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sabato 28 marzo 2015

Non si smentiscono mai


Ho già detto quel che avevo da dire sul disastro del Massiccio dei Tre Vescovadi; spero che anche gli organi di stampa si mettano un po’ quieti e lascino in pace i morti e i vivi, alcuni dei quali porteranno per sempre dentro di loro un tormento devastante.
Veniamo alle questioni politiche italiane, alle quali, avendole trascurate, dedicherò l’intero post, anche se un po’ mi sento in colpa perché vi parlo dei soliti tizi impresentabili... Portate pazienza.
So già, mentre inizio a scrivere, che urterò la suscettibilità di uno dei miei tre lettori, cui pare credibile che la Lega e il suo Segretario offrano al Paese una prospettiva. Personalmente non vedo, nel desolato panorama italiano, nessuno che possa portare la ventata di aria fresca di cui, come dicevo qualche giorno fa, abbiamo disperatamente bisogno.
In Italia i partiti di minoranza, ma anche quelli di governo, fanno molto male il loro mestiere. Un partito di minoranza, in una democrazia che funziona, non si limita a sbraitare che il governo non lavora bene, ma propone alternative credibili, provvedimenti che aspirano a essere migliori di quelli predisposti dai ministri in carica, dimostra quotidianamente di avere un programma per il futuro e di poterlo realizzare e di non preoccuparsi soltanto di vincere le prossime elezioni.
Da noi questo non accade, da noi tutti gli oppositori, dallo Psiconano+barba-Mediaset a Il Felpo 1 Matteo Salvini, dal premio Nobel mancato a Il Felpo 2 Maurizio Landini, strillano e basta, il più delle volte in maniera scomposta e volgare.
Su Grillo, il quale deve soffrire parecchio perché quasi nessuno, neppure tra i suoi, più si occupa di lui, stendiamo un velo pietoso. Personalmente, salvo essere costretto, eviterò di parlarne dopo la vergognosa uscita con cui (purtroppo) ha riconquistato per qualche istante il palcoscenico, come spiega Libero:
Cronaca. Grillo è semplicemente disgustoso. Un ridicolo e inutile pupazzo in mano a un visionario patetico. Lui e Ca((zz)sal)eggio hanno, come tanti negli ultimi anni, semplicemente messo in piedi un’impostura politica che, purtroppo, ha fatto illudere molti italiani.
Quanto a Il Felpo 2 Landini, pur di criticare, presenta una realtà di suo gradimento, ma inventata, come documenta questo video del Corriere della Sera:
Penoso, non si può dire altro di uno che continua ad arrampicarsi sugli specchi per sostenere una visione politica ed economica più che obsoleta e per andare a raschiare il barile di quelli che, come lui, non hanno ancora capito che siamo entrati da quindici anni nel 21° Secolo.
