriffi”, di qualsiasi provenienza politica, i quali pensano (purtroppo a ragione per colpa della stampa) che proclami e promesse bastino a ridurre l’insicurezza che regna non solo nelle città, ma anche nei piccoli centri. Non sprechino tempo a produrre nuove disposizioni che vietano questo e quello. Facciano rispettare le leggi che esistono, spediscano sulla strada i tanti agenti della loro polizia che riempiono uffici inutili e controllino che facciano effettivamente il loro lavoro e non si limitino a camminare chiacchierando dei fatti loro nelle stradine più tranquille, evitando con cura ogni possibilità di trovarsi a dover svolgere il proprio compito di tutori della legge e dell’ordine.
A riguardo, non è per niente fuori tema il Buongiorno di Gramellini del 30 dicembre, anche se ispirato alla vicenda del traghetto Norman Atlantic (http://www.lastampa.it/2014/12/30/cultura/opinioni/buongiorno/capitano-ultimo-cPNKabNwrLpuGtQxDIcG0M/pagina.html).
Buona stampa.
Abbiamo uno straordinario bisogno di cose semplici, di riscoprire valori fondamentali che sono andati perduti sotto i colpi portati da una società dell’apparenza e del clamore, del lusso e dell’esibizione affermatasi in Italia con assai maggior successo rispetto alle altre nazioni, nelle quali, tuttavia, è pure presente in misura preoccupante.
Non si scosta troppo da questo tema l’articolo di Aldo Grasso pubblicato ieri da Sette, il settimanale del Corriere. Devo far lavora ancora lo scanner (per ragioni tecniche c'è anche la vignetta di Elle Kappa, che, però, mi sembra un po' inferiore al suo standard, solitamente elevato).


Buona stampa. Non si riesce neppure a sorridere, anche se forse a tratti questo è l’intento di Grasso. In realtà, comunque, è una vicenda ridicola, una delle tante. E che ha per protagonista un personaggio che ha trovato in Italia il Paese di Bengodi anche se, francamente, non capisco perché abbiamo dovuto far arrivare lei quando produciamo tantissime ragazze italiane almeno altrettanto dotate di quelle risorse che hanno portato Belen al successo. Come ho scritto a quello di voi tre che mi aveva segnalato a suo tempo la vicenda del cartellone di Corso Buenos Aires, noi importiamo ragazze disinibite (avevo usato un termine diverso che, per prudenza, censuro) ed esportiamo cervelli. Ho la sensazione che la cosa non sia poi così conveniente per il Paese.
Buona notte e buona fortuna.

domenica 21 settembre 2014

Storia vecchia


Aldo Grasso, nella sua rubrica domenicale in prima pagina del Corriere, si occupa solitamente di personaggi che, per diverse ragioni, si meritano un ritratto ironico, a volte beffardo.
Oggi, nel parlare di Matteo Salvini, mi è parso voler aggiungere, alla consueta vena satirica, un tocco di sottile perfidia, perché nulla nuoce più della nomea di iettatore.
Buona stampa. Che Salvini meriti il ritratto, non c’è dubbio. Che porti iella, è possibile. Che per questo se ne vada o lo costringano ad andarsene, è improbabile. Che un eventuale sostituto sia meglio di lui, è impossibile. La qualità, nei partiti carismatici, se c’è, è quasi sempre limitata al leader, attorno c’è prevalentemente fuffa. La Lega era un partito carismatico: prima che la classe dirigente possa cambiare, devono trascorrere anni.
Quanto precede, purtroppo, non significa che i partiti non carismatici abbiano una classe dirigente superiore. Il PD, ad esempio, non apparteneva e non appartiene neppure oggi alla categoria, ma i suoi “uomini migliori” non sono esattamente tali. Lasciamo stare Renzi, almeno per il momento. Parliamo dello Stalinuccio di Gallipoli, D’Alema, e del suo fedele maggiordomo, Bersani. E ne parliamo a proposito della ferma opposizione che intendono portare avanti al progetto di rinnovamento del mercato del lavoro che Renzi ha deciso di chiamare (sic) Jobs Act, manco fosse alla Casa Bianca.
Bersani ha rilasciato un’intervista al Sole 24 Ore di oggi nella quale cerca di scappare da tutte le parti, incurante delle contraddizioni e dei paradossi di una posizione che è ormai indifendibile, se non considerando che una certa parte del PD si appiattisce sulla posizione della CGIL perché spera, così, di garantirsi, come accadeva in passato, una prevalenza all’interno del partito. Laddove si dimostra che chi, come Bersani, non riesce a liberarsi dagli schemi interpretativi appresi in gioventù e ormai superati, sceglie ricette inadatte sia per i problemi del Paese sia per tentare di riprendere il controllo del partito.
Buona stampa. Forquet è bravo e ci prova a trattenerlo, ma Bersani è peggio di un’anguilla…
E di memoria corta. Sono stati in tanti a comprendere che le rigidità della normativa sul lavoro avrebbero danneggiato le prospettive di sviluppo italiano. Persino D’Alema, nel 1999, quand’era Segretario dei DS, mise in evidenza la necessità di cambiare le cose, ma poi prese paura di Cofferati, come ricorda, sempre sul 24 Ore di oggi, Emilia Patta (il pezzo non è disponibile sul sito, dovete fidarvi di me).
Vi segnalo, sempre sul tema, l’editoriale di Folli, ancora dal 24 Ore di oggi: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-09-21/piu-malfa-che-thatcher-piano-renzi-081104.shtml?uuid=ABQN3lvB.
Buona stampa. Dove si trova conferma a quel che dicevo, ossia che la questione dell’articolo di 18 viene usata in modo strumentale. Forse anche da Renzi, ma soprattutto dai suoi oppositori interni al PD.
Gli artefici della conservazione sono numerosi e presenti in tutti gli schieramenti. E non intendono certamente arrendersi, anzi. I difensori di privilegi assurdi e intollerabili si annidano ovunque, operano subdolamente, gettano sabbia negli ingranaggi che, a stento, si cerca di far ripartire. Volete una prova? Leggete questo pezzo di Sergio Rizzo dal Corriere di ieri: http://www.corriere.it/politica/14_settembre_20/maxi-indennita-funzione-cosi-si-aggira-tetto-stipendi-36d4bc54-4095-11e4-ada3-3c552e18d4d4.shtml#.
Buona stampa. Una classe politica inetta si fa abbindolare da una burocrazia avida e sfrontata oltre ogni limite del lecito. E non mi consola che, a quanto pare, i francesi (Marine Le Pen permettendo) si potrebbero trovare a dover scegliere di nuovo tra Hollande e Sarkozy…
Un paio di ascolti musicali. Cominciamo da Mark Isham, trombettista e compositore americano (http://en.wikipedia.org/wiki/Mark_Isham) di cui ascoltiamo In a Silent Way: Milestones, un brano piuttosto lungo dedicato a Miles Davis.


Passiamo al secondo pezzo, meno evanescente e, apparentemente, più tradizionale, in cui abbiamo modo di ascoltare una pianista e compositrice americana: Mary Louise Knutson (http://www.marylouiseknutson.com/biography.htm). Il brano s'intitola How will I Know? ed è una sua composizione che non ha nulla a che vedere con la canzone resa famosa da Whitney Houston. La Knutson è accompagnata da Gordon Johnson al basso e Phil Hey alla batteria.


domenica 14 aprile 2013

Abbiamo bisogno di ben altro che capponi!


Com’è naturale, il Sole 24 Ore garantisce ampio spazio alle opinioni dei principali esponenti di Confindustria e agli eventi dell’associazione. Oggi, tra i molti articoli dedicati alla manifestazione torinese dell’organizzazione degli imprenditori, mi pare ben scritto l’editoriale del direttore Roberto Napoletano: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-04-14/salviamo-almeno-salvabile-081029.shtml?uuid=AbMJ10mH.
Buona stampa. Vengono i brividi nel leggere le parole di uno dei miei migliori omonimi (per fortuna, non tutti i Roberto vengono per nuocere!). Il tessuto produttivo del nostro paese si va pian piano disfacendo, in parte anche per colpa di un modello fragile (in sintesi: basato sulla famiglia e, conseguentemente, rigido sia sul piano organizzativo che sul piano finanziario), ma soprattutto perché, più che mai, pesano gli errori di chi ha retto il governo negli ultimi vent’anni.
Mancano infrastrutture essenziali, dai trasporti alle reti informatiche. Abbiamo costi energetici tra i più alti della Ue. L’incidenza delle imposte ha superato il livello non solo della tollerabilità, ma anche quello della legittimità. Il divario tra costo sostenuto dalle imprese e salario percepito dai lavoratori ha anch’esso raggiunto dimensioni insostenibili. E continuate voi...
Tutto questo è accaduto senza che la classe politica facesse alcunché di realmente incisivo per cambiare le cose e per porre un freno al deterioramento del sistema, anzi. Dalle farneticazioni sul ponte sullo Stretto alle “lenzuolate” ridicolmente inutili, giusto per riferirmi ai leader attuali dei due maggiori partiti politici, il campionario delle parole in libertà e dei provvedimenti effimeri o nocivi comprende di tutto.
Anche il Governo Monti, mi spiace dirlo perché lo avevo ritenuto meritevole di fiducia, ha mancato largamente. Un po’ perché non ha saputo sottrarsi alle influenze dei partiti che lo sostenevano (non con la necessaria convinzione e coerenza, per la verità), ancor di più perché era formato da persone che non avevano la cultura necessaria per avviare un processo riformatore profondo e vario come quello di cui l’Italia ha bisogno. L’ho scritto sino alla noia (di voi tre e mia): gente come Patroni Griffi o Catricalà non saprebbe mai metter mano a provvedimenti che incidano realmente, ad esempio, sul funzionamento della pubblica amministrazione. Hanno alle spalle due encomiabili (dal loro punto di vista) carriere nell’apparato amministrativo dello Stato: sono espressione di quella stessa burocrazia che, indifferente a tutto, sta uccidendo il paese in accordo con la politica. Inutile che mi dilunghi, ne ho già parlato.
Anzi, no: sta uccidendo l’energia vitale, la creatività, la tenacia, la serietà con cui gli italiani avevano saputo sfuggire al proprio destino nel secondo dopoguerra. Quegli stessi valori che, ancora, resistono tra la gente comune, anche se con difficoltà sempre maggiori, in particolare per le generazioni più giovani. La gente comune non si arrende e cerca di sottrarsi al declino. Ma c’è un ma. E lo affido alle parole di Guido Gentili, sempre dal 24 Ore di oggi: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2013-04-14/dovere-rispondere-152655.shtml?uuid=AbUfV7mH&fromSearch.
“Ma ogni sforzo potrebbe risultare alla fine inutile in presenza di un sistema lasciato politicamente alla deriva, senza un governo credibile che governi e con un Parlamento non in grado di lavorare in modo efficace. E con una burocrazia amministrativa che si chiude ulteriormente su se stessa a difesa del proprio potere di interdizione. Il tutto, in un'atmosfera da campagna elettorale permanente”.
Pensavo di fermarmi qui, però non posso proprio. Nei polpastrelli ho un rancore che non so trattenere. Il mio disgusto per Viavà, per il tizio decrepito e per il pupo (e per i loro collaboratori e/o pupari) non può trattenersi. I primi due continuano nella patetica battaglia come i capponi di Renzo (capponi in tutti sensi). Il pupo, invece, parla come se lui avesse offerto qualche realistica alternativa, il che, com’è evidente, non è accaduto. E ha dimostrato non solo che il M5S non ha la visione necessaria per dare un futuro decente all’Italia, ma anche che il metodo ideato da lui e dal puparo per selezionare i quadri del movimento è semplicemente inadeguato (eufemismo). E non sono nemmeno capaci di proteggersi dai pirati informatici!
Sappiamo che non ci salveremo grazie a Viavà e al tizio decrepito, ma avrei seri dubbi sul possesso, da parte mia, di facoltà intellettive (che riconosco modeste, ma presenti) se mi facessi sfiorare dall’idea che saranno gente del calibro di Lombardi e Crimi a portare l’Italia fuori dalla crisi in cui versa.
Godetevi il ritratto che di Lombardi offre Aldo Grasso sul Corriere della Sera di oggi: http://www.corriere.it/editoriali/13_aprile_14/roberta-la-vertigine-del-potere-grasso_06ae3f22-a4ca-11e2-9ee4-532c6d76e49d.shtml.
Buona stampa.
Se poi, dopo il sorriso a denti stretti provocato da Grasso, volete tornare a guardare alle tante ragioni di pessimismo che, giorno dopo giorno, i cosiddetti leader politici ci offrono, andate a studiarvi i nomi dei candidati alla Presidenza della Repubblica proposti da Pd, Pdl e M5S.
Anche se qualcuno dei dieci selezionati dal M5S è personaggio d’indubbio prestigio e meritevole di rispetto, non mi pare che nessuno possegga i requisiti necessari nella contingenza che viviamo. Se poi andiamo a vedere chi propone Viavà, quello ancora convinto di essere destinato a guidare il “governo del cambiamento”, viene il sospetto che le sue poche idee confuse siano state smacchiate… Gente come Amato, D’Alema e Finocchiaro (Lady Ikea) rappresenta il cambiamento come… come il candidato premier del Pdl per le prossime elezioni.
Oltre a non rappresentare il cambiamento, Amato, D’Alema e Finocchiaro (Lady Ikea) hanno parecchie macchie sulla pelliccia (non quante il tizio decrepito, ma non certo poche). E sono espressione del medesimo sistema di potere che danni tormenta questo povero paese, quello di cui parlano Roberto Napoletano e Guido Gentili. Un sistema di potere che qualcuno ancora promette di cambiare con una rivoluzione liberale…
Ecco, vi ho rifilato una pagina e mezza per raccontarvi quello che sapevate già…
Buona notte e buona fortuna.