domenica 8 novembre 2015

Selezione di che specie?

Le qualità e i difetti umani congeniti, quelli che già possediamo alla nascita, sono ovviamente distribuiti in maniera uniforme nella popolazione mondiale. Poco importa dove uno viene al mondo: un bambino nato a Mumbai, ad esempio, può avere le medesime capacità intellettive di quelli nati a San Francisco o Nairobi o Osaka. Certo, l’ambiente in cui vivrà e gli stimoli che riceverà influenzeranno grandemente lo sviluppo di quelle capacità originarie (e potenziali), ma nulla vieta che diventi anche più intelligente e capace dei suoi coetanei venuti al mondo altrove.
La società, dunque, interviene nel favorire lo sviluppo del potenziale di ognuno di noi e qui, ovviamente, le differenze geografiche giocano un ruolo cruciale. E’ abbastanza indiscutibile che le capacità di un bambino nato a San Francisco o a Osaka siano esposte a stimoli (istituzionalizzati, come la scuola, o casuali) superiori a quelli disponibili per un bambino nato in un paese meno sviluppato di Usa e Giappone, anche se, grazie ai moderni mezzi di comunicazione, le differenze si stanno attenuando. Il numero e la qualità di ricercatori di origine indiana presenti nelle università e nelle imprese di molte nazioni avanzate dimostra come i divari siano stati in parte superati.
Oltre che nel favorire lo sviluppo delle risorse possedute alla nascita, l’ambiente esercita un influsso molto rilevante anche nel selezionare le persone cui affidare compiti di particolare rilievo, ossia quelle destinate a far parte della cosiddetta “classe dirigente”. E qui le divergenze tra le situazioni dei vari paesi si rivelano molto accentuate. L’Italia, purtroppo, in questo non si afferma certo come un modello: la classe dirigente italiana, oggi più che in passato, appare gravemente inadeguata alle necessità del Paese.
L’argomento non si può certo esaurire in un breve post (soprattutto se scritto da me). E ancor più non è questo lo spazio per analizzare e proporre soluzioni. Si addice, al contrario, all’indicazione di qualche lettura che conferma le mie asserzioni.
Aldo Grasso, nella sua rubrica domenicale ospitata dal Corriere della Sera, si occupa quasi sempre di personaggi che dimostrano la loro inadeguatezza al ruolo che occupano. E lo fa molto bene, come dimostrano due pezzi.
Buona stampa. Per entrambi gli articoli. Di Tavecchio, per la verità, Grasso si è dovuto occupare altre volte. Inevitabile, viste le qualità (si del tutto per dire) del personaggio, ma anche di tutti quelli che, a vario titolo, lo sostengono.
Sono davvero numerosi quelli che difendono il Presidente della Federcalcio, forse perché convinti dalle straordinarie "doti" rivelate da Tavecchio medesimo in questi mesi o forse per altre ragioni. Tra questi va citato il Presidente del Coni, Malagò, il quale, oltre a viaggiare a nostre spese insieme a Renzi per andare a vedersi una partita di tennis a New York, candida Roma a ospitare le Olimpiadi del 2024, forse dimentico dei problemi che affliggono da anni una città la cui straordinaria bellezza è umiliata e offesa dall’inettitudine di chi l’ha governata e di chi dovrebbe accudirla, a tutti i livelli. Una candidatura che potrebbe causare alla capitale molti più problemi che vantaggi. Purtroppo per Malagò e per chi come lui sostiene questa candidatura, sono ormai lontani gli anni in cui i grandi eventi internazionali si autofinanziavano e garantivano ritorni economici di qualche rilievo (i conti di Expo sono tuttora un mistero). Anche a non voler considerare la disastrosa esperienza di Atene, si deve tener conto anche di quella di Londra, chiusa in maniera non soddisfacente, giusto per parlare di due casi recenti e paragonabili all'eventuale esperienza romana. 
Torniamo al punto: nel nostro Paese la classe dirigente è formata anche da individui ai quali, altrove, non sarebbe neppure consentito di avvicinarsi a certe posizioni e i quali, in presenza di determinati comportamenti, sarebbero inevitabilmente tenuti a dimettersi e a scomparire. Sia chiaro, non è l’unico dove ciò accade, ma, mi ripeto per l’ennesima volta, il mal comune è un male per entrambi, non un mezzo gaudio.
La scelta di persone mediocri e inadeguate è particolarmente evidente in ambito politico, soprattutto in quello locale. Soprattutto le Regioni hanno conquistato il primato nella selezione di una classe politica in buona parte incapace e rapace, tanto da essere diventate le istituzioni pubbliche cui i cittadini attribuiscono le peggiori valutazioni. Ma su questo torneremo in un altro momento.
Adesso è tempo di musica. Solo jazz oggi. 
La prima proposta è Autumn Nocturne, una piacevole ballad, suonata dal trio di Scott Hamilton (https://en.wikipedia.org/wiki/Scott_Hamilton_%28musician%29).


La seconda è un omaggio a Joni Mitchell, della quale ieri ricorreva il 72° compleanno. Ascoltiamo un brano dal suo album del 1979, Mingus, quello che ha segnato il suo deciso avvicinamento al jazz, come dimostra la composizione del fantastico gruppo che l’accompagna (https://en.wikipedia.org/wiki/Mingus_%28Joni_Mitchell_album%29). Il pezzo è Goodbye Pork Pie Hat, nel quale si apprezzano in particolare il basso di Jaco Pastorius e il sassofono di Wayne Shorter. Testo di Joni e musica di Charles Mingus. Meraviglioso!



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