Aldo Grasso, nella sua rubrica domenicale in prima pagina
del Corriere, si occupa solitamente di personaggi che, per diverse ragioni, si
meritano un ritratto ironico, a volte beffardo.
Oggi, nel parlare di Matteo Salvini, mi è parso voler
aggiungere, alla consueta vena satirica, un tocco di sottile perfidia, perché
nulla nuoce più della nomea di iettatore.
Ecco il link al pezzo di Grasso: http://www.corriere.it/politica/14_settembre_21/salvini-macumba-scozzese-un-vincente-insuccessi-5d82258a-4158-11e4-a55b-96aa9d987f34.shtml#.
Buona stampa. Che Salvini meriti il ritratto, non c’è
dubbio. Che porti iella, è possibile. Che per questo se ne vada o lo
costringano ad andarsene, è improbabile. Che un eventuale sostituto sia meglio
di lui, è impossibile. La qualità, nei partiti carismatici, se c’è, è quasi sempre limitata
al leader, attorno c’è prevalentemente fuffa. La Lega era un partito carismatico: prima
che la classe dirigente possa cambiare, devono trascorrere anni.
Quanto precede, purtroppo, non significa che i partiti non carismatici
abbiano una classe dirigente superiore. Il PD, ad esempio, non apparteneva e
non appartiene neppure oggi alla categoria, ma i suoi “uomini migliori” non
sono esattamente tali. Lasciamo stare Renzi, almeno per il momento. Parliamo
dello Stalinuccio di Gallipoli, D’Alema, e del suo fedele maggiordomo, Bersani.
E ne parliamo a proposito della ferma opposizione che intendono portare avanti
al progetto di rinnovamento del mercato del lavoro che Renzi ha deciso di
chiamare (sic) Jobs Act, manco fosse
alla Casa Bianca.
Bersani ha rilasciato un’intervista al Sole 24 Ore di oggi
nella quale cerca di scappare da tutte le parti, incurante delle contraddizioni
e dei paradossi di una posizione che è ormai indifendibile, se non considerando
che una certa parte del PD si appiattisce sulla posizione della CGIL perché
spera, così, di garantirsi, come accadeva in passato, una prevalenza
all’interno del partito. Laddove si dimostra che chi, come Bersani, non riesce
a liberarsi dagli schemi interpretativi appresi in gioventù e ormai superati,
sceglie ricette inadatte sia per i problemi del Paese sia per tentare di
riprendere il controllo del partito.
L’intervista a Bersani, a opera di Fabrizio Forquet, potete
leggerla qui: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-09-21/bersani-bene-tutele-crescenti-si-tempo-indeterminato-flessibile-134136.shtml?uuid=ABLXGpvB.
Buona stampa. Forquet è bravo e ci prova a trattenerlo, ma
Bersani è peggio di un’anguilla…
E di memoria corta. Sono stati in tanti a comprendere che le
rigidità della normativa sul lavoro avrebbero danneggiato le prospettive di
sviluppo italiano. Persino D’Alema, nel 1999, quand’era Segretario dei DS, mise
in evidenza la necessità di cambiare le cose, ma poi prese paura di Cofferati,
come ricorda, sempre sul 24 Ore di oggi, Emilia Patta (il pezzo non è
disponibile sul sito, dovete fidarvi di me).
Vi segnalo, sempre sul tema, l’editoriale di Folli, ancora
dal 24 Ore di oggi: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-09-21/piu-malfa-che-thatcher-piano-renzi-081104.shtml?uuid=ABQN3lvB.
Buona stampa. Dove si trova conferma a quel che dicevo,
ossia che la questione dell’articolo di 18 viene usata in modo strumentale.
Forse anche da Renzi, ma soprattutto dai suoi oppositori interni al PD.
Gli artefici della conservazione sono numerosi e presenti in
tutti gli schieramenti. E non intendono certamente arrendersi, anzi. I
difensori di privilegi assurdi e intollerabili si annidano ovunque, operano
subdolamente, gettano sabbia negli ingranaggi che, a stento, si cerca di far
ripartire. Volete una prova? Leggete questo pezzo di Sergio Rizzo dal Corriere
di ieri: http://www.corriere.it/politica/14_settembre_20/maxi-indennita-funzione-cosi-si-aggira-tetto-stipendi-36d4bc54-4095-11e4-ada3-3c552e18d4d4.shtml#.
Buona stampa. Una classe politica inetta si fa abbindolare
da una burocrazia avida e sfrontata oltre ogni limite del lecito. E non mi
consola che, a quanto pare, i francesi (Marine Le Pen permettendo) si potrebbero trovare a dover scegliere di
nuovo tra Hollande e Sarkozy…
Un paio di ascolti musicali. Cominciamo da Mark Isham,
trombettista e compositore americano (http://en.wikipedia.org/wiki/Mark_Isham)
di cui ascoltiamo In a Silent Way:
Milestones, un brano piuttosto lungo dedicato a Miles Davis.
Passiamo al secondo pezzo, meno evanescente e, apparentemente, più
tradizionale, in cui abbiamo modo di ascoltare una pianista e compositrice americana: Mary Louise Knutson (http://www.marylouiseknutson.com/biography.htm).
Il brano s'intitola How will I Know? ed è una sua composizione che non ha nulla a che vedere con la canzone resa famosa
da Whitney Houston. La Knutson è accompagnata da Gordon Johnson al basso e Phil
Hey alla batteria.
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