E torniamo a Il Felpo 1, Salvini, il quale sta dibattendo da settimane con il tizio decrepito per definire le candidature alle prossime elezioni regionali. Uno degli argomenti forti è che, in Veneto, Zaia va ricandidato perché ha fatto bene. Ora, visto che ci vivo, non sono tanto convinto di questo e, in ogni caso, ricorderei al Felpo 1 che il suo bravo presidente, con il contributo naturalmente della maggioranza e dell’opposizione, non è ancora riuscito a far approvare il bilancio per il 2015 (che andava approvato entro il 31.12.2014, ovviamente) e, se non lo farà entro pochi giorni, la Regione Veneto non sarà, tra l’altro, in grado di pagare gli stipendi.
Come se non bastasse, l’allegra brigata che abita i palazzi del potere regionale, di tutte le provenienze politiche, ha pensato bene di rivedere radicalmente l’organizzazione della sanità con un emendamento alla Finanziaria, come illustra questo articolo di Alessandro Zuin dal Corriere Veneto: http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/politica/2015/26-marzo-2015/usl-mercato-elettorale-2301165583994.shtml.
Buona stampa. Se questo è amministrare bene… Intendiamoci, non è che la Signora Moretti dia l’idea di saper migliorare le cose, ma l’attuale maggioranza regionale offre la garanzia di far poco o nulla, come accaduto nella legislatura che si sta concludendo. E, tra l’altro, anche a dimenticare il caso di Tosi, appare tutt'altro che unita e armoniosa, come, d'altronde, dimostra il rapporto tra il tizio decrepito e il Felpo 1.
Certo, ci sta che Salvini spinga per la rielezione di Zaia, fa parte del suo ruolo (meno, forse, dei suoi doveri, ma le cose non sempre coincidono). E, infatti, non è tanto questo che mi spinge ad avere di lui un'opinione che, già cattiva, si deteriora giorno dopo giorno.
Anche Salvini ha ritenuto di esprimere un giudizio sul Presidente del Consiglio che, francamente, lascia sconcertati. Vado a prendere la notizia sul sito de La Repubblica: http://video.repubblica.it/dossier/scandalo-lega/salvini-cambierei-renzi-con-putin/195398/194410.
Capisco che, quando si parla in pubblico, la tentazione di strappare l’applauso si faccia sentire. E, tuttavia, osservo che Il Felpo 1 va oltre il lecito nelle sue affermazioni. Nessun leader dell’opposizione di una nazione autenticamente democratica si sognerebbe di sostenere simili opinioni. In parole più chiare: nessun leader dell’opposizione di una nazione autenticamente democratica distorcerebbe la realtà per far apparire il Capo del Governo peggiore di un signore che ha il curriculum di Putin. Non lo farebbe Miliband nei confronti Cameron, non lo farebbe Sarkozy nei confronti di Hollande. Probabilmente lo farebbe Marine Le Pen, sia nei confronti di Hollande che nei confronti di Sarkozy (eventualmente tornato all’Eliseo), ma, per l’appunto, parliamo di Marine Le Pen, il cui partito, tra l’altro, si è fatto finanziare dalla Russia come un qualsiasi PCI si faceva finanziare dall’Unione Sovietica.
E via verso il fronte. Dopo molte parole, anche molta musica. Cominciamo da John Coltrane e da uno dei suoi album più belli, SoulTrane (http://it.wikipedia.org/wiki/Soultrane), dal quale ho scelto Theme for Ernie.


Proseguiamo con un altro grandissimo sassofonista, Sonny Rollins, di cui ascoltiamo Tennessee Waltz. Scelta eccellente: me lo dico da solo.


Per finire lasciamo il jazz e passiamo alla straordinaria chitarra di Eric Clapton (meglio: alle sue straordinarie dita). Ho scelto uno dei suoi album più belli, Slowhand (http://www.ericclapton.com/album/slowhand), e, tra una decina di ottimi pezzi, un formidabile brano strumentale: Peaches and diesel.


sabato 7 febbraio 2015

Interessi convergenti


L’argomento di attualità sarebbe il tentativo compiuto da Merkel e Hollande per porre fine al conflitto che da mesi si protrae in Ucraina. Apparentemente non hanno ottenuto grandi risultati, ma preferisco non sbilanciarmi e così, invece di parlare di questo tema, mi dedico a questioni strettamente italiane.
Cominciamo dal commento di Gramellini all’ennesima prova di stile da parte del tizio decrepito. Ecco il Buongiorno del 4 Febbraio: http://www.lastampa.it/2015/02/04/cultura/opinioni/buongiorno/la-lupara-di-silvio-QP3NYvEilGkQgQxeF1wavO/pagina.html.
Buona stampa. Oltre che di stile, a me pare che il tizio decrepito abbia ormai provato d’essere privo anche di senso dell’umorismo. Le sue barzellette e le sue battute fanno ridere lui e i suoi lacchè. Un pubblico mediocre, direi.
Lui racconta storielle stupide e ci ride su, ma sugli affari di famiglia non si sogna di ridere, come dimostra la vicenda del canone sulle frequenze televisive che sta causando un certo scompiglio. Vi propongo la ricostruzione di Lettera 43: http://www.lettera43.it/politica/frequenze-tivu-tensione-governo-forza-italia_43675157259.htm.
Cronaca. Alla quale aggiungerei il commento di Aldo Grasso sul Corriere di oggi, cui è stato dato lo spazio dell’articolo di fondo (non credo sia un fatto casuale, anche se il quotidiano milanese non è propriamente così saldamente governato). Questo il link: http://www.corriere.it/editoriali/15_febbraio_07/frequenti-sospetti-televisivi-7f91092c-aea2-11e4-99b7-9c6efa2c2dde.shtml.
Buona stampa. Grasso ha ragione. E’ arrivato il momento di sciogliere il nodo costituito da un sistema televisivo edificato, permettetemi un gioco di parole, su una convergenza di interessi: quelli del tizio decrepito ad accrescere ricavi e utili dell’azienda di famiglia e quelli dei partiti politici di possedere un carrozzone, la RAI, che dia spazio alle loro chiacchiere e che consenta loro di collocare un po’ di amici. Anche Renzi, che cinguetta della crisi dei talk show, al dunque trova sempre modo di mandare qualcuno dei suoi più fedeli collaboratori. Saranno in crisi, ma meglio farsi sentire…
Lettera 43 concede parecchio spazio alle questioni riguardanti i mezzi di comunicazione e avevo letto diversi articoli interessanti sulla RAI. Uno in particolare torna buono oggi, lo trovate qui: http://www.lettera43.it/esclusive/rai-la-casta-dei-46-direttori_43675156248.htm.
Buona stampa. La mia ricetta: il sistema radiotelevisivo deve ricevere una formidabile iniezione di concorrenza, questo significa che i tre colossi attualmente presenti, sia pure su piattaforme diverse (digitale terrestre e satellitare) devono essere messi a dieta ferrea e affiancati da altri operatori (già ce ne sono alcuni, si tratta di eliminare le barriere al loro rafforzamento e all’ingresso di nuovi). E la RAI, in particolare, come destinataria del canone, dovrebbe svolgere il ruolo di un vero servizio pubblico.
Certo, sarebbe tutto più facile se negli ultimi vent’anni, proprio per la convergenza d’interessi di cui ho detto, non si fosse rallentato in ogni modo il diffondersi di tecnologie che avrebbero favorito la competizione con altre aziende d’informazione. L’arretratezza delle nostre linee telefoniche, ad esempio, non consente lo sviluppo delle televisioni via cavo che, altrove, sono importanti protagoniste del mercato.
Mi rendo conto di avere una posizione piuttosto estremista, ma credo che il problema si risolva soltanto in maniera radicale. A ogni buon conto, anticipo io stesso una delle obiezioni possibili: anche se avessimo creato condizioni più favorevoli alla concorrenza, difficilmente si sarebbe sviluppato un mercato televisivo con un ampio numero di operatori. Ad esempio, quella che era TeleMontecarlo e oggi è la 7 in mano a Cairo, non ha mai potuto né voluto diventare qualcosa di più di una presenza marginale. Considerando poi la qualità dei nostri grandi editori, hai voglia a immaginare investimenti per creare reti televisive alternative… Giusto, ma con la volontà politica di lasciare inalterato l’oligopolio, si è scoraggiata ogni iniziativa.
A proposito di editori di quotidiani, ancora da Lettera 43, vi propongo un articolo che descrive la situazione in cui versa RCS, editore del Corriere che, nonostante tutto, resta il principale quotidiano del Paese: http://www.lettera43.it/economia/media/corriere-della-sera-tutti-contro-la-fiat_43675157278.htm.
Buona stampa. Adesso, almeno a parole, le banche si vorrebbero chiamare fuori, per anni, tuttavia, si sono servite del Corriere esattamente come i politici si sono serviti della RAI: era un buon altoparlante e faceva comodo per piazzare amici.

domenica 21 settembre 2014

Storia vecchia


Aldo Grasso, nella sua rubrica domenicale in prima pagina del Corriere, si occupa solitamente di personaggi che, per diverse ragioni, si meritano un ritratto ironico, a volte beffardo.
Oggi, nel parlare di Matteo Salvini, mi è parso voler aggiungere, alla consueta vena satirica, un tocco di sottile perfidia, perché nulla nuoce più della nomea di iettatore.
Buona stampa. Che Salvini meriti il ritratto, non c’è dubbio. Che porti iella, è possibile. Che per questo se ne vada o lo costringano ad andarsene, è improbabile. Che un eventuale sostituto sia meglio di lui, è impossibile. La qualità, nei partiti carismatici, se c’è, è quasi sempre limitata al leader, attorno c’è prevalentemente fuffa. La Lega era un partito carismatico: prima che la classe dirigente possa cambiare, devono trascorrere anni.
Quanto precede, purtroppo, non significa che i partiti non carismatici abbiano una classe dirigente superiore. Il PD, ad esempio, non apparteneva e non appartiene neppure oggi alla categoria, ma i suoi “uomini migliori” non sono esattamente tali. Lasciamo stare Renzi, almeno per il momento. Parliamo dello Stalinuccio di Gallipoli, D’Alema, e del suo fedele maggiordomo, Bersani. E ne parliamo a proposito della ferma opposizione che intendono portare avanti al progetto di rinnovamento del mercato del lavoro che Renzi ha deciso di chiamare (sic) Jobs Act, manco fosse alla Casa Bianca.
Bersani ha rilasciato un’intervista al Sole 24 Ore di oggi nella quale cerca di scappare da tutte le parti, incurante delle contraddizioni e dei paradossi di una posizione che è ormai indifendibile, se non considerando che una certa parte del PD si appiattisce sulla posizione della CGIL perché spera, così, di garantirsi, come accadeva in passato, una prevalenza all’interno del partito. Laddove si dimostra che chi, come Bersani, non riesce a liberarsi dagli schemi interpretativi appresi in gioventù e ormai superati, sceglie ricette inadatte sia per i problemi del Paese sia per tentare di riprendere il controllo del partito.
Buona stampa. Forquet è bravo e ci prova a trattenerlo, ma Bersani è peggio di un’anguilla…
E di memoria corta. Sono stati in tanti a comprendere che le rigidità della normativa sul lavoro avrebbero danneggiato le prospettive di sviluppo italiano. Persino D’Alema, nel 1999, quand’era Segretario dei DS, mise in evidenza la necessità di cambiare le cose, ma poi prese paura di Cofferati, come ricorda, sempre sul 24 Ore di oggi, Emilia Patta (il pezzo non è disponibile sul sito, dovete fidarvi di me).
Vi segnalo, sempre sul tema, l’editoriale di Folli, ancora dal 24 Ore di oggi: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-09-21/piu-malfa-che-thatcher-piano-renzi-081104.shtml?uuid=ABQN3lvB.
Buona stampa. Dove si trova conferma a quel che dicevo, ossia che la questione dell’articolo di 18 viene usata in modo strumentale. Forse anche da Renzi, ma soprattutto dai suoi oppositori interni al PD.
Gli artefici della conservazione sono numerosi e presenti in tutti gli schieramenti. E non intendono certamente arrendersi, anzi. I difensori di privilegi assurdi e intollerabili si annidano ovunque, operano subdolamente, gettano sabbia negli ingranaggi che, a stento, si cerca di far ripartire. Volete una prova? Leggete questo pezzo di Sergio Rizzo dal Corriere di ieri: http://www.corriere.it/politica/14_settembre_20/maxi-indennita-funzione-cosi-si-aggira-tetto-stipendi-36d4bc54-4095-11e4-ada3-3c552e18d4d4.shtml#.
Buona stampa. Una classe politica inetta si fa abbindolare da una burocrazia avida e sfrontata oltre ogni limite del lecito. E non mi consola che, a quanto pare, i francesi (Marine Le Pen permettendo) si potrebbero trovare a dover scegliere di nuovo tra Hollande e Sarkozy…
Un paio di ascolti musicali. Cominciamo da Mark Isham, trombettista e compositore americano (http://en.wikipedia.org/wiki/Mark_Isham) di cui ascoltiamo In a Silent Way: Milestones, un brano piuttosto lungo dedicato a Miles Davis.


Passiamo al secondo pezzo, meno evanescente e, apparentemente, più tradizionale, in cui abbiamo modo di ascoltare una pianista e compositrice americana: Mary Louise Knutson (http://www.marylouiseknutson.com/biography.htm). Il brano s'intitola How will I Know? ed è una sua composizione che non ha nulla a che vedere con la canzone resa famosa da Whitney Houston. La Knutson è accompagnata da Gordon Johnson al basso e Phil Hey alla batteria.


giovedì 6 giugno 2013

Governate, per favore. Sul serio, non su Twitter o in televisione


Chiuderemo con riflessioni tutt’altro che rassicuranti, perciò prendiamo le mosse dal Corriere della Sera con una notizia divertente proveniente dalla Spagna e poi con l’editoriale di Gian Antonio Stella.
Buona stampa. In qualità di proprietario di cane che non fa nessuna fatica a raccoglierne la cacca, sarei felicissimo di veder applicata anche da noi una sanzione simile a quella ideata dal Municipio di Brunete. Dubito, tuttavia, che il mio desiderio si trasformi in realtà. A parte i ricorsi contro presunte violazioni della privacy (che in Italia vengono invocate quasi sempre da chi ha la coscienza sporca, poco o tanto), non rientra più nella cultura del nostro paese punire chi viola le norme. E le forze dell’ordine, in molti casi, preferiscono girare la testa dall’altra parte piuttosto che sanzionare le infrazioni, magari modeste, che tuttavia sono il terreno fertile in cui affonda le radici l’illegalità diffusa dell’Italia di questi anni.
E passiamo a Stella, il quale affronta un argomento né leggero né confortante, ma il tono è amabilmente graffiante: http://www.corriere.it/editoriali/13_giugno_06/il-coraggio-di-decidere-gian-antonio-stella_86691bbc-ce62-11e2-869d-f6978a004866.shtml.
Buona stampa. Con la sua bonaria ironia, Stella pone in evidenza un tema del quale, in realtà, abbiamo già parlato in precedenza: la mediocre qualità della classe politica, incapace di assumersi realmente la guida del paese. Non si tratta di un problema soltanto italiano. Anche altrove i politici si preoccupano più del consenso che dell’efficacia dell’azione di governo e, se per ottenere il consenso è utile prendere provvedimenti sbagliati o non prenderne, poco importa. Da noi, però, come accade spesso, il fenomeno è particolarmente grave e ha tutta una serie di conseguenze ulteriori di cui ho parlato anche troppo.
E veniamo ad argomenti ancor più preoccupanti con il Sole 24 Ore: nell’edizione cartacea di oggi c’è un’intera pagina dedicata al ritorno sulla scena di alcuni degli elementi che hanno scatenato la crisi finanziaria del 2007. Purtroppo l’edizione online offre soltanto una versione ridotta dell’interessante analisi. Ecco i link agli articoli “tagliati”: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2013-06-05/la-speculazione-come-2007-175637.shtml?uuid=Ab9QMS2H e http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2013-06-05/bond-salsiccia-mutui-subprime-173322.shtml?uuid=AbyK7R2H.
Buona stampa. Il “ritorno di fiamma” tra le grandi banche d’affari e l’alto rendimento possibile con certe operazioni finanziarie, magari svolte da entità parallele non soggette al controllo delle banche centrali e delle autorità preposte (come SEC o Consob), non può che spaventare. Come ho scritto molte volte nei mesi scorsi, dal 2007 non è stato fatto quasi nulla per evitare i fenomeni all’origine di quella crisi. Nulla impedisce, come spiega il pezzo di Morya Longo, il ritorno sul mercato di tutta una serie di titoli “sintetici”, ideati per trasferire rischi eccessivi a investitori ignari di quel che vien loro venduto.
Il problema è che, come ben sottolinea l’inchiesta del Sole 24 Ore, mentre poco o niente è stato fatto per porre un freno alla creazione e alla diffusione di rischio da parte di banche e altre entità finanziarie, molto è stato fatto dagli stati e dalle banche centrali per contrastare gli effetti della crisi esplosa dopo il 2007. Gli uni e le altre, in modi diversi, sono intervenuti sparando quasi tutte le munizioni. Tant’è che il debito pubblico mondiale è quasi raddoppiato (da quasi 29 mila miliardi di dollari a oltre 50.000) e la quantità di moneta disponibile a livello mondiale si è mossa in maniera simile (da 34.384 miliardi di dollari a 54.850 miliardi). Il primo dato si spiega con l’impegno degli stati per impedire il fallimento di grandi istituti di credito (da Royal Bank of Scotland a Dexia, da Citi a Monte Paschi di Siena giusto per fare qualche nome) piuttosto che per attenuare le conseguenze della depressione. Il secondo trova fondamento nelle operazioni con cui le banche centrali hanno tentato di evitare o ridurre la mancanza di credito per imprese e famiglie, senza ottenere grandi risultati, favorendo anzi la speculazione perché l’ampia disponibilità di fondi è stata sfruttata da banche e società finanziarie proprio per operazioni su titoli e non per finanziare l’economia reale.
Non esiste spazio perché gli stati e le banche centrali possano replicare interventi del tipo, delle dimensioni e della durata di quelli posti in essere dal 2007. Detto altrimenti: se un’altra crisi finanziaria dovesse derivare dalla nuova “febbre del rendimento” che si sta diffondendo sui mercati, saremmo praticamente senza difese.
Si può solo sperare che i leader mondiali diano torto a Stella e dimostrino di saper governare sul serio e non attraverso Twitter o Facebook o blog vari. E si decidano a farlo in fretta. Soprattutto quelli, come la signora Merkel, che ha fatto pagare a una buona parte del mondo le sue aspirazioni di rielezione, o come Hollande e il tizio decrepito che hanno fatto promesse assai difficili da mantenere. O come il Primo Ministro giapponese Abe, la cui politica economica aggressiva potrebbe non ottenere nessuno dei risultati auspicati e inserirsi, invece, come un pericoloso detonatore di una nuova crisi, tanto che alcuni la chiamano Abegeddon (http://www.cnbc.com/id/100790158) e non più Abenomics (http://en.wikipedia.org/wiki/Abenomics).
C’è poco da stare allegri, come avevo detto all’inizio.
Buona notte e buona fortuna.

sabato 7 aprile 2012

Anche altrove è difficile scegliere


Torniamo a guardare un po’ oltre l’orizzonte angusto della nostra mediocre e malvissuta politica.
Si avvicinano le elezioni presidenziali in Francia e non ho dubbi sul fatto che il cattivo andamento delle borse e dei differenziali dei tassi d’interesse nell’ultima settimana abbia parecchio a che fare con l’incertezza che grava sulla sfida, apparentemente ristretta a Sarkozy e Hollande.
Sul Financial Times di ieri c’era un interessante articolo nel quale si mettevano a confronto i programmi economici, in verità assai poco nitidi, dei due contendenti principali; ecco il link: http://www.ft.com/intl/cms/s/0/0a88e6be-7fdd-11e1-b4a8-00144feab49a.html#axzz1rN1y6Wd1.
Buona stampa.
Devo ammettere che sorprende non poco leggere una frase come questa:
“But markets are concerned that neither candidate has been sufficiently radical on spending cuts or the kinds of structural reforms now being pursued by Mario Monti in Italy that would underpin economic recovery…”
Avreste mai pensato, solo qualche mese fa, che saremmo diventati addirittura la pietra di paragone per valutare l’efficacia del programma dei due candidati principali delle presidenziali francesi? Beh, quando si dice che abbiamo recuperato credibilità internazionale, evidentemente, non si dice una sciocchezza. Quanto a Sarkozy e Hollande, per quel che vale la mia opinione, temo che si tratti di due figure molto mediocri (il primo lo ha dimostrato con determinazione nel mandato ormai al termine) e che, come ho già avuto modo di osservare nei mesi scorsi, la Francia non è in una situazione poi tanto migliore della nostra e che, per non diventare il prossimo, e drammaticamente conclusivo, bersaglio della speculazione, dovrà porre in atto misure assai più incisive di quelle che promettono entrambi i principali aspiranti all’Eliseo.
Mi pare molto sconfortante che in nessun paese europeo si veda emergere una figura di leader politico dotato di una certa statura. Intendiamoci, ho aspirazioni modeste: non chiedo qualcuno che sia paragonabile a personaggi come, giusto per non andare troppo lontano nel tempo, Kohl o Mitterand, con tutti i loro difetti e i loro errori anche gravi. Vorrei, però, qualcuno che non sia così privo di spessore e di carattere e di coraggio.
Non c’è più la capacità di guardare lontano, nessuno si fa sfiorare dall’idea di porsi obiettivi neppure a medio termine, si naviga a vista, anzi, si fa piccolo cabotaggio. Se dalle nostre parti abbiamo tizi che si dimenticano le promesse dopo pochi istanti e che scrivono lettere cui non segue mai un bel nulla, in Europa abbiamo gente poco diversa, politici che da mesi farfugliano di voler fronteggiare la crisi del debito e difendere l’euro, ma di risultati non ne abbiamo visti